La Freccia di Williams, del gelo e degli gnocchi di Formolo

17.04.2024
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HUY (Belgio) – «Hai presente quando sei in trance per il freddo e non riesci a capire dove ti trovi? Ero lì che pedalavo, sapevo di essere alla Freccia Vallone, ma a un certo punto mi sono messo a chiedere dove fossimo. Se nel primo gruppo oppure dove, perché non capivo davvero. Adesso ho un piatto di gnocchetti che mi aspetta, ma prima devo scaldarmi le mani, che quasi non le sento…».

Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia. Sul pullman ha ritrovato il sorriso e gli gnocchi
Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia. Sul pullman ha ritrovato il sorriso e gli gnocchi

Tre italiani all’arrivo

Davide Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia Vallone, 24° a 36 secondi dal vincitore Williams che si fa attendere. Alla fine se non altro ha smesso di piovere e buttar neve, ma a un certo punto, visto il veronese risalire posizioni, abbiamo sperato che ne avesse per tentare l’allungo. Non è stato semplice essere italiani su questo muro, senza corridori azzurri nel primo gruppo, ad eccezione appunto di Formolo. Gli altri compaesani ad aver finito la Freccia Vallone sono stati Lorenzo Germani (quarantesimo) e Luca Vergallito, quattro posti dopo di lui: ultimo classificato.

«La Freccia è meglio vederla in televisione che starci dentro – dice il lombardo approdato al WorldTour dal mondo Zwift – sono distrutto. Nei primi 80-90 chilometri c’è stato tempo bello, meglio di quanto ci aspettassimo. Poi sono iniziati il diluvio, il freddo, un po’ di grandine e pure la neve. E’ stata una gara a eliminazione, io mi sono staccato sul penultimo passaggio del Muro d’Huy e poi ho portato la bici all’arrivo e basta. Ho fatto fatica anche a mettere le mani in tasca per prendere da mangiare. Sicuramente chi ha vinto oltre a essere forte, è stato anche bravo a alimentarsi in maniera corretta».

Luca Vergallito, 44° all’arrivo, è stato l’ultimo degli atleti classificati alla Freccia Vallone
Luca Vergallito, 44° all’arrivo, è stato l’ultimo degli atleti classificati alla Freccia Vallone

Germani e il freddo

«E’ stata una giornata strana – dice Germani – siamo partiti col bello e sapendo che avrebbe piovuto, ma non così. Magari sono partito un po’ troppo coperto, con crema riscaldante e all’inizio della gara sentivo caldissimo. Poi però, da quando ha cominciato a piovere, ha cominciato a fare davvero freddo. Ho cercato di fare il mio. Ogni volta che mi staccavo, cercavo di rientrare per aiutare Gregoire o Madoouas, ma è stata una giornata talmente particolare che anche loro ne hanno risentito. Non ho avuto delle sensazioni buonissime, ma con questo tempo non si possono avere…».

Attacco a sorpresa

Quando Williams ha attaccato, i primi hanno avuto appena il tempo di guardarsi. Nessuno attacca mai in quel punto, perché di solito poi si pianta. Eppure proprio quella piccola esitazione ha spalancato la porta al britannico della Israel Premier Tech, che al momento di tagliare il traguardo ha ricordato la gestualità e lo sguardo stravolto di Dan Martin.

«Penso di essermi mosso un po’ prima del solito – racconta – ma c’era un po’ di stallo. Tutti hanno rallentato e credo che nessuno si aspettasse un attacco del genere. Ho potuto farlo perché ero certo delle mie gambe. Ho seguito l’istinto e ho visto che quello era il momento perfetto per partire. Ho pensato che se fossi riuscito a ottenere un margine sufficiente, una volta visto il traguardo sarei stato capace di soffrire più degli altri. E alla fine è bastato. Penso di essermi voltato spesso negli ultimi cento metri. Si stavano avvicinando, ma dopo 200 chilometri sotto la pioggia, fai la differenza con la capacità di soffrire ed ero certo di me».

Dopo l’arrivo di Huy, Williams era stravolto, ma il suo sforzo è stato perfetto
Dopo l’arrivo di Huy, Williams era stravolto, ma il suo sforzo è stato perfetto

Gli occhi al cielo

La differenza in questa Freccia Vallone, che ha perso subito i big del gruppo (ritirati o staccati), l’hanno fatta la fiducia, la capacità di gestire alimentazione, abbigliamento e stress.

«Chiedete a qualcuno dei miei compagni di squadra – dice – ieri sera e stamattina, guardavamo sempre il cielo per capire come sarebbe stato il meteo. In effetti è davvero difficile correre in queste condizioni. Il circuito non era incredibilmente tecnico, quindi era gestibile. Ugualmente la cosa più difficile è provare a fare le cose normali in certe condizioni. Quindi mangiare, bere, cercare di non esagerare con lo stress, cercare di non vestirsi troppo. E oggi ho fatto tutto perfettamente.

«Sono partito con un paio di mantelline in tasca e penso di aver tolto l’ultima a 10-15 chilometri dall’arrivo. Mi sono sentito davvero a mio agio per tutto il giorno. Le mie mani si sono un po’ increspate, i piedi sono diventati freddi a un paio di giri dalla fine, ma a quel punto il gruppo era davvero piccolo. Eravamo tutti uguali in una corsa di bici, potevo gestirlo.

325 grammi di gnocchi

A proposito di mani, quelle di Formolo ormai hanno ripreso colore e vita. Il veronese scherza: dopo una doccia ed essersi infilati in abiti asciutti, la vita cambia prospettiva.

«Ha cominciato a piovere e fare freddo – racconta ancora Formolo – quando siamo entrati nel circuito finale. La UAE si è messa davanti a tirare e così non si riusciva a coprirsi. Si sapeva che avrebbe piovuto e per questo sono partito con i guanti in neoprene nelle tasche e anche la gabba a maniche lunghe. Solo che ho impiegato 10 chilometri per infilarmi i guanti e a quel punto la gabba era bagnata e non entrava più. Sono arrivato al classico punto che non capisci più niente. Difficile dire quanto freddo abbia sentito, difficile fare una classifica. E’ una di quelle giornate che per fortuna capita solo un paio di volte ogni anno. Diciamo un buon allenamento per la Liegi (ride, ndr). E adesso però si mangia: 325 grammi di gnocchi con ragù di pollo e tacchino. Ho così fame, che quasi ci farei il bagno».

Il Down Under lancia Williams: gallese e fiero di esserlo

28.01.2024
6 min
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Il Santos Tour Down Under, gara di apertura del WorldTour, spesso regala nomi nuovi all’elenco di vincitori, ma Stephen Williams non può essere considerato fra questi, perché un suo pedigree se l’è costruito negli ultimi anni. Prima alla Bahrain Merida e poi, dallo scorso anno, alla Israel Premier Tech, trionfando in importanti corse a tappe come ad esempio il Giro di Norvegia dello scorso anno. Ha 27 anni, è in quella sorta di “terra di nessuno” fra i giovani talenti e gli esponenti di un ciclismo un po’ diverso da quello attuale.

Williams è innanzitutto un gallese purosangue e ci tiene a essere considerato tale. Eppure la fama che la vittoria australiana gli ha dato lo coglie quasi di sorpresa ed essere intervistato dagli antipodi lo lascia ancor più interdetto.

Il gallese ha vinto già corse a tappe in Francia, Croazia, Norvegia e Australia
Il gallese ha vinto già corse a tappe in Francia, Croazia, Norvegia e Australia
Qual è la tua storia di ciclista?

Sono arrivato a questo sport abbastanza tardi. Avevo 15 anni quando ho avuto la mia prima bici da strada e mi ha cambiato la vita. Ho smesso di giocare a football, cricket e mi sono concentrato esclusivamente sull’andare in bicicletta, iniziando a fare attività agonistica quando avevo forse 16 anni, quando ero junior. Prima in un team Continental nel Regno Unito, poi in una formazione di sviluppo nei Paesi Bassi, la Grayson Academy. Nel 2019 ho firmato per la Bahrain Merida. Ho trascorso quattro anni lì, il che è stato pieno di alti e bassi. Alla fine del 2022 sono entrato a far parte della Israel Premier Tech.

Il tuo successo al Tour Down Under è stato un crescendo con la vittoria nell’ultima tappa. Eri partito da Tanunda con l’obiettivo del successo finale?

Inizialmente, ovviamente, sapevo che sarei arrivato con buone gambe, ma sapevo che il percorso era ovviamente adatto più a Corbin Strong. Era partito lui come leader della squadra, ma ha iniziato a stare male e il percorso molto selettivo di tutta la corsa a tappe non l’aiutava a recuperare. Così la squadra si è stretta intorno a me per il resto della gara.

Sapevi di poter fare bene?

Ho sempre saputo nel profondo della mia mente che sarei potuto essere competitivo, sia che si trattasse di un successo di tappa o di una classifica generale. Penso che all’inizio fosse un po’ 50 e 50, perché a inizio stagione, non sei mai veramente sicuro della forma che hai. Col passare dei giorni però ho capito che avrei avuto buone possibilità di vincere la gara.

Williams con il team che l’ha portato al successo in Australia, in un format a lui adatto
Williams con il team che l’ha portato al successo in Australia, in un format a lui adatto
Non capita spesso di vedere un corridore con la maglia di leader vincere la tappa finale, che cosa hai provato quel giorno?

E’ stato fantastico. Non c’è modo migliore per finire una corsa a tappe. E’ stato un privilegio essere messo in quella posizione dalla squadra e farcela in quel modo in cima al Monte Lofty è stato davvero speciale.

E’ la tua quarta vittoria in una breve corsa a tappe. Pensi che sia quella la tua dimensione ideale?

Sì, penso che al momento sia quello il mio target, insieme alle gare di un giorno piuttosto impegnative. Penso che le gare a tappe di una settimana siano sicuramente quelle in cui mi sento più capace di ottenere risultati in questo momento. Ovviamente, quelle in cui ho avuto successo chiaramente non hanno avuto una cronometro. Quindi questo è qualcosa di cui devo assolutamente essere consapevole per andare avanti. E’ qualcosa su cui devo migliorare per assicurarmi che, se mai mi trovassi in questa posizione in futuro, sarò in grado di trarne vantaggio e non perdere tempo inutilmente.

Il britannico ha sempre messo la sua firma’. Nel 2018 ha vinto la tappa di Pian delle Fugazze al Giro U23 (photors.it)
Il britannico ha sempre messo la sua firma’. Nel 2018 ha vinto la tappa di Pian delle Fugazze al Giro U23 (photors.it)
Sei al secondo anno all’Israel dopo una lunga esperienza alla Bahrain: quali sono le principali differenze fra i due team?

Penso che non ci siano troppe differenze, davvero. Entrambi i team sono molto professionali, molto ben gestiti e organizzati. Per me la cosa principale era solo ottenere un calendario di gare coerente, gare per le quali potessi prepararmi e andare con una buona base. Non ho mai avuto quel ritmo in Bahrain, ma qui dove sono adesso, sento che le cose stanno andando bene e sono in grado di esibirmi ad alto livello in gara e di fare bene.

Ti senti più gallese o britannico e che effetto ti ha fatto vestire la maglia del Galles ai Giochi del Commonwealth?

Sono un gallese molto orgoglioso. Mi è piaciuto correre ai Giochi del Commonwealth, anche se i risultati non sono stati dalla nostra parte. Ma è stato un privilegio sentirmi parte del mio popolo, simboleggiarlo. Sfortunatamente nel 2018 avevo dovuto rinunciare. Decisi di restare in Europa mentre i Giochi si svolgevano in Australia, due anni fa essendo in Inghilterra è stato più facile. Ora, con la squadra gallese, abbiamo un ottimo gruppo di ragazzi e un’ottima selezione di uomini e donne che rappresentano il Paese, che sono così bravi di per sé. E non c’è niente di meglio che rappresentare il tuo Paese in una delle più grandi manifestazioni multisportive.

Nell’ultima tappa ha rintuzzato l’attacco di Del Toro, trionfando con la maglia di leader
Nell’ultima tappa ha rintuzzato l’attacco di Del Toro, trionfando con la maglia di leader
Quanto è popolare il ciclismo in Galles?

Molto. Penso che il fermento che è arrivato dal 2018 con Geraint Thomas vincitore del Tour de France sia stato enorme e fondamentale per i giovani ciclisti in Galles. Ma anche i successi in pista con Eleanor Barker, penso che sia stato anche qualcosa di enorme nello sviluppo dei giovani ciclisti e nella possibilità di utilizzare la pista nel Galles del Sud e tutti gli altri impianti indoor in Galles. Il numero di praticanti è sicuramente in aumento e spero di vedere molto presto altri giovani talenti arrivere dal Galles nei prossimi anni.

Dopo la lunga trasferta australiana, che gare ti aspettano e con quali obiettivi?

Tornerò in Europa dopo la Cadel Evans Ocean Race e poi farò gare in Francia, Drome e Haut Var. Un paio di settimane di lavoro prima della Volta a Catalunya, poi andremo direttamente alle classiche dell’Ardenne. Abbiamo sicuramente una squadra forte lì e speriamo di poter fare qualcosa come squadra e raccogliere dei bei risultati.

Il tallone d’achille di Williams restano le crono. Per ora le ambizioni nei grandi giri vanno ridimensionate
Il tallone d’achille di Williams restano le crono. Per ora le ambizioni nei grandi giri vanno ridimensionate
Ti senti competitivo per un grande Giro, ossia di poter puntare alla classifica finale?

E’ qualcosa che voglio assolutamente provare a realizzare, sia nel prossimo futuro che tra qualche anno. Ma penso che, viste le mie caratteristiche al momento, sia più probabile andare a caccia di tappe nelle giornate difficili. E’ sempre stato nella mia mente da quando sono diventato professionista, quindi spero di poter raggiungere un livello in cui possa provare a puntare alla classifica generale quando sono coinvolte prove a cronometro. Ma c’è da lavorare.