Il test su strada. Dati più reali, ma più complesso da eseguire

25.12.2022
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Il test del lattato su strada. Il ritiro in Toscana della Green Project Bardiani Csf Faizanè ci ha concesso l’occasione per assistervi dal vivo. Ed è stata un’esperienza interessante. Un lavoro sul campo che ci ha portato nei fatti. Nel concreto.

L’ormai nota triade dello staff medico appena arrivata in Bardiani, Maurizio Vicini, Borja Martinez Gonzalez e Andrea Giorgi, ci ha mostrato come si effettua questo test.

Tra l’altro è stata un’occasione interessante quella di questo test sul campo, che viene dopo aver assistito ad un test in laboratorio 

La salita ideale

«Il test – spiega il dottor Vicini – si svolge su una salita, la cui lunghezza è di 1.930 metri. Deve essere una salita abbastanza costante e senza curve troppo strette che interrompano la pedalata. Una volta arrivati in cima preleviamo dall’orecchio dei ragazzi una quantità minima di sangue, una goccia. Si prendono i dati sia del lattato che dei suoi watt».

«A quel punto l’atleta torna giù e ripete la salita con uno sforzo maggiore. Qui partiamo da un impegno medio (2 millimoli di lattato, ndr), per fare poi degli step crescenti di 20-30 watt per salita fino a che arriva alla soglia. Soglia che individuiamo nei canonici 4 millimoli di lattato nel sangue.

«Una volta raggiunta questa soglia, gli facciamo fare un ulteriore test, un’altra salita, questa volta a tutta. In questo modo vediamo la quantità massima di acido lattico che l’atleta riesce a produrre».

Sul campo

Nel giorno in cui abbiamo assistito al test, i ragazzi erano quattro: l’americano Jared Scott, l’eritreo Henok Mulubrhan, Luca Paletti che veniva dal ritiro in azzurro con la nazionale di ciclocross, e Matteo Scalco.

Apparentemente il test è molto semplice, è un classico test incrementale, ma poi ci sono tante sfaccettare che stando sul campo possono inficiare sullo svolgimento e quindi sull’esito dello stesso test.

Due esempi molto pratici. Il ragazzo eritreo era la seconda volta che lo faceva in quanto nella precedente non aveva capito che doveva incrementare il wattaggio già alla seconda salita (problema di lingua). Il giorno del test a cui abbiamo assistito, ad un certo punto si alzato il vento e questo è stato annotato dai medici. Hanno chiesto ai ragazzi se si sentiva effettivamente (problema ambientale). Ma tutto questo fa parte della realtà.

Come per esempio è stato curioso vedere come alla seconda salita a fronte di frequenze cardiache più elevate, il lattato registrato è stato inferiore. 

«E’ un adattamento fisiologico – ci dice il dottor Giorgi – nonostante per venire qui abbiano fatto 40′ e passa minuti di riscaldamento con due piccole “puntate” al medio, succede che pedalando in salita trovino un adattamento muscolare. Ma dalla terza salita tutto si ristabilirà. Vedrete…».

Tutti e quattro sono partiti da 240 watt, per poi proseguire, come accennato, con incrementi di 20 o 30 watt nella scalata successiva. Venti o trenta a seconda dei dati raccolti dai dottori. Infatti se l’incremento di acido era molto basso la forbice passava da 20 a 30 watt. E al contrario veniva abbassata nelle ripetute finali.

Da questo test poi si estrapolano le intensità, con le quali l’atleta poi si allena ed esegue le sue tabelle. Una volta erano chiamate fondo lungo, medio, soglia, fuori soglia… Oggi Z1, Z2, Z3…

Laboratorio o strada

Ma se il vento, o come è successo un cinghiale che si è affacciato dalla strada, possono influire sull’andamento dell’atleta durante la salita e quindi sulla prestazione, perché si dovrebbe fare un test su strada? Perché non si fa in laboratorio?

«Il test in laboratorio – prosegue Vicini – è un test di partenza che serve per valutare i ragazzi e per prendere i primi dati, comunque molto importanti, per farli lavorare e anche per questo test. Ma lì si pedala su cicloergometro, da fermi. Non c’è da affrontare la componente dell’equilibrio, dell’attrito con l’asfalto e con l’aria soprattutto, manca dunque tutta quella parte di lavoro lavoro meccanico-muscolare che si ha su strada. Il test in laboratorio ci dà le condizioni fisiologiche, di potenza dell’atleta, diciamo così, il test più corretto è quello su strada.

«In laboratorio di solito si ha un vantaggio. Con variazioni che oscillano dal 5% al 20% di watt in più». 

Una differenza pero, ci ha detto il dottor Giorgi che varia anche in base alla tipologia di test che si fa e di cicloergometro che si usa in laboratorio.

Da segnalare che una volta raccolti i dati, prima di darli agli atleti e renderli definitivi, questi vengono rivisti, “aggiustati”. Il vento, gli incrementi troppo rapidi o troppo bassi… I medici rendono precisi i dati finali. Ma si tratta davvero di aggiustamenti minimi, magari di un battito o due alla soglia o di poche unità di watt.

Ancora sul test del lattato. Riflessioni sulla posizione

09.12.2022
4 min
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Qualche giorno fa vi abbiamo proposto un articolo che riguardava il test sul lattato. Tra le varie domande poste a Michele Dalla Piazza, che spiegava appunto il test, si chiedeva se tra le variabili che influiscono sul test, e quindi sul lattato, ci fosse anche il fitting sulla bici, cioè la posizione.

E Dalla Piazza aveva così risposto: «La posizione sulla bici influisce sulla performance e tutto quello che gira intorno alla fase di sforzo. L’ideale sarebbe utilizzare la propria bicicletta collegata con un ciclosimulatore. Quando si utilizzano delle cyclette sarebbe importante riportare le proprie misure nel modo più fedele possibile».

Il massimo sarebbe riuscire a collegare la propria bici ai sensori e agli hardware del laboratorio per eseguire il test
Il massimo sarebbe riuscire a collegare la propria bici ai sensori e agli hardware del laboratorio per eseguire il test

Parola a Mariano

Questa riposta ha suggerito uno spunto di riflessione molto meno banale di quanto possa sembrare. La posizione corretta infatti influisce sul rendimento, vale a dire sui numeri del test? Oppure riguarda la produzione di acido lattico stesso perché magari con una diversa posizione cambia la circolazione sanguigna, o perché non si respira altrettanto bene?

Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Mariano, esperto biomeccanico, il quale come sua abitudine non lesina chiarezza.

«E’ vero – spiega Mariano – la posizione incide sul test del lattato. Se vai a reclutare distretti muscolari diversi da quelli che usi solitamente, è chiaro che i dati sono falsati. E potrebbero essere anche falsati in meglio. Se si reclutano gruppi muscolari che non sono stressati e quindi più freschi, la concentrazione del lattato sarà inferiore».

Quando Mariano effettua le sue visite biomeccaniche tiene conto anche degli schiacciamenti delle vene: «Se il femore ha un angolo troppo chiuso, è chiaro che la vena iliaca non irrora in modo corretto».

Giro 2012, Purito Rodriguez 2° per soli 16″: nella crono finale di Milano arrivò 26° a meno di 2′ da Pinotti in oltre 33′ di sforzo
Giro 2012, Purito Rodriguez 2° per soli 16″: nella crono finale di Milano arrivò 26° a meno di 2′ da Pinotti in oltre 33′ di sforzo

Watt o millimoli?

Come dicevamo, c’è da fare una distinzione tra valori: i watt espressi e l’accumulo di millimoli di acido lattico. E’ un discorso di dati, più o meno buoni, o una produzione intrinseca di lattato?

«Entrambi – va avanti Mariano – ma probabilmente si tratta anche della produzione stessa, perché torno al discorso di prima: se usi muscoli meno allenati o più freschi, questi dati possono variare. In questo caso dipende anche dal tipo di test che si va a fare, perché come sappiamo ci sono diversi protocolli. 

«Se fai un test il cui protocollo è breve, in cui è previsto un picco massimo da lì a pochi minuti o secondi e la posizione è diversa, il risultato è diverso e quasi certamente migliore… per assurdo.

«E’ un po’ come quando vi ho raccontato che stravolgemmo la posizione di Purito Rodriguez prima della crono finale del Giro d’Italia. Fu una scelta estrema e azzardata che teneva conto di questa situazione. Volevamo fargli usare muscoli più freschi. E infatti, al netto che perse il Giro, lui fece la crono della vita».

Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano, biomeccanico di Mariano Engineering Cycling e Fisioradi, alle prese con il suo lavoro
Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano, biomeccanico di Mariano Engineering Cycling e Fisioradi, alle prese con il suo lavoro

Con la propria bici 

Mariano spiega poi che oggi l’atleta professionista tende a fare i test con la sua bici. Preferisce avere dati concreti piuttosto che usare un cicloergometro e avere dei dati in output più precisi (ipotizzando che un cicloergometro professionale sia estremamente preciso).

«E’ difficile stabilire quanto incida il cambio di posizione – chiarisce il biomeccanico – sinceramente non saprei. Non ho mai fatto certe comparazioni numeri alla mano, anche perché io curo solo la parte biomeccanica e mi piace dare risposte concrete».

E allora visto che si parla di posizione, cosa incide di più?

«Tutto è tutto legato. Se ti metto in bici e non guardo almeno i tre punti principali, cioè arretramento, altezza e tacchette, si scombussola tutto il resto. Se ne sistemo uno solo, ho modificato la situazione. Se arretramento, altezza e tacchette non vanno a collimare peggioro la situazione. Faccio un esempio, se tu hai la sella troppo indietro ed è anche bassa e io la alzo solamente, ho fatto peggio».