Squadre e vaccino: alla Bike Exchange sono messi così

04.12.2021
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Quello che succede nella società civile lo vedi anche in gruppo. Da quando il Covid si è impossessato delle nostre vite, siamo tutti un po’ biologi e un po’ dottori, come quando dilagava il doping e in giro era pieno di ematologi. Perciò, mentre nelle strade c’è chi si batte nel difendere il proprio diritto a non vaccinarsi e chi cerca di spiegargli perché sia illogico, anche nelle squadre si sono vissuti dissidi analoghi. Con l’aggiunta dei tanti dubbi legati alle conseguenze che il vaccino avrebbe sulla carriera degli atleti. Le voci girano. E come ci sono mamme impaurite per la fertilità delle figlie, ce ne sono altre preoccupate per il rischio che il vaccino danneggi il cuore degli atleti.

Con Baroncini ai mondiali U23 di Leuven: Guardascione era parte della spedizione azzurra
Con Baroncini ai mondiali U23 di Leuven: Guardascione era parte della spedizione azzurra

Andiamo dal medico

Di solito davanti a dubbi di questo tipo ci si rivolge al medico e così abbiamo fatto, chiamando in causa Carlo Guardascione. Il dottore varesino della Bike Exchange è agli ultimi giorni di attività… borghese, perché a breve partirà con la squadra per il ritiro di Cambrils, in Spagna.

«I corridori – racconta – hanno vissuto e ancora vivono da quasi due anni nel sistema dei tamponi. Come tanti non hanno potuto lavorare, quindi sanno che cosa abbia significato l’arrivo del vaccino. Ci sono state resistenze ideologiche, ma in proporzione ho avuto più difficoltà a convincere i miei figli».

Qual è la situazione vaccinale della vostra squadra?

Il team femminile è vaccinato al 100 per cento con la doppia dose. Noi dello staff medico abbiamo tutti anche la terza dose. Mentre i maschi sono vaccinati al 95 per cento. Fanno eccezione uno dubbioso che fa resistenza, ma ovviamente non vi dico il nome. E uno che ha avuto il Covid ed è in quella finestra in cui può ancora aspettare. Fra il personale ci sono due no vax, ma sanno che per entrare nel magazzino serve il green pass, quindi vivono di tamponi.

Al Tour dello scorso anno, senza i vaccini, si viveva da un tampone all’altro
Al Tour dello scorso anno, senza i vaccini, si viveva da un tampone all’altro
Come farete in ritiro?

La società è stata chiara. In ritiro tutti i vaccinati verranno con un tampone rapido, che possiamo fargli noi o in una qualunque farmacia. Quelli non vaccinati avranno bisogno del tampone molecolare, che però sarà a carico loro.

Dicono che il vaccino possa favorire la miocardite.

Dicono tante cose, noi in quanto medici ci siamo informati e abbiamo avuto notizie più precise. Se prendi il Covid, hai un’elevatissima probabilità di prendere la miocardite. Succede perché la polmonite interstiziale può propagarsi e arrivare a lambire il cuore, provocando miocardite o pericardite. La miocardite da Covid può portare alla morte, ma si può anche curare. Un dilettante che seguo ha avuto il covid e la miocardite.

E’ guarito?

E’ stato fermo per tre mesi, ha fatto tutti gli esami ed è potuto ripartire.

Esiste anche la miocardite da vaccino?

Non ho avuto casi, ma si parla di un’incidenza di uno, due casi ogni 200.000 persone. E’ comunque meno pericolosa di quella da Covid e si cura con il cortisone.

I corridori hanno osservato qualche precauzione nel giorno del vaccino?

Di solito il giorno dell’iniezione e il successivo rimangono a riposo, giusto per evitare che si allenino casomai venisse un po’ di febbre.

Gli atleti non vaccinati sono costretti a ricorrere al tampone
Gli atleti non vaccinati sono costretti a ricorrere al tampone
E quelli che hanno avuto il Covid hanno ripreso facilmente?

Non esiste una regola uguale per tutti, può essere facile o molto complicato. Ne ho avuti quattro, tre completamente asintomatici, uno con un po’ di febbre. Alla fine hanno effettuato tutti gli esami previsti dall’ordinamento italiano, anche se qualcuno non era di qui, e al massimo avranno perso un mese di attività.

I corridori dovranno fare la terza dose?

Quando sarà il momento, senza dubbio. Una ragazza l’ha già prenotata per gennaio, visto che si sono vaccinati tutti fra luglio e agosto. Al massimo ci sarà qualcuno che chiederà di aspettare fine stagione.

Tamponi ancora più salati se la squadra è piccola

16.11.2021
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Il Covid non molla ancora del tutto la sua presa, anzi… e in qualche modo non intralcia solo la vita dei normali cittadini, ma anche quella delle squadre. A cominciare dalla gestione delle trasferte, del personale e dei tamponi soprattutto.

E più la squadra è piccola e più tutto ciò incide, specie sui costi, non solo sulla logistica. Lo sa bene Stefano Giuliani direttore sportivo e team manager della Giotti Victoria- Savini Due, squadra continental composta da nove atleti e (mediamente) cinque persone dello staff. Mediamente perché il numero variava a seconda delle corse. Se si schieravano sei o sette atleti cambiava il numero di diesse e staff al seguito.

Stefano Giuliani, è manager e diesse della Giotti Victoria – Savini Due
Stefano Giuliani, è manager e diesse della Giotti Victoria – Savini Due

Tamponi salati…

Se per alcune WorldTour, che però hanno uno staff molto grande, si sono superati importi a sei cifre, per la Giotti la spesa, seppur inferiore, è anche più salata.

«In effetti – dice Giuliani – per noi è già una fatica andare avanti in situazioni normali, visto il budget ridotto, figuriamoci con i tamponi da fare. Questa è stata una spesa che ha inciso moltissimo. Parliamo di quasi 40.000 euro e oltre un migliaio di tamponi effettuati nel corso della stagione. Per molte gare di fatto servivano tre tamponi ad atleta: quello fatto 72 ore prima di arrivare alla gara o per il viaggio, quello a ridosso del via e quello per rientrare.

«E questo ha inciso ancora di più in considerazione del fatto, lo ammetto, che uno sponsor per esempio proprio a causa del Covid ad inizio stagione si è tirato indietro».

Mediamente un tampone rapido costa (adesso) 15 euro, un Pcr anche 70 euro. E spesso ai team era richiesto quest’ultimo
Mediamente un tampone rapido costa (adesso) 15 euro, un Pcr anche 70 euro. E spesso ai team era richiesto quest’ultimo

La macchina Covid

Il tecnico pescarese ha sempre cercato, riuscendoci, di far correre la sua squadra nelle gare più importanti possibili e alla portata del suo team. Pertanto si è trovato spesso a viaggiare per l’Europa: Turchia, Slovenia, Bulgaria, Ungheria, Portogallo… Ma anche in Italia, chiaramente.

«Una cosa stressante per esempio è che si faceva il tampone (il molecolare, ndr) e ci si metteva in viaggio verso la località dove gareggiare, non conoscendo le risposte chiaramente, ma avendo delle tempistiche da rispettare. Tu quindi affrontavi delle spese, programmavi tutto, poi magari quando eri arrivato ecco che ti chiamavano per dirti che c’era un positivo.

«E questo è quel che è successo al Trofeo Laigueglia – spiega Giuliani – Dall’Abruzzo alla Liguria. Siamo arrivati, abbiamo preso possesso dell’hotel, i ragazzi hanno fatto la sgambata, io avevo fatto la punzonatura e alle 18 mi è arrivata la telefonata: un corridore era risultato positivo.

«A quel punto abbiamo fatto una “macchina Covid” e siamo tornati a casa… alle tre di notte. Due ragazzi sono rimasti per due settimane a casa mia: uno al piano di sopra e uno al piano di sotto in attesa di tornare negativi. E anche al Giro di Ungheria abbiamo avuto il nostro bel da fare. In quel caso fu Gergely Szarka a prendere il virus».

Emil Dima ha vinto la terza frazione del Sibiu Tour
Emil Dima ha vinto la terza frazione del Sibiu Tour

Compartimenti stagni

Giuliani parla di un’organizzazione spesso ideata a “compartimenti stagni” tra personale e atleti. Niente ritiri, allenamenti separati… in questo modo se ci fosse stato un positivo non avrebbero fermato tutta la squadra.

«Noi abbiamo un laboratorio di riferimento, ma spesso i ragazzi facevano i tamponi per conto proprio a casa loro, anche per esigenze di tempistiche da rispettare in base a gare, aerei… Bisogna pensarle tutte, anche perché quando siamo stati fermi è stata una bella botta morale».

«Però tutto sommato – conclude Giuliani – siamo riusciti a portare a casa una buona stagione: quattro vittorie e potevano essere il doppio con qualche piccola attenzione in più. Quattro vittorie che per un team come il nostro non sono poche. Siamo sessantesimi nella classifica Uci, se penso che ci sono 19 WorldTour e più di 20 professional che hanno budget decine e decine di volte superiore al nostro… non è neanche male».