Primo grande successo in una corsa a tappe per Paul Double, il britannico della Jayco Alula che si è portato a casa il Giro di Slovacchia, impreziosendo così la sua prima stagione nel WorldTour. Il corridore di Winchester è ormai un italiano d’adozione: ha trascorso tanti anni nelle squadre del nostro Paese, ha imparato il mestiere e si è talmente affezionato ai nostri lidi da aver programmato la sua permanenza proprio da queste parti, trasferendosi a San Marino.
Per il corridore di Sua Maestà quella slovacca è la classica vittoria che rappresenta un crocevia nella sua carriera: «La inseguivo da tempo, erano anni che sentivo di avere nelle gambe il successo in una gara di più giorni e in Slovacchia ho pensato che avevo la forma giusta per vincere. Il successo nella seconda tappa della Coppi & Bartali mi aveva detto che ero sulla strada giusta e soprattutto nel team giusto. In squadra sto bene, è un team ideale per me, con molti britannici e australiani ma anche italiani, quindi mi sento molto a casa».


Tu hai fatto il Giro d’Italia, hai notato un cambiamento nella tua forma ma anche nella tua esperienza prima e dopo il Giro?
E’ stata una grande esperienza, di quelle che ti cambiano. Dopo la corsa non sono stato bene di salute e mi è dispiaciuto perché appena sono rientrato in gara ho sentito che le gambe andavano ancora forte, avevo acquisito una forma invidiabile e non avevo potuto sfruttarla appieno. Sono rimasto fuori dalle gare oltre un mese e quando ho ripreso in Austria è stato un supplizio, stavo malissimo. Adesso ho ritrovato la forma di prima con un po’ di lavoro mirato con il mio allenatore, abbiamo recuperato bene ed è stato un sollievo perché ho avuto paura di non recuperare più per questa stagione.
Il Giro di Slovacchia è stato la tua prima vittoria in una corsa a tappe. Prima dell’ultima tappa pensavi che fosse possibile? In classifica eri molto indietro…
Io ed Engelhardt avevamo puntato tutto sull’ultima tappa, ma avevamo anche De Pretto pronto al risultato. Nel finale ci siamo trovati davanti io e Felix, ma sapevamo che con il controllo della Visma-Lease a Bike sarebbe stato difficile costruire qualcosa, invece siamo riusciti a trovare la tattica giusta e devo dire grazie al mio compagno di squadra tedesco che mi ha coperto, riuscendo così a vincere tappa e giro. E’ stato un gran colpo.


Tu sei arrivato al World Tour quest’anno. Quanto sono stati importanti tutti gli anni che hai passato in Italia?
Talmente tanto che sto pensando di tornare. Le difficoltà che ho incontrato, la lingua, l’ambientamento, mi hanno forgiato, sono state fondamentali. Sono arrivato al WorldTour al momento giusto, nel senso che ero finalmente pronto per affrontarlo e i risultati mi stanno dando ragione.
Tu hai 29 anni. Hai mai avuto paura di non poterlo raggiungere, visto che le squadre scelgono sempre i più giovani?
Sì, certamente. Io però credo sempre che la carta d’identità dice 29 anni ma io me ne sento molti meno. La testa è giovanissima e quella conta enormemente nel ciclismo di oggi.


Pensi che la vittoria in Slovacchia sia il momento più importante della tua carriera?
Penso che è tutto importante. Secondo me questo successo è un altro step perché ha aumentato la mia fiducia, considerando anche coloro che mi sono lasciato dietro, gente importante, che ha già vinto nella massima serie. Io credo che ogni esperienza sia importante, nel bene come nel male, ma è chiaro che vincere aiuta.
Che differenze trovi come organizzazione tra le squadre italiane dove sei stato e quella australiana?
C’è una grande differenza, che influisce sul corridore e se ne parla troppo poco. Faccio un esempio: quand’ero alla Zappi, spesso toccava a me portare anche il camion con tutto il materiale. In un team della massima serie hai tutto a disposizione, sei servito e riverito, ma io non sono capace. Spesso chiedo di dare una mano e mi dicono che devo pensare solo a correre e stare tranquillo. Ma non è nella mia natura, non sono stato abituato così. Per questo dico che gli anni passati in Italia sono stati così importanti. Mi hanno forgiato nell’animo. Apprezzo molto il lavoro che fanno quelli che fanno parte dello staff, tutti, anche quelli che non sono mai citati, ma nelle nostre vittorie c’è anche la loro mano…


Che cosa ti aspetti dalla prossima stagione, visto che hai ancora un anno di contratto?
Ne parliamo in questo inverno con la squadra, con il mio allenatore, ma io sono contento di imparare, di fare cose nuove. Qualsiasi cosa succeda, sono pronto. Se poi mi chiedessero di andare al Tour de France, sarebbe un sogno, lì c’è la crème de la crème. Sarebbe bello, ma per me sarebbe bello anche tornare al Giro perché mi sento a casa. Forse è meglio fare un’altra volta la corsa rosa. Vedremo comunque che cosa mi porterà il destino, io sono a disposizione.


























