Non sono passate inosservate le parole di Marco Frapporti. Il corridore della Vini Zabù Ktm ha detto che a parità di watt espressi rispetto ai corridori del WorldTour, questi andavano più forte. Segno di materiali più performanti. E queste considerazioni a quanto pare non le ha fatte solo Frapporti. In passato anche Martinelli e Aru avevano notato tali differenze, pur appartenendo entrambi a squadre WorldTour. Questo significa dire che ci sono alcune squadre che lavorano meglio di altre, o hanno “pacchetti” migliori.
Oggi i corridori che possono scegliere il team, mettono sul piatto della bilancia anche lo sviluppo e la ricerca sui materiali.
Le bici
Il primo elemento che fa la differenza sono le bici. Le aziende pensano prima di tutto al materiale da vendere, ma poi c’è tutta un’altra sezione che pensa allo sviluppo e che non ha come scopo primario (almeno in un primo momento) quello del mercato. La svolta è avvenuta nel 2011 quando Specialized ha presentato la Venge, la prima vera bici aerodinamica.
«Una scelta dice – il responsabile dei rapporti con i due team WorldTour del brand californiano, Giampaolo Mondini – nata dal fatto che le velocità medie erano sempre più in alto. Ormai nel 70 per cento delle corse la prima ora di gara fila via ad oltre 50 di media».
Ma il discorso non si limita alla sola aerodinamica. Il cruccio del peso resta sempre cruciale per gli atleti. Si dice che uno degli elementi di rottura tra Bianchi e la Jumbo Visma sia stato proprio questo. Vi siete chiesti perché non hanno il classico celeste Bianchi ma sono nere? Sembra per risparmiare qualche etto sulla verniciatura. E questo per un brand che fa del suo colore un segno identificativo è il segno di come la prestazione sia diventata primaria.
Il perno passante
L’utilizzo di materiali sempre migliori, non solo leggeri ma anche confortevoli, ha segnato lo sviluppo dei restanti componenti.
Un passo in avanti importante è stato l’arrivo del freno a disco, ma non del freno in sé per sé, ma perché si è portato dietro (dalla Mtb) il perno passante. Quando con freni a disco e perno passante si è arrivati ai 6,8 chili c’è stata la vera svolta. Uno studio dice che un corridore di circa 80 chili ad una velocità superiore ai 40 chilometri orari con il perno passante guadagna 10 watt. Un valore enorme, tanto più nel ciclismo di oggi in cui le differenze sono minime.
Ruote e gomme
Anche questo è un passaggio molto importante. Viviamo una piena era di transizione. L’avvento del disco ha eliminato il “problema” della pista frenante sulla fibra in carbonio: qualcosa che ha spalancato le porte al tubeless e al ritorno del copertoncino.
Qui il dibattito è ampio e spesso soggettivo. Alcune aziende sostengono il copertoncino, più scorrevole, con meno rischio di forature e un peso accettabile. La vecchia scuola, a cui spesso appartengono i corridori, è per il tubolare. Altre aziende puntano sul tubeless. Quest’ultimo è forse riconosciuto universalmente come il futuro, ma la tecnologia è ancora ad uno stato troppo embrionale. Perché? Prima di tutto per il discorso del peso, che a sua volta è legato a quello delle ruote. Secondo per una questione di rischio foratura. Per essere davvero efficiente, il tubeless deve essere montato su una ruota specifica e non su un cerchio tubeless ready. Ma una ruota apposita pesa di più.
Una cosa è certa però, il copertoncino non è più demonizzato come una volta, basta vedere che cosa ha utilizzato Ganna nelle cronometro.
Sella e posizione
Negli ultimi tre anni si è visto un radicale avanzamento del corridore rispetto alla proiezione del movimento centrale. Perché? Perché si spinge di più e perché si esce da 50 anni di “letteratura” biomeccanica secondo la quale il corridore più era disteso e meglio era. Gli studi biomeccanici e aerodinamici dicono altro.
Le nuove selle “corte” o quelle in 3D con una seduta più morbida, consentono ai corridori di essere più comodi a fronte di spinte più potenti sulle ossa ischiatiche. Stando più avanti, l’atleta spinge di più, vero, ma imprime anche più pressione su quei punti. Con selle normali poteva essere doloroso, con queste no.
A partire dalle selle viene rivista tutta la posizione: attacco manubrio, posizionamento delle tacchette (non più strettamente in punta), misura dei telai…
WorldTour e sviluppo
Il discorso è molto ampio. Alcune aziende pensano solo in ottica mercato, altre hanno un settore specifico per ricerca e sviluppo. Chi lo fa denota in gruppo una grande differenza.
Prendiamo Sram. L’imposizione del 50-37 è stata a lungo osteggiata dai corridori. Alla fine la Trek-Segafredo ha ottenuto anche le corone classiche con il 52. Ma non tutti i team ci sono riusciti. Si capisce che la distanza tra esigenze di mercato (gli amatori) e quelle agonistiche sono ampie. Cosa che invece, sempre per Sram, è diversa nella Mtb dove al contrario va a stretto braccio con i biker.
Alcuni team WorldTour sono attenti ai dettagli e al vestiario, ma non hanno alle spalle un grande supporto dei brand. Sunweb per esempio sembra essere molto vigile sullo sviluppo del vestiario, degli accessori, ma voleva qualcosa di più sulle bici… e guarda caso passerà a Scott.
Ci sono poi delle clausole sui contratti come nel caso di Ineos-Grenadiers. Una squadra può anche utilizzare materiali diversi da quelli stabiliti col fornitore, ma poi rischia di giocarsi lo sponsor per gli anni successivi. Tuttavia anche tali scelte denotano l’interesse di un team ad investire sulla performance dei materiali e di riflesso degli atleti.