Da Tignes ai Pirenei, il Tour a distanza di Affini e compagni

21.07.2022
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Nelle stesse ore in cui i compagni al Tour combattevano sui Pirenei contro Pogacar e i suoi uomini, sulle strade alpine nella zona di Tignes dieci corridori della Jumbo Visma uscivano per la… distanzona del mercoledì. Fra loro Edoardo Affini, salito lassù tre settimane fa per riprendere dopo il Giro d’Italia e avviato sulla via della Vuelta España. E’ la prima volta che il mantovano affronterà due Grandi Giri nello stesso anno. Ma intanto, tra i motivi di curiosità e i chilometri di lavoro, al rientro da ogni allenamento la squadra si mette davanti alla tivù a tifare per i compagni in Francia. Ieri però hanno fatto in tempo a vedere soltanto gli ultimi 3 chilometri, perché alla fine sono scappate fuori 7 ore.

«Si lavora ancora fino a domenica – spiega Affini, in apertura nella foto Bram Berkien – tre settimane sono il periodo giusto per ottenere dei buoni frutti. Fossi venuto solo per una decina di giorni, sarebbe servito a poco».

Tignes è da anni quartier generale della Jumbo Visma per i ritiri in altura (foto Jumbo Visma)
Tignes è da anni quartier generale della Jumbo Visma per i ritiri in altura (foto Jumbo Visma)
Com’è guardare il Tour in tivù, con un compagno in maglia gialla?

Si guarda molto volentieri soprattutto con una squadra così. Stanno facendo davvero un bel Tour, ma è una corsa matta. Sono sempre a blocco.

E’ più sorprendente la maglia gialla di Vingegaard o la forza pazzesca di Van Aert?

Sono entrambi dei fenomeni (ride, ndr), capaci di fare grandi cose. I preparatori e lo staff che hanno seguito Vingegaard in ritiro erano abbastanza ottimisti che potesse fare queste cose.

Giusto ieri Martinello diceva che Pogacar sta ancora pagando gli errori del Granon.

E ha ragione. Quel giorno noi abbiamo fatto un grande numero, mentre lui è caduto nella trappola o si è sentito superiore. Del resto, negli ultimi tempi ha vinto tutte le corse a tappe cui ha partecipato, un po’ di peccato di presunzione ci può anche stare.

Affini racconta che Roglic e Vingegaard sono partiti alla pari, poi la strada ha scelto
Affini racconta che Roglic e Vingegaard sono partiti alla pari, poi la strada ha scelto
Cosa ti è piaciuto quel giorno della tua squadra?

Vedere Roglic che si è messo subito a disposizione, senza accampare scuse sul fatto che avrebbe potuto rientrare in classifica.

Il ragazzo ha la sfortuna che lo perseguita.

Sarà anche vero, ma trovo assurdo che al Tour si cada per una balla di paglia spostata da una moto. Dalle immagini si vede che i tifosi o addirittura un poliziotto avrebbero potuto dargli un calcio e toglierla di mezzo, ma non lo ha fatto nessuno ed è una vergogna. Se Primoz fosse passato dall’altra parte dello spartitraffico, magari ora vedremmo un altro Tour oppure no.

Da dove ricominci?

Dalla Vuelta a Burgos e poi ho vinto il biglietto omaggio per la Vuelta. Non so quando la squadra renderà ufficiali le convocazioni, ma a me l’hanno detto. Adesso sono tutti impegnati al Tour, anche quelli dell’ufficio stampa. Il povero Ard (Ard Bierens, addetto stampa del team olandese, ndr) ha da gestire Van Aert che a livello mediatico è fra i top 3 al mondo. E poi la maglia gialla che attira giornalisti da tutte le parti.

Affini ha condiviso con Vingegaard i ritiri di inizio anno e la Tirreno (foto Bram Berkien)
Affini ha condiviso con Vingegaard i ritiri di inizio anno e la Tirreno (foto Bram Berkien)
La Vuelta potrebbe venire bene per i mondiali, no?

L’idea sarebbe proprio quella, anche se il viaggio potrebbe dare da pensare. In Spagna si chiude l’11 settembre e là si corre il 18. Un giorno se ne va con il volo, se non altro però a livello fisico le tre settimane della Vuelta saranno perfette. Ma è la prima volta che faccio due Giri, non so come risponderò. Confido che se lo hanno deciso, abbiano valutato che sia all’altezza. E poi si parte dall’Olanda, la cronosquadre sarà a mezz’ora da dove vive la mia compagna. Avrò il fan club olandese…

Invece gli europei?

M’è toccato dire di no alla nazionale e mi è dispiaciuto. Si corrono 3-4 giorni prima che parta la Vuelta e sarebbe troppo. Mi dispiace perché la nazionale è importante, ma per il mio sviluppo credo che abbia più senso fare la Vuelta.

Vi sentite mai con i ragazzi del Tour?

Con parsimonia e senza interferire troppo. Sappiamo da chi c’è stato che razza di tensioni ci siano là, quindi siamo rispettosi. Però dopo la tappa del pavé gli ho scritto che erano andati bene, perché quel giorno potevano volare minuti pesanti.

La sera della tappa del pavé, da Tignes sono partiti messaggi di complimenti verso Arenberg
La sera della tappa del pavé, da Tignes sono partiti messaggi di complimenti verso Arenberg
Vingegaard e Roglic sono partiti alla pari?

L’anno scorso, Primoz aveva la precedenza. Quest’anno sono partiti sullo stesso piano e poi sarebbe stata la strada a decidere. E purtroppo ha deciso presto.

E questo Vingegaard che l’anno scorso vinceva la Coppi e Bartali e adesso ha la maglia gialla?

Incredibile, vero? Mi sembra rimasto uguale a prima. Devo essere onesto, ho corso poco con lui. Abbiamo fatto insieme i ritiri, poi la Tirreno, dove è stato secondo dietro Pogacar. E’ sempre molto tranquillo, anche se di suo non è tanto estroverso.

Ad Affini piacerebbe entrare nel gruppo Tour?

In una squadra così c’è sempre rivalità. Non che ci prendiamo a legnate, però siamo tutti in lizza per qualcosa. E’ chiaro poi che le scelte vengano fatte dai tecnici. Si compone la rosa più ampia, che poi viene via via snellita. Ci si basa sul rendimento dell’anno prima e magari se c’è qualche nuovo, lo mettono dentro perché l’hanno preso apposta.

Vingegaard e Van Aert sono partiti per il Tour con grandi attese
Vingegaard e Van Aert sono partiti per il Tour con grandi attese
Fra poco smetterai di essere il solo italiano della Jumbo…

Ho letto la notizia dell’arrivo di Belletta. Non lo conosco, è giovanissimo, ma quassù sono bravi a far crescere i ragazzi.

Come è andata la distanza?

Eterna. E’ caldo anche qui, siamo vicini al Monte Bianco, ma di neve se ne vede proprio poca. Abbiamo fatto sette ore senza lavori specifici, ma a un bel passo. Qualcuno ha fatto meno e ha tagliato. Ma insomma, non è che siamo proprio andati a spasso

Il riposo, Pogacar, l’orgoglio e i soliti sospetti

06.07.2021
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E alla fine, un po’ te l’aspetti e un po’ non più, salta fuori la velata domanda sul doping. Viene da una giornalista francese de L’Equipe, che la prende alla larga. Pogacar ha appena finito di dire che la sua squadra è forte ed è stato orgoglioso di poter dimostrare a tutti che così fosse, quando lei gli chiede se questa puntigliosità gli sia sempre appartenuta. Lui risponde di sì. Che fin da bambino, se qualcuno non gli credeva, si metteva d’impegno per dimostrargli che si sbagliava. Che non è una persona orgogliosa a prescindere, ma su certi punti sì. E a questo punto, lei cala la domanda: che cosa diresti a chi nutre dei sospetti sulle tue prestazioni?

«A chi ha dei sospetti – risponde Pogacar – dico che ci sono tanti controlli a provare che si sbagliano. Solo ieri ne ho fatti tre: due prima della tappa e uno dopo».

Zoom conference

La conferenza stampa di Pogacar del giorno di riposo si svolge su Zoom. Il covid sarà pure mezzo debellato, ma le squadre non ne vogliono ancora sapere di riaprire le porte e non voglia Dio che l’andazzo proseguirà anche quando la pandemia sarà definitivamente alle spalle. Nella schermata c’è un bel numero di giornalisti, compresi quelli che non hanno ancora spento il microfono e ci propongono spaccati di vita domestica. C’è anche David Walsh, quello che in un giorno di tanti anni fa prese di petto Armstrong.

Verso Tignes ha difeso la maglia gialla prima con la squadra e poi attaccando. «In risposta ai sospetti – dice – ho fatto tre controlli»
Verso Tignes ha difeso la maglia gialla prima con la squadra e poi attaccando

Numeri in ordine

Pogacar ha la solita faccia angelica, seduto di tre quarti in una stanza con le pareti in legno, con il back drop del Team Uae Emirates a ricordarci tutti gli sponsor.

«Sono contento della mia forma – dice – vedo i miei numeri. Questo Tour sta costando a tutti tante energie ed è già una fortuna non essere incappati in cadute. Io ne ho avuta solo una molto piccola il primo giorno e mi basta quella. Il giorno in cui sono stato meglio finora è stato quello de Le Grand Bornand. Non era freddissimo come sabato».

Le storie del Ventoux

Chissà se gli azzurri del calcio che vanno a giocare a Wembley, sia pure nello stadio ricostruito, sanno che cosa significhi quel posto nella storia del pallone. La domanda arriva anche a Pogacar, quando gli viene chiesto se conosca le vicende del Mont Ventoux, che il Tour affronterà per due volte mercoledì.

«E’ una salita storica – risponde il giovane sloveno, che nel giorno di Pantani contro Armstrong aveva un anno e mezzo – so qualcosa, ma non troppo. Ho fatto la ricognizione, posso parlare di come sia fatta e voglio vincere, ma non per lasciare il segno nella storia».

Il tempo che passa. E se al Giro d’Italia scoprimmo che Gino Mader non sapeva nulla di Bartali, come pretendere che Pogacar sappia di Simpson e di Merckx? Sospetti che certi nomi li conosca, non ti meravigli del contrario. E’ forte, è un bravo ragazzo, ha la faccia d’angelo, qualche difetto dovrà pur averlo. Cosa sanno i nostri figli di Piazza Fontana?

Prima ancora che in salita, ha dimostrato la sua forza nella crono di Laval
Prima ancora che in salita, ha dimostrato la sua forza nella crono di Laval

Il suo recupero

La conferenza va avanti con una sorta di conto alla rovescia: scaduto il tempo in lingua inglese, toccherà agli sloveni e a quel punto potremo anche dire addio. Si parla dunque di recupero: del suo portentoso e quello degli altri un po’ meno.

«Quando ero più piccolo – sorride – non conoscevo i miei dati. Sapevo solo che se c’erano corse in serie, stavo meglio nell’ultima che nella prima. Le corse a tappe ho cominciato a farle da junior e lì mi sono reso conto che non avevo mai grossi cali. Sapevo di poter avere ogni giorno lo stesso livello. Ho avuto molti allenatori e tutti mi dicevano la stessa cosa».

Il suo orgoglio

Ma quando si diventa grandi e si arriva al Tour, quelle stesse caratteristiche le trovi anche in altri. E’ l’elite del ciclismo mondiale. I migliori talenti si ritrovano nello stesso posto, portando le loro doti allo scontro finale.

«E io che l’anno scorso l’ho vinto solo grazie alla crono finale – dice – ho avuto per un anno la motivazione di tornare e dimostrare che non fu per caso. Volevo provarlo al mondo e a me stesso. Per questo in ogni corsa ho fatto del mio meglio. Per questo la mia squadra fa ogni giorno del suo meglio. Siamo tra i più forti di questo Tour e lo rivendico con orgoglio. Stanno correndo al 100 per cento in mio aiuto, mentre nel 2020 semplicemente fummo sfortunati. Quest’anno qualche caduta c’è stata, ma siamo tutti qui per difendere la maglia gialla. Dopo le critiche di venerdì, sabato abbiamo voluto prendere in mano la corsa per dimostrarlo».

Ancora una volta, Pogacar ha rivendicato la forza e l’unita del Uae Team Emirates, qui con Formolo e Rui Costa
Pogacar ha rivendicato la forza del Uae Team Emirates, qui con Formolo e Rui Costa

Il Tour riparte

E qui ci riallacciamo alla scena iniziale di questo articolo. L’orgoglio è sul tappeto. E quando l’addetto stampa Luke McGuire passa la parola alla bionda giornalista francese, il discorso va come vi abbiamo già raccontato. Il sorriso ineffabile di lei, davanti al sorriso ineffabile di lui. I sospetti di lei, la calma di lui.

Inizia oggi la seconda settimana del Tour. Pogacar indossa la maglia gialla con 2’01” su O’Connor e 5’18” su Uran. Alle loro spalle tutti i più forti. Con la sensazione che presto il racconto diventerà una raccolta di episodi sulla via di Parigi, avendo il Tour già un vincitore e una lunga schiera di vinti. Ma siccome la storia insegna che nulla nel ciclismo è mai sicuro, ci accingiamo al viaggio con altre pagine bianche da scrivere.