Oltre il ciclismo: Baldini, Pellegrino e lo sforzo estremo

11.06.2025
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“Sapersi fare male”, solo chi ha praticato certi sport, e a un determinato livello, può capire questa frase che sembra ad effetto, ma in realtà è molto concreta. Qualcosa di molto simile lo abbiamo vissuto tante volte nel ciclismo. E una di queste è avvenuta durante il Giro d’Italia quando, insieme a Davide Ballerini commentammo lo sforzo estremo sull’arrivo micidiale di Vicenza. Parliamo di uno sforzo violento dunque.

Lì andò in scena il duello tra Mads Pedersen e Wout Van Aert, a cui partecipò finché ne ha avuto la forza anche Isaac  Del Toro. Emersero ovvie differenze fisiche tra i due “pesi massimi” e il più leggero messicano, uomo da classifica.

Ma emersero anche differenze nella gestione dello sforzo. In quel minuto finale, Van Aert e Pedersen riuscirono a dare di più rispetto al messicano. E’ una peculiarità degli uomini da classica: sapersi svuotare fino in fondo.

Lo sforzo massimo di Pedersen e Van Aert durante lo sprint (lungo) di Vicenza
Lo sforzo massimo di Pedersen e Van Aert durante lo sprint (lungo) di Vicenza

Quello sforzo massimale

Noi abbiamo esteso questo argomento anche oltre il ciclismo, restando però sempre negli sport di endurance. Abbiamo quindi posto la questione del “sapersi fare male”, dello sforzo estremo, a due giganti del nostro sport: lo sciatore di fondo Federico Pellegrino e l’ex corridore Stefano Baldini (in apertura foto Fidal).

Per chi non li conoscesse (ma dubitiamo!), Federico “Chicco” Pellegrino è il fondista italiano con più vittorie in Coppa del mondo, vanta medaglie iridate e olimpiche. E’ uno specialista delle sprint ma sempre più spesso si esprime bene anche nel long distance.
Stefano Baldini, lo ricorderete tutti in quella fantastica notte di Atene quando vinse l’oro nella Maratona. Ma la sua bacheca è ancora più ricca: campione europeo in maratona per due volte e primatista italiano.

Entrambi ci hanno fatto (e Pellegrino ci fa ancora) tremare con i loro grandi finali, quando lo sforzo è massimo e la tensione è a mille.

Stefano Baldini e qull’indimenticabile trionfo nella maratona olimpica di Atene (foto Ansa)
Stefano Baldini e qull’indimenticabile trionfo nella maratona olimpica di Atene (foto Ansa)

L’esperienza di Baldini

«Come si fa a farsi male? Questa domanda ha tante possibili origini. C’è una bella differenza fra la corsa e il ciclismo – spiega Baldini – nel ciclismo lo sforzo è generalmente molto più costante e se vai un minuto a tutta, è perché sei in una situazione di disperazione e devi chiudere su qualcuno, o magari nel finale di una crono o ancora all’arrivo. Ma tutto è misurabile, grazie al mezzo, la bici. Nella corsa, invece, c’è solo il singolo atleta. E tutto è più lasciato alla situazione, se vogliamo.

«Nella corsa lunga come la maratona – continua l’emiliano – devi ascoltare moltissimo il tuo corpo, le sensazioni. Devi gestire lo sforzo con una strategia: se puoi tenere quel ritmo in base alla distanza dal traguardo. Se ho sbagliato questa gestione? Ho sbagliato fino all’ultima gara della mia carriera. In allenamento calibravo tutto ed ero bravo, ma in gara gli altri ti cambiano. Lì devi sempre misurare te stesso… ma in mezzo a un gruppo.

«Il miglior agonista è quello con una visione a 360° della gara. E’ quello che interpreta sé stesso e legge il linguaggio del corpo degli altri, dando tutto in base alla distanza dall’arrivo e alle possibili strategie. Non è facile. In maratona accumuli acido lattico, ma non hai quei picchi che si hanno nei 400 metri o negli 800, le distanze di massima velocità aerobica. E’ un accumulo diverso che ti porta al degrado della prestazione».

«La volta che ho dato più di quel che avevo? Mi è capitato spesso. Ricordo il mondiale di Helsinki: ci arrivavo da campione olimpico, volevo essere il numero uno… ma era così. Ero da podio, da bronzo. Non l’ho accettato. Sono andato oltre, non ho finito la gara e me ne sono assunto la responsabilità. Come si dice oggi: ho fatto all‑in. O tutto, o niente».

«Al contrario, ho gestito perfettamente lo sforzo quando ho stabilito il mio secondo primato italiano, alla Maratona di Londra 2006. Non ero il miglior Stefano di sempre, ma sono riuscito a dare tutto nel modo giusto, specie nel finale».

Federico Pellegrino in pieno sforzo durante uno dei suoi sprint (foto Starpool)
Federico Pellegrino in pieno sforzo durante uno dei suoi sprint (foto Starpool)

Parola a Pellegrino

E dalle scarpe da corsa passiamo agli sci stretti. Abbiamo incontrato Federico “Chicco” Pellegrino, nella sua Valle d’Aosta, all’arrivo a Champoluc, durante il Giro.

«Come ci si fa male? Mi dico di andare a tutta, oltre e ancora oltre. Dico alla mia testa: “Ancora un po’, ancora un po’…”, finché non arriva il traguardo. Subito dopo le energie sono finite e quel che è arrivato è arrivato. Se ho vinto, meglio, altrimenti resta la soddisfazione di aver dato tutto. Nel momento dello sprint l’unico pensiero è arrivare al traguardo. Mi sento come un cavallo coi paraocchi: menare a testa bassa e via…».

Pellegrino è specialista delle sprint (sessioni da 2’30” fino a 4’), ma negli anni si è migliorato anche nelle distance:

«La differenza tra le due volate? Nelle sprint, prima del rush finale la posizione conta, non devi essere oltre la terza piazza altrimenti non risali. Nelle distance, invece, oltre alla posizione conta risparmiare energie. In questa seconda tipologia di gara più lunga, a volte sottovaluto gli avversari immaginandoli ancora come sprinter. Come agli ultimi mondiali, del resto, dove ho perso una medaglia per pochi centimetri».

Nel ciclismo ci sono più supporti per acquisire dati sullo sforzo, nello sci di fondo e nella corsa tutto è più affidato all’atleta che deve autocalibrarsi (foto Velon)
Nel ciclismo ci sono più supporti per acquisire dati sullo sforzo, nello sci di fondo e nella corsa tutto è più affidato all’atleta che deve autocalibrarsi (foto Velon)

L’analisi dei dati

Lo sforzo violento di Pedersen apre anche il discorso della misurazione dei dati. Come diceva Baldini, grazie alla bici si hanno numeri, nella corsa no. A Vicenza Pedersen stava sui 1. 000 watt per un minuto, qualcosa di mostruoso. Ma anche qualcosa che si è potuto misurare.

Ma fondisti e runner come fanno queste valutazioni? Come ottengono numeri? Il cardiofrequenzimetro non basta più neanche per loro immaginiamo. Nella corsa si sta sperimentando una tecnologia che misura la forza attraverso l’impatto del piede sul terreno, ma siamo davvero agli albori. Entrambi gli sport, come il ciclismo del resto, però usano il GPS.

«Il bello, per gli scienziati un po’ meno, dello sci di fondo – conclude Pellegrino – è che resta molto misterioso. Non è tutto quantificabile come nel ciclismo. Stiamo lavorando sulla distribuzione dello sforzo e dell’energia sfruttando il GPS, che negli sprint dà dati interessanti su accelerazioni e tecnica. Quest’ultima è fondamentale, non esiste (o non è così determinante, ndr) nel ciclismo o nella corsa e può variare la resa. Inoltre, la tipologia della neve è fondamentale: ogni neve risponde in modo diverso. Quindi nello sci di fondo non è solo questione di VO2max, ma anche capacità di adattamento alla neve. Fosse solo per quello, noi fondisti potevamo fare i ciclisti… come Nordha­gen

Tornano i sogni speciali premiati da Garmin

12.05.2022
3 min
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Nei giorni scorsi Garmin Italia ha presentato ufficialmente l’edizione 2022 dei “Garmin Beat Yesterday Awards, i riconoscimenti che premiano l’impegno nella realizzazione delle proprie imprese sportive. Nati nel 2016, nell’arco di sei edizioni hanno premiato ben 45 progetti, gli ultimi dei quali in occasione di una bellissima serata che si è svolta a Milano nel mese di dicembre dello scorso anno presso la prestigiosa location di Spazio Gessi.

Foto premiati e premianti (foto Garmin_Beat Yesterday Awards 2021)
Foto premiati e premianti (foto Garmin_Beat Yesterday Awards 2021)

Al via con le candidature

A partire dallo scorso 2 maggio fino al 16 settembre sarà possibile inviare la propria candidatura compilando il modulo disponibile al seguente link: https://www.garmin.com/it-IT/forms/beatyesterday/.

Una giuria interna a Garmin Italia visionerà e valuterà le proposte ricevute così da selezionare, e dunque premiare, i progetti più interessanti e in linea con i valori dei “Beat Yesterday”. L’obiettivo di Garmin Italia è infatti quello di valorizzare un progetto di persone ordinarie che compiono qualcosa di straordinario, dedicando tempo ed energie per riuscire in un’impresa tutta personale che il resto del mondo definisce impossibile.

Ricordiamo infatti che per partecipare non è necessario possedere particolari caratteristiche o doti sportive. Chiunque può presentare la propria avventura. Nessun limite creativo al progetto, nessun vincolo alla disciplina, nessun obbligo di un format da adottare a tutti i costi. Viene lasciato ampio spazio all’originalità, alla singolarità ma soprattutto alla autenticità. L’invito che arriva da Garmin è uno solo: migliòrati!

Orgoglio Garmin

Stefano Viganò, Amministratore Delegato di Garmin Italia, è da sempre un convito sostenitore dei “Garmin Beat Yesterday Awards”.

«Siamo davvero molto orgogliosi di tornare ad affiancare chi ha grandi sogni nel cassetto – racconta – con i nostri Beat Yesterday Awards vogliamo contribuire alla loro realizzazione, perché una sfida è tale se richiede quella dedizione che porta a superare un limite. In questo assunto, lo spirito che anima il premio coincide con la storia e i valori della nostra azienda: desiderio continuo di miglioramento, sfida con sé stessi e realizzazione di qualcosa che fino a quel momento si era ritenuto impossibile». 

Stefano Viganò, Amministratore delegato di Garmin Italia (foto Garmin_Beat Yesterday Awards)
Stefano Viganò, Amministratore delegato di Garmin Italia (foto Garmin_Beat Yesterday Awards)

L’ispirazione di Baldini

Ispiratore e tutor del progetto Beat Yesterday è Stefano Baldini (foto apertura Garmin_Beat Yesterday Award). Il protagonista dell’indimenticabile vittoria nella maratona alle Olimpiadi di Atene 2004 è oggi un riferimento assoluto per generazioni di podisti. Ricordando la sua vittoria a cinque cerchi ha voluto indirettamente lanciare un messaggio a quanti vorranno inviare la propria candidatura per l’edizione 2022 dei “Garmin Beat Yesterday Awards”.

«Ricordo perfettamente quel giorno. L’ingresso allo stadio, illuminato a giorno e pieno di gente, è stato un momento impagabile. Uno schiaffo che mi ha tolto tutta la concentrazione. Sul mio viso lo stupore per quello che stava accadendo. Mi sono stupito di me stesso: avevo avuto la mia grande occasione e non l’avevo sprecata, ero riuscito a superare i miei limiti nella gara più importante. Ognuno di noi può avere davanti a sé l’occasione per battere sé stessi». 

Garmin