Wellens un falco: attacca sul falsopiano e piomba su Carcassonne

20.07.2025
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CARCASSONNE (Francia) – «Negli ultimi cinque chilometri era nervoso, cercavo di tranquillizzarlo quando era ormai chiaro che aveva vinto». Simone Pedrazzini è quasi più felice di Tim Wellens quando scende dall’ammiraglia della UAE Emirates. Oggi era il diesse in seconda ed è toccato a lui stare sulla fuga.

Il campione belga ha vinto a Carcassonne con una fuga solitaria di ben 43 chilometri. Ha regalato allo squadrone emiratino la quinta vittoria in questo Tour de France e soprattutto è entrato nel club dei vincitori di tappa in tutti e tre i Grandi Giri. Un club ora forte di 113 corridori. E lo ha fatto in un giorno che, se non è stato da tregenda, poco ci è mancato. La media folle nelle prime due ore, la caduta di Lipowitz e Vingegaard all’inizio. E anche quella di Alaphilippe, che sembrava lì per tirarsi fuori e poi invece è finito terzo. Qui sono sempre emozioni e batticuore.

Pedrazzini gongola

«Questa vittoria, o meglio questa fuga – racconta Pedrazzini mentre si abbraccia con gli altri dello staff – non era prevista. Tutto è nato strada facendo. Avete visto come è andata la tappa? Tanto caos, almeno nelle fasi iniziali. Tra l’altro, davanti la Visma-Lease a Bike aveva piazzato Victor Campenaerts, quindi Tim è andato».

A quel punto, come si dice in gergo, si è fatta la conta. Si è valutata la situazione. Tutto sommato, dietro Pogacar era tranquillo e ben coperto, e allora perché non lasciare spazio a questo corridore che è sempre molto generoso? Tra l’altro, è uno dei più stretti amici proprio di Tadej Pogacar. I due si allenano insieme a Montecarlo. E a volte è lo stesso papà di Wellens a fargli fare dietro motore.

«Quando abbiamo valutato la situazione – riprende Pedrazzini – e visto che tutti stessero bene, ci abbiamo provato. Ma per come è andata, è stato un vero numero di Tim. Quando sono uscito ad arrivare su di lui, gli davo giusto i distacchi e le borracce. Cosa gli dicevano i ragazzi per radio? Purtroppo nulla: erano troppo lontani e non riuscivano a parlargli. Però so che si tenevano informati. E’ stata una grande giornata per noi».

Spesso è Wellens il primo a testare le novità tecniche. La corona grande che ha usato sembra fosse nuova e con una dentatura più grande
Spesso è Wellens il primo a testare le novità tecniche. La corona grande che ha usato sembra fosse nuova e con una dentatura più grande

Bravo Tim

Quando Tim Wellens entra in mixed zone è felice, quasi timido. Ha gli occhi di ghiaccio solo nel colore. In realtà è di una dolcezza unica. Parla quasi a bassa voce.

«Penso di essere la persona più felice sulla Terra in questo momento – ha raccontato Wellens – E’ una bellissima vittoria ed è un grande orgoglio per me, per i miei compagni e credo anche per il Belgio, visto con che maglia ho vinto». Tra l’altro, domani – secondo giorno di riposo – è anche la Festa Nazionale Belga».

Pedrazzini ha ragione quando dice che il numero se lo è inventato del tutto Wellens. E’ sembrato, in parte, di rivedere il campionato nazionale belga di qualche settimana fa, che lui ovviamente aveva vinto. Tanti scatti e controscatti, tanto caos e una lettura di corsa ineccepibile.

«L’obiettivo – ha detto Wellens – non era proprio quello di entrare nella fuga, ma una volta che mi ci sono ritrovato, la squadra mi ha dato il permesso di tentare. Ho pensato proprio di attaccare in quel momento. Avevo visto che c’era quel falsopiano dopo la salita e quindi ho provato ad attaccare lì. Era un buon punto per poter provare a fare la differenza. Mi sentivo davvero bene, non stavamo pedalando a tutta. Ad un certo momento, proprio perché stavo bene, ci ho anche provato prima della salita, però non ero convinto, perché in quel momento mancava davvero tanta, tanta strada. Quindi ho atteso il falsopiano.

«Se era più facile scappare in salita? Forse, ma non volevo dimostrare quanto stessi bene. Notavo che Campenaerts stava pedalando sciolto e forse pensava di fare quel che ho fatto io. Ma sono partito prima io… in cima credevo che rientrasse. Poi c’era anche una curva molto stretta verso destra – un vero e proprio tornante che immetteva su una strada più grande, il falsopiano di cui parla Tim – e loro erano a sinistra. Io a destra l’ho preso più forte. Poi però non è stato facile, perché per diversi chilometri ce li ho avuti a 10”. Solo quando ho superato i 20” le cose sono migliorate».

I racconti dei corridori sono eccezionali. Chilometri, Gpm, salite e poi magari a fare la differenza, su una tappa di 170 chilometri, è l’ingresso in una curva.

Amore, amicizia e vittoria

Ancora Wellens: «Ho parlato un po’ con Victor Campenaerts un paio di minuti fa prima di entrare qui in mix zone. Lui mi ha detto che avevo gambe così buone perché sono innamorato! Forse è vero: anche nella vita privata è un buon momento e questo si riflette anche in gara».

«Cosa mi passava per la testa? Pensavo solo a spingere e a non perdere il ritmo. In squadra c’è un bel feeling, so che i ragazzi e Tadej sono stati molto contenti per me. Scambierei subito la mia vittoria di tappa con la maglia gialla di Tadej a Parigi. Oggi si è creata questa opportunità e va bene, ma siamo tutti qui per Pogacar. Ci sono ancora due giorni molto difficili. L’altro giorno Tadej è caduto e questo ha costruito una situazione molto tesa. Nonostante questo abbiamo continuato ad attaccare, ma abbiamo sofferto molto tutti. Anche oggi, non avevamo intenzione di soffrire, ma ci sono cose che non possiamo controllare. Per questo dico che ci aspettano giorni difficili e che dobbiamo sempre essere vigilanti».

Come accennavamo, Tadej e Tim sono parecchio amici. In corsa Pogacar voleva essere aggiornato sull’azione del compagno e all’arrivo ha gioito.

«Sono davvero felice per lui – ha detto lo sloveno – Tim lavora duramente per mantenere questa maglia gialla. Mi ha aiutato negli ultimi anni nelle classiche, si è sacrificato per me, anche durante gli allenamenti. Ora, che vinca il Tour, è fantastico per la squadra. Ha colto l’occasione. Sono più felice per lui che quando vinco una tappa io».

Niente recon e distacchi sotto controllo: Almeida re dello Svizzera

23.06.2025
6 min
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Alla fine ce l’ha fatta. Joao Almeida ha vinto il Tour de Suisse. Con tenacia, con costanza, come una formichina, il portoghese della UAE Emirates si è messo sotto dopo il pasticcio della tappa iniziale e, negli ultimi 10 chilometri contro il tempo della corsa elvetica, ha ribaltato la situazione.

Kevin Vauquelin però è stato un avversario fiero. Inaspettato, ma altrettanto tenace. Finché ha potuto, ha lottato e, diciamolo pure, ha anche fatto tremare Almeida… e non solo lui. «Alla fine sì, sono deluso, ma la UAE ha mezzi più potenti dei nostri», ha sentenziato il giovane francese.

Almeida in azione nella crono di Stockhutte, dove ha rifilato 24″ a Felix Gall e 1’10” ad Oscar Onley
Almeida in azione nella crono di Stockhutte, dove ha rifilato 24″ a Felix Gall e 1’10” ad Oscar Onley

Non mollare mai

Chi invece è stato davvero uno squalo – e lui stesso ci aveva detto di essere venuto qui per vincere – è stato proprio Almeida.
Ha iniziato la rimonta quasi senza pensarci, ma con l’intento di riscattarsi conquistando le tappe. E così eccolo: l’assolo dello Spluga, la volata di Santa Maria in Calanca e la vittoria di Emmetten prima dell’epilogo di ieri. Ogni giorno tra distacchi e abbuoni rosicchiava qualcosa al leader. Tanto da presentarsi con 33″ di ritardo da Vauquelin. Non male per come si era messa: 3’22” di ritardo dopo la prima frazione.

«E’ stata una lunga strada, nella quale un errore poteva costarci caro – racconta Almeida – Per fortuna non ne abbiamo fatti più dopo l’inizio e siamo riusciti ad arrivare fino in fondo. Ma anche quando ho perso tre minuti, non credo che avessimo sbagliato tanto.
«La squadra è stata incredibile, abbiamo fatto un lavoro perfetto, abbiamo lottato per la vittoria, non ci siamo mai arresi, ci abbiamo sempre creduto. Alla fine è stata una vera lezione: non bisogna mai arrendersi. A volte le cose vanno male, niente è mai perfetto. Bisogna solo continuare a provare. Noi abbiamo continuato a farlo e ci siamo riusciti.

«E adesso? Mi godrò questa vittoria al massimo. E poi sarò pronto per il Tour de France e per supportare Tadej Pogacar. Spero che avremo altri successi».

Simone Pedrazzini è nel gruppo UAE dal 2014 (quando era ancora Lampre)
Simone Pedrazzini è nel gruppo UAE dal 2014 (quando era ancora Lampre)

Pedrazzini racconta

Tra i fautori di questa bella rimonta c’è Simone Pedrazzini, il direttore sportivo della UAE Team Emirates in questo Tour de Suisse.

«L’abbiamo ripresa per i capelli – racconta Simone – Siamo partiti così, con quella tappa in cui abbiamo perso terreno. Può succedere. Il problema è che non eravamo sicuri di recuperare, il percorso non era particolarmente selettivo. Di arrivi con salite lunghe, esclusa la crono di oggi (ieri per chi legge, ndr), non ce n’erano. E invece Joao, un giorno qua e uno là, è riuscito a recuperare tutto».

Eppure Pedrazzini ammette che loro ci hanno sempre creduto, Almeida soprattutto. Ma rimontare oltre tre minuti e passa non era affatto scontato. Anche prima della cronoscalata la certezza non era assoluta.

«Sì, ci credevamo, ma non eravamo sicuri al 100 per cento. Vauquelin è un buon cronoman, basta vedere i suoi risultati. Ma si trattava di una cronoscalata e questo ci poteva favorire. Ipotizzavamo di potergli rifilare un minuto, alla fine è stato 1’40”».

Lo aveva detto Vauquelin prima della crono: voglio svenire, voglio dare tutto. Ha chiuso 4° a 1’40” da Almeida
Lo aveva detto Vauquelin prima della crono: voglio svenire, voglio dare tutto. Ha chiuso 4° a 1’40” da Almeida

Niente recon

L’approccio di Almeida alla crono è stato quantomeno insolito. In un ciclismo in cui si studia tutto, Pedrazzini racconta che il portoghese non ha fatto la ricognizione. E anche per il pacing si è scelta un’altra strada.

«E’ stata una mattina abbastanza tranquilla – dice il tecnico – Joao non ha voluto neanche vedere il percorso. Ha preferito riposare. I primi 4,6 chilometri li aveva già visti con l’arrivo di ieri. Per quanto riguarda il pacing e l’impostazione della crono, noi abbiamo David Herrero. E’ lui l’addetto che analizza tutto, che dà le indicazioni ai corridori anche sui materiali, che spiega il percorso…».

E proprio riguardo alla gestione dello sforzo e al passo sono curiose le parole di Almeida: «Non ho regolato bene il mio sforzo all’inizio e alla fine, non avevo più benzina per dare il massimo nell’ultimo chilometro ma è stato sufficiente. Ho fatto una salita davvero bella, mi sentivo davvero bene. In alcuni punti, ho pensato che il mio misuratore di potenza fosse mal calibrato, perché mostrava valori più alti del solito. Quindi sì, sono davvero super contento».

«Joao – riprende Pedrazzini – ci ha messo del suo. Il mix delle due cose, le indicazioni di Herrero e le sue gambe, ha portato alla crono che abbiamo visto. Sapete, nel ciclismo moderno non è più tanto il diesse che influisce sulla crono, ma altri. Il diesse gestisce la giornata, fa sì che tutto funzioni bene».

Il podio finale del Tour de Suisse 2025: 1° Joao Almeida, 2° Kevin Vauquelin e 3° Oscar Onley
Il podio finale del Tour de Suisse 2025: 1° Joao Almeida, 2° Kevin Vauquelin e 3° Oscar Onley

Quei due intermedi…

Una giornata ben organizzata parte anche da dettagli apparentemente banali: come il bus parcheggiato correttamente per esempio, viste le difficoltà logistiche, e tutto predisposto nel modo giusto. La riunione con Herrero è stata fondamentale, ma anche il supporto degli altri ragazzi della squadra.

«Un altro aspetto da non sottovalutare – continua Pedrazzini – è che una crono così, a fine giro, in pochi la fanno a tutta. Per noi era importante motivare tutti. Saper fare bene una crono è qualcosa che serve anche in futuro e devo dire che i ragazzi sono stati bravi nonostante il giorno prima avessero preso aria per 160 chilometri. E comunque averla fatta con impegno ha permesso che nei primi chilometri ci fossero piccole indicazioni utili per Joao, tipo una doppia curva, il ciglio del marciapiede più alto nei primi 700 metri che erano veloci. E questo è uno stimolo. Sanno che possono aiutare il capitano».

La UAE Emirates non ha lasciato nulla al caso. La corazzata ha predisposto tutto al meglio lungo il percorso.

«Per radio – conclude Pedrazzini – parlava Herrero. Come detto, è lui che fa i calcoli ed è giusto che fosse lui a dare le indicazioni. Indicazioni che servono a non arrivare in croce nei momenti topici. Almeida sapeva sempre i distacchi, non solo all’intermedio ufficiale. Avevamo organizzato per conto nostro altri due punti di cronometraggio: uno ai due chilometri e uno ai sette, oltre a quello dei 4,6 chilometri. Ecco, questo fa parte delle mansioni del diesse.

«Tornando ai distacchi, già dopo due chilometri – i più favorevoli a Vauquelin – Almeida aveva 11″ di vantaggio. Questo ha significato molto. Così come l’aver preso Alaphilippe… per carità, lui non è uno specialista, ma in una cronoscalata averlo a vista per oltre un chilometro è stato un riferimento in più. Anche per il morale».

Alla Parigi-Nizza intanto “riscrivono” la cronosquadre

07.03.2023
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Tra poche ore alla Parigi-Nizza si corre una cronosquadre che in qualche modo è già nella storia. Diversamente dalle solite volte, il tempo infatti sarà preso sul primo atleta e non sul quarto. Il che è una rivoluzione sostanziale. Come verrà affrontata? Ne abbiamo parlato con Simone Pedrazzini, direttore sportivo della UAE Emirates di Tadej Pogacar.

Simone Pedrazzini (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della UAE Emirates. E’ in questo gruppo dal 2014
Simone Pedrazzini (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della UAE Emirates. E’ in questo gruppo dal 2014

Cronosquadre vera?

La tappa in questione sarà la terza di questa Parigi-Nizza. E’ un anello di 32,2 chilometri con partenza e arrivo a Dampierre-en-Burly, nel cuore della Loira, ma sarebbe meglio dire della Francia (è quasi al centro geografico della Nazione). Il suo percorso è pianeggiate o leggermente vallonato.

In molti, tra cui un grande della specialità come Stefan Kung, hanno detto che non è una vera cronosquadre.

In realtà non è proprio così, secondo noi… e anche secondo quel che ci ha detto Pedrazzini. In primis perché il primo atleta che taglia il traguardo dà il tempo a tutta a la squadra, in una sorta di tutti per uno e uno per tutti, e poi perché comunque bisognerà correre compatti ugualmente. Magari cambierà un po’ la tattica, quello sì.

Simone, cosa vi sembra questa crono?

Noi abbiamo fatto la ricognizione venerdì scorso. Siamo partiti appositamente un giorno prima per venire a vederne il percorso. Abbiamo cercato di visionarlo al meglio che potevamo per non lasciare nulla al caso.

UAE Emirates sta cambiando marcia in quanto ai materiali. Anche ieri alla Tirreno in una crono per super specialisti ne avete piazzati due nei primi sette. La ricognizione è servita anche per scegliere i materiali?

Sì, ci stiamo lavorando parecchio, ma sono lavori che richiedono tempo per avere determinati risultati. Però vediamo che i ragazzi sono contenti, hanno fiducia in questi materiali. Vedono che sono buoni e quindi si sentono più sicuri e motivati. Poi per noi della UAE Emirates era importante migliorare in una specialità in cui fino ad oggi avevamo fatto fatica… Tadej a parte!

Veniamo al nocciolo della questione: il tempo sarà preso sul primo e non sul quarto. Quindi si corre apertamente solo per il leader?

In realtà con il fatto che il tempo si prende sul primo ci aspettavamo un arrivo ben più duro, ma così non è. Noi non crediamo che poi alla fine arriverà realmente un solo corridore. Immaginiamo ne possano arrivare anche tre. Si tratta di un percorso veloce, anche nel finale e non so quanto realmente potranno fare la differenza corridori da soli. 

La Jumbo-Visma è favorita. Magari Affini (qui in testa), a 14″ da Pedersen, nel finale potrebbe dare una “botta” e conquistare la leadership
La Jumbo-Visma è favorita. Magari Affini (qui in testa), a 14″ da Pedersen, nel finale potrebbe dare una “botta” e conquistare la leadership
La vostra tattica?

Per dire, Tadej non si risparmierà. Lui e i ragazzi, soprattutto, lavoreranno in base alle loro possibilità. Poi magari ci sta che nel finale Pogacar dia un’accelerate delle sue e che resti da solo. Ma questo avverrà non per una scelta tattica.

Voi oggi sapete tutto dei vostri atleti, specie prima di una crono. Sapete che quel corridore può stare a 400 watt per un tot di chilometri o a 500 watt per un tot secondi. Avete già un’idea di chi tirerà, di come sarà gestito lo sforzo?

I dati li abbiamo, ma non pensiamo ad una crono per uno solo. La prestazione arriverà restando compatti. Lo sforzo sarà molto intenso per tutti, poi negli ultimi 500 metri chi ne avrà di più andrà avanti. Occhio però anche ai dati. Siamo già al terzo giorno di corsa. Veniamo da due tappe non impossibili, ma molto combattute: è diverso da una cronosquadre al primo giorno. I ragazzi pedaleranno anche in base alle loro sensazioni del momento. Dovranno gestirsi.

La gestione è fondamentale, anche perché la crono non è così corta…

E anche se noi, in base ai dati che abbiamo, diciamo a uno che deve tirare per 30” ma può farlo per 15”, la sua crono durerà molto. Si squilibra tutto e cala la resa.

Dopo l’arrivo, ieri Pogacar ha fatto il defaticamento sui rulli con la bici da crono (foto Instagram)
Dopo l’arrivo, ieri Pogacar ha fatto il defaticamento sui rulli con la bici da crono (foto Instagram)
Hai detto che probabilmente arriverà più di un corridore, ma la gestione degli atleti come sarà? È ipotizzabile che chi deve arrivare davanti, ai -3 chilometri salti qualche cambio e quell’atleta o due che danno tutto prima possano staccarsi? O vedremo un’impostazione più tradizionale?

Come detto l’obiettivo è restare uniti e in tanti più a lungo possibile per fare più velocità. L’organizzazione ha previsto una media oraria di 54-55 all’ora e anche noi crediamo si viaggi su quelle velocità. In più non dovrebbe piovere e non dovrebbe esserci un grande vento. Quindi più si sta compatti e meglio è.

I corridori ti sembrano interessati a questa nuova formula?

Beh, quando c’è Tadej in corsa tutti danno il 200%. Lo vediamo sempre. Anche in questi primi due giorni si sono impegnati al massimo per gli sprint intermedi (Tadej ha guadagnato 12″ in tutto, ndr), andando a caccia di abbuoni che potrebbero essere decisivi per la corsa. Di certo vorranno dare tutto anche oggi. Non partiamo da favoriti, ma vogliamo fare una crono al meglio delle nostre possibilità.