Nei segreti della Bolide d’oro con mastro Buttarelli

14.08.2021
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Dettagli, meccanica e meccanico. Se le Pinarello Bolide Hr a Tokyo sono andate così forte il merito è anche del meccanico che era in Giappone. Anzi i meccanici: Carlo Buttarelli e Giovanni Carini. Ebbene con Buttarelli, ci tuffiamo nei segreti di queste bici. Come sono state preparate, come sono scese in pista…

Se a Tokyo tutto è filato liscio, il merito è anche dei meccanici che hanno svolto un lavoro certosino
Se a Tokyo tutto è filato liscio, il merito è anche dei meccanici che hanno svolto un lavoro certosino

Una Bolide già d’oro

Partiamo dalla Bolide in generale. Alla fine il set completo (manubrio, ruote…) che abbiamo visto a Tokyo lo si è avuto meno di un mese prima delle Olimpiadi.

«Il telaio è in pratica lo stesso da 4-5 anni – afferma Buttarelli – è quello del primo mondiale di Ganna e lo stesso che aveva utilizzato Viviani a Rio. Ruote e manubri sono arrivati ad un mese dal via (anche meno). Le bici complete del quartetto pesavano 7,2 chili, 7,3 quelle degli atleti più grandi. Ma il peso non è fondamentale in pista. Quelle dei velocisti fanno anche 8 chili».

Le bici quindi avevano telaio Pinarello, manubrio Most sempre di matrice Pinarello ma realizzato in collaborazione con Hardskin, movimenti CeramicSpeed, ruote Campagnolo e gruppo Miche.

Nonostante sia vincente, a Parigi 2024 si avrà una nuova Bolide. Qui i lavori a Montichiari prima di partire per Tokyo
Nonostante sia vincente, a Parigi 2024 si avrà una nuova Bolide. Qui i lavori a Montichiari prima di partire per Tokyo

Movimenti super scorrevoli

«I movimenti CeramicSpeed – spiega Buttarelli – li abbiamo montati direttamente a Tokyo ed erano già stati trattati da loro. Poi c’era il movimento centrale, Miche. Questo è un componente molto importante. Di solito noi lo apriamo, gli togliamo le calotte, o-ring e ogni altra guarnizione o paratia che possa creare frizioni. Con delle presse particolari rimontiamo il tutto. La parte a sinistra va a battuta, quella destra è serrata forte (mettiamo anche una goccia di frenafiletti), ma senza che “tiri” troppo, altrimenti come si dice in gergo si “impacchettano” i cuscinetti e gira meno. Prima però, Giovanni ed io con la benzina ripuliamo i cuscinetti all’interno e poi aggiungiamo un solvente specifico che li rende completamente puliti e secchi. A quel punto aggiungiamo un olio particolare, un olio per armi, ne bastano due o tre gocce, e il gioco è fatto. Noi con l’occhio clinico del meccanico ormai vediamo quando sono apposto.

«Sistemata la parte del movimento, montiamo le pedivelle. Queste vengono serrate al massimo. A quel punto le si fanno girare un po’, a Tokyo li abbiamo fatti girare un po’ un paio di giorni prima delle gare. Affinché l’olio messo faccesse il suo lavoro. Questo scaldandosi va dappertutto e vedi proprio che non si fermano più».

I due meccanici azzurri: Giovanni Carini (a sinistra) e Carlo Buttarelli (a destra)
I due meccanici azzurri: Giovanni Carini (a sinistra) e Carlo Buttarelli (a destra)

La catena

Uno dei componenti che più viene messo sotto stress dai pistard è la catena. E infatti quella che abbiamo visto era decisamente “corposa”. Non è di certo la catena che si usa sulle bici da strada!

«La catena – riprende Buttarelli – l’abbiamo trattata con una polvere ceramica che sembra più “dura” rispetto all’olio tradizionale, ma che invece a detta dei ragazzi sembra più scorrevole. Dà un leggero vantaggio. Questa catena è stata sviluppata con Miche, anche su indicazione di noi meccanici. E’ stata sigillata in un certo modo e la “rotellina” che va a contatto con la corona s’ingaggia meglio trasmettendo di più la forza. Si tratta di una catena molto rigida. Se la si guarda da davanti (o dietro) si vede che è molto più dritta rispetto alle altre».

Il lavoro svolto da Miche è stato davvero certosino. Maglie interne, esterne e perno hanno una lavorazione particolare. E quando si parla di “fiumi di watt”, scaricati tra l’altro con una certa violenza, si capisce facilmente quanto sia importante questo componente che poi di fatto è quello che trasmette la forza alle ruote.

Rapporti e gomme

Magari sembrerà un po’ strano, ma la scelta dei rapporti va a riguardare anche quella delle gomme. E adesso vedremo come. Ma andiamo con ordine.

«I ragazzi hanno usato il 63×14 (che sviluppa 9,40 metri) ad eccezione di Milan che ha preferito il 64×14. La scelta è fatta dal tecnico e dai ragazzi stessi. Questa piccola differenza di un dente e di cadenza si “aggiusta” con la scelta del tubolare. Avevano il Vittoria Speed Oro. La sezione era di 19 millimetri all’anteriore e di 23 al posteriore, ma Milan aveva il 19 anche dietro. Questo infatti sviluppa 1-1,5 centimetri in meno rispetto al 23. Sono piccoli dettagli…

«Abbiamo visto, in galleria del vento, che il 19 all’anteriore ci dava dei piccoli vantaggi aerodinamici. La pressione delle gomme era di 20 bar all’anteriore e di 16 bar al posteriore. Il velodromo ci ha messo a disposizione un compressore Makita che spingeva fino a 32 bar. Le gomme vengono gonfiate circa 40′ prima del via e di fatto le gonfiamo leggermente di più di quanto detto perché con la camera d’aria del tubolare in lattice e non in butile ci sta che si perda qualcosina. Ma è importante gonfiarle prima perché si ha il tempo di vedere se la gomma perde pressione, di controllare la spalla. Insomma che tutto sia okay ed eventualmente poter intervenire».

Milan ha scelto un dente in più: si è giocato con tubolare e regolazione della ruota nel forcellino per limare le differenze coi compagni
Milan ha scelto un dente in più: si è giocato con tubolare e regolazione della ruota nel forcellino per limare le differenze coi compagni

Ma la bici di Milan…

Tornando al 64 di Milan, si è intervenuti sul numero delle maglie per colmare la differenza del rapporto?

«No, la differenza è talmente poca – spiega Buttarelli – che ci si regola con il serraggio della ruota lungo il forcellino. L’importante è che tra il battistrada e il telaio ci sia luce, che la ruota non sia carenata: questo dice il regolamento, altrimenti ci sarebbero dei vantaggi aerodinamici non consentiti. Basta ci sia spazio per una carta di credito».

Per quanto riguarda le pedivelle invece: Milan e Ganna, i più alti, avevano quelle da 175 millimetri, mentre Consonni e Lamon quelle da 172,5. Chiaramente erano sempre di Miche, così come i pignoni.

La Campagnolo Ghibli degli azzurri era leggermente diversa da quelle in commercio
La Campagnolo Ghibli degli azzurri era leggermente diversa da quelle in commercio

I siluri di Campagnolo

E dalle gomme passiamo alla ruote. Anche in questo caso il lavoro corale e l’investimento fatto è stato eccezionale. Segno ulteriore di quanto si credeva in questo quartetto. Sentiamo Buttarelli.

«Campagnolo ci ha fornito delle vere “bombe”. All’anteriore c’era la Ghibli ottimizzata per la nostra forcella, leggermente più stretta. Ha una struttura un po’ diversa da quella in produzione standard e dava più stabilità. La struttura del cerchio è diversa tra i due lati. Anche la lenticolare posteriore era un po’ più stretta. Inoltre avevano un sistema di aggancio tramite una chiave da 5 che potevamo regolare al millimetro, proprio per non compromettere lo scorrimento dei mozzi. E’ lo stesso discorso “dell’impacchettamento” dei cuscinetti fatto prima.

«Avevamo due tipologie di ruote, una più rigida e una più morbida. Parliamo di differenze impercettibili, che solo un atleta di vertice è in grado di cogliere: parliamo, di differenze di tensionamento (numeri a caso) di 15 Nm contro 15,2. Campagnolo ha sviluppato un tensionamento segreto. Alla fine i ragazzi si sono trovati meglio con la ruota più rigida. Il set dell’intera bici è rimasto lo stesso per tutte le sessioni».

Per la bici di Lamon niente cera nei punti in cui viene agganciata al blocco (lo strumento rosso)
Per la bici di Lamon niente cera nei punti in cui viene agganciata al blocco (lo strumento rosso)

Dettagli e millesimi

Passione, dettagli, millimetri, sfumature… tutto conta e niente è marginale quando c’è da spaccare il decimo di secondo. Persino la pulizia della bici.

«Noi laviamo le bici con del normale sgrassatore, ma poi ci passiamo una cera di Muc-Off il cui risultato è stupefacente. La bici oltre che essere bellissima e luccicante, è molto scorrevole. Lo senti proprio quando ci passi il dito. La passiamo dappertutto tranne che su sella, manubrio e pedali. Chiaramente lì del grip deve esserci. E neanche nella parte del telaio che va a contatto con il blocco di partenza (la bici di Lamon): perché è così scorrevole che in fase di lancio la bici potrebbe muoversi quel mezzo centimetro e dare un contraccolpo inaspettato. Si passa un diluente diverso anche sulle ruote».

«Il grosso del nostro lavoro – conclude Buttarelli – è avvenuto ben prima di Tokyo. Laggiù sapevamo cosa serviva. Si trattava solo di scegliere cosa montare e fare piccoli ritocchi. Per esempio con la dima potevamo vedere se l’inclinazione di un pad cambiava di mezzo grado perché magari la spugnetta di appoggio si era un po’ consumata con l’uso».