Nel mondo di Vedovati, il mago della posizione

17.02.2021
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Nell’era in cui tutto è super tecnologico, proprio laddove si presuppone la tecnologia la faccia da padrona c’è chi invece si affida ad occhio ed esperienza. E’ Aldo Vedovati, vero guru della biomeccanica.

Attenzione però, Vedovati a macchinari, millimetri e dime ci ricorre eccome, ma come vedremo l’occhio dell’esperienza ha la meglio. E se tanti, ma proprio tanti professionisti vanno e tornano nel suo laboratorio, un motivo ci deve essere.

Lo storico gruppo della Colpack fa riferimento a Vedovati (in foto) da molti anni
La Colpack fa riferimento a Vedovati (in foto) da molti anni

Da Zandegù al laboratorio

La storia di Vedovati comincia oltre 30 anni fa. Iniziò a lavorare nel negozio di bici, Cicli Vedovati, che aprì suo padre.

«Poi – racconta lui stesso – feci il meccanico nella squadra di Zandegù nei primi anni 80, ma già dal 1984 lasciai le corse per il negozio e il posizionamento. Dal 2008 invece seguo solo il reparto di biomeccanica nel mio studio al Albino, Bergamo. Il negozio l’ho ceduto.

«Seguo il posizionamento dalla A alla Z. Ho tantissimi corridori (alcuni non può dirli per ovvie questioni di sponsor, ndr). Per esempio uno dei tanti che è passato da me è stato Paolo Savoldelli che è delle mie zone, ma anche Ivan Basso, e poi oggi seguo Nizzolo, Ciccone, Colbrelli, Villella… ne ho una trentina buona».

Le tre fasi di Vedovati

Fino a qualche tempo fa la “biomeccanica” era semplice: “stai più lungo e stai più basso”. 

«Oggi – spiega Vedovati – è cambiato tanto, anche perché sono cambiati i componenti. Ma prima di tutto va detto che c’è chi cerca la posizione per lavoro, il professionista, e chi quella per divertirsi, l’amatore. Dal pro’ devi cercare di tirare fuori la miglior resa possibile da quella posizione. Quello che per me è importante è vederlo su strada, in azione. E’ la prima cosa. Esco in bici con i corridori prima e dopo il test. Ho preso una bici con pedalata assistita per seguirli, specie quando andiamo in salita. Ho un lungo rettilineo con scarsissimo traffico dove li porto. Lì, li osservo, li studio.

«La seconda “tappa” della mia visita passa poi per le scarpe. Analizzo bene la posizione del piede e della scarpa, come spinge quando pedala. Per me è importantissimo perché i piedi sono le fondamenta della posizione. Terza fase, passo alla sella: arretramento, inclinazione, altezza. Da lì sistemo poi anche la parte del manubrio, ma è una conseguenza».

Per Ciccone posizione sul manubrio bassa ma non eccessivamente lunga
Per Ciccone posizione bassa ma non eccessivamente lunga

Basso e lungo…

«Stare bassi e lunghi, come si diceva fino a qualche anno fa, oggi non vale più. Bassi magari sì, l’aerodinamica resta importante, ma non c’è questa ricerca estrema come prima. E lo stesso vale per gli attacchi manubrio: una volta si vedevano i 130, 140 e anche 150 millimetri. Adesso invece si sono accorciati perché si sono allungati gli orizzontali. E per me è meglio, la bici è più stabile. Anche se per esempio Basso fino alla fine non ne ha voluto sapere ed è rimasto con i suoi attacchi lunghi.

«Stando meno schiacciati i corridori respirano meglio e questa regola ormai vale anche a crono, lì ne guadagna anche la guidabilità. Respirando meglio va da sé che il corridore renda di più. Bisogna sempre trovare il giusto compromesso con l’aerodinamica».

E la sella?

L’esperienza conta, specie per Vedovati che quasi non utilizza i computer.

«Utilizzo poco il computer, ma ho i miei strumenti e le mie dime, che mi sono fatto fare appositamente su miei disegni. Oggi si tende a stare più avanti e per me in alcuni casi si esagera anche un po’. Spesso si vede la rotula superare la verticale sull’asse del pedale quando questo è orizzontale. Il che può anche andare bene per una crono, per una brevissima tappa di salita o per qualche corsetta amatoriale… ma non per sforzi prolungati perché in quel modo il quadricipite, il muscolo più importante, è chiamato ad uno sforzo enorme. Per me quindi okay la posizione aggressiva, ma non troppo.

«Sempre per lo stesso motivo non do mai l’altezza di sella massima consentita dal cavallo, perché dopo parecchio tempo la pressione si fa sentire e il muscolo si accorcia. Il risultato? Il corridore inizia a basculare. Mediamente mi tengo più basso di un paio di millimetri, il che non guasta neanche per la guida».

Vedovati dedica moltissima attenzione al “reparto piedi”: pedali, tacchette, suole, scarpe
Grande attenzione al “reparto piedi”: pedali, tacchette, suole, scarpe

Ancora sui piedi

Prima di congedarci Vedovati, richiama l’attenzione sui pedali. Per lui il “reparto piedi” è davvero il più importante. Il biomeccanico bergamasco dedica moltissimo tempo alle scarpe. Ogni corridore gli lascia un “clone” del suo modello con le tacchette da lui posizionate e così quando deve cambiare scarpe nel corso della stagione Vedovati sa già come le deve fissare, tanto che alcune aziende inviano le scarpe direttamente nel suo laboratorio e non all’atleta.

«Il piede – conclude Vedovati – deve essere il più possibile vicino all’asse del pedale, laddove c’è il punto di spinta. Per questo faccio utilizzare suole basse. La scarpa, credetemi, è davvero importante. Io analizzo il tutto al podoscopio e valuto se poi c’è bisogno del plantare. In quel caso li mando da un ortopedico, non uno qualsiasi, ma uno che abbia esperienza con i ciclisti. Non serve un plantare per camminare, ma per pedalare.

«Le tacchette? Quelle fisse vanno bene solo per chi davvero non ha problemi, altrimenti un minimo di mobilità serve sempre. Anche per la posizione dei piedi preferisco vedere gli atleti su strada e non sui rulli. Sui rulli viene meno la componente dell’equilibrio che riguarda principalmente proprio i piedi».