Il mondo della perfetta scalatrice. A tu per tu con Gaia Realini

18.12.2023
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CALPE (Spagna) – Gaia Realini è una di quelle atlete che fa quasi paura quando ti guarda negli occhi. La sua determinazione è totale. L’abruzzese è forse la scalatrice più pura del circus femminile. E proprio su questo tema insistiamo con lei. Un viaggio tecnico nel modo di una scalatrice appunto. Una scalatrice non solo per i numeri (150 centimetri per 39-40 chili), ma anche per la testa.

Dopo lo stop invernale, la portacolori della Lidl-Trek sembra aver recuperato benone. «Le pile – dice Realini – sono state ricaricate. A distanza di un anno posso dire di essere cresciuta un po’, soprattutto se guardo all’anno ancora prima. Non mi aspettavo di fare la stagione che ho fatto. La squadra non mi ha messo pressione e mi ha fatto lavorare in tranquillità, facendomi godere gara per gara e dandomi le mie opportunità. Tutto ciò mi ha fatto crescere tantissimo».

Gaia Realini (classe 2001), a destra, in allenamento sulle strade spagnole con le compagne (immagine Instagram)
Gaia Realini (classe 2001), a destra, in allenamento sulle strade spagnole con le compagne (immagine Instagram)
Gaia, sei la scalatrice perfetta: potente e leggera. Eppure questa figura sia tra le donne che tra gli uomini si sta perdendo?

Di certo è sempre più in difficoltà. Ci sono meno occasioni, come negli uomini. La figura dello scalatore puro anche nel mondo femminile sta andando in secondo piano. Serve e non serve, perché comunque le nostre gare non hanno così tante salite lunghe. Anche nei tapponi al massimo sono due.

Una figura in fase di rivoluzione dunque…

E’ chiaro che se uno nasce scalatore puro diventare velocista è impossibile, però è chiamato a diventare un po’ più completo. Se in pianura può nascondersi in qualche modo, deve imparare a difendersi in una volata un po’ ristretta. Quest’anno ho vissuto il mio momento clou, nella volata con Van Vleuten e l’ho battuta alla Vuelta Feminina. Però lì eravamo in 3-4 quindi è tutto da vedere. Tornando al discorso dello scalatore puro, diciamo che lo vedi anche dall’attenzione che dedica al cibo, ma anche ad altre cose nella vita. Insomma, tende a fare cose un po’ diverse rispetto alle altre.

Hai parlato di cibo e differenze. Per esempio tra te e una velocista cosa cambia? Chiaramente andiamo a cercare il capello nell’uovo…

Tra me scalatrice e una velocista, qualche differenza c’è. Una scalatrice va a battere sempre sullo stesso punto, cioè va a limare sui grammi e, come su altre cose, punta sul minimo indispensabile. Partendo dalla bici, ma anche dall’alimentazione appunto, dal vestiario…

Insomma, lo scalatore è un po’ più fissato…

Esatto, magari un velocista se deve mangiare o portarsi dietro qualche grammo in più lo fa senza problemi, lo scalatore o la scalatrice no. Secondo me cambia anche molto la mentalità tra lo scalatore e il velocista.

Possiamo capirti. C’era chi chiedeva di bucare il reggisella o forare il manubrio per ridurre il peso della bici…

Sono sempre in sfida con me stessa. Mi dico: «Fino a quel cartello l’altra volta ci ho messo undici minuti e quattro secondi. Oggi anche per un solo secondo però devo battere quel tempo». E anche queste piccolezze, secondo me, dicono molto dell’essere uno scalatore. Ma poi in corsa secondo me noi scalatori ce lo ritroviamo questo spirito, questo piglio. Nella testa dello scalatore c’è sempre la voglia di soffrire un po’ di più.

Gaia è sempre molto attenta per quel che riguarda l’alimentazione anche in corsa
Gaia è sempre molto attenta per quel che riguarda l’alimentazione anche in corsa
Scommettiamo che ogni volta che fai un allenamento, anche di scarico ci butti dentro una salitella, vero? 

Assolutamente sì! Non lo nego. Magari un cavalcavia breve, ma c’è.

Hai una cadenza preferita? Quella che ti mette a tuo agio o dalla quale capisci che sei in forma?

Essendo una scalatrice pura, tendo ad andare con il rapporto pieno. Fuori sella, soprattutto. E infatti ogni tanto mi rimproverano. Mi dicono e mi chiedo: «Perché non vai più agile, così salvi la gamba per il finale?». E su questo aspetto hanno ragione, magari la gamba sarebbe un filo meno dura e affaticata. Quindi è un rimprovero che accetto, però dopo tutti questi anni ho preso il vizio e non è facile da togliere.

E in numero di rivoluzioni?

Dipende anche dalla salita. Quando è lunga, tipo quella al UAE Tour, viaggiavo sulle 80 rpm, poi quando mi hanno detto di iniziare a scremare il gruppo mi sono messa fra le 85 e le 90 rpm. Pertanto ero anche abbastanza agile. Quando invece ci sono tratti più ripidi preferisco stare sulle 70-75 rpm. Insomma avere una pedalata piena.

Se è così, davanti preferisci delle corone grandi, vero?

Sì, più il 39 che il 36. Ho la guarnitura 52-39 e mi piace. Qualora devo essere più agile preferisco aumentare i denti dietro, ma tenere il 39. Se poi un giorno andrò alla ricerca del 36, vedremo come come fare.

Un po’ per la sua statura e un po’ per il suo pedalare in punta, Gaia utilizza il reggisella con l’offset in avanti
Un po’ per la sua statura e un po’ per il suo pedalare in punta, Realini utilizza il reggisella con l’offset in avanti
Che ruote preferisce una scalatrice come te?

Ad ogni gara i meccanici sono a nostra completa disposizione. Il giorno prima ci chiedono cosa preferiamo sia per le ruote che per la bici, la pressione delle gomme. Siamo dunque noi atlete che scegliamo il setup. Data la mia statura e il mio peso opto sempre per le ruote con profilo da 37 millimetri.

Profilo che una volta era medio, ma adesso in pratica è quello basso…

Esatto, io con questo profilo mi sento a mio agio. Anche in pianura. Perché basta che ci sia un po’ di vento e con il profilo più alto mi sento a disagio. Certo, se poi capita una giornata totalmente senza vento e una tappa tutta piatta, magari uso anche le ruote da 52. Ma al UAE Tour, per esempio, anche se di pianura ce n’era tanta, il vento non mancava e per questo utilizzavo sempre le 37.

E al profilo differenziato ci hai mai pensato: 52 posteriore, 37 anteriore?

A me non è mai capitato. Forse solo in un paio di gare ho usato il profilo da 52.

Prima, parlando del UAE Tour, hai detto una cosa interessante: come è variata la tua potenza dal momento in cui hai iniziato a fare il forcing per scremare?

E’ una domanda a cui non so rispondere, perché in corsa non guardo i watt. In allenamento sì. Anzi, bisogna allenarsi con i watt. Il preparatore ti dà lavori e valori e li devi rispettare, ma in gara preferisco non avere questo dato sotto controllo. Nella prima pagina del mio computerino non ci sono i watt. Se quel giorno stai male, ti fai influenzare. O magari fai i tuoi best power e ti esalti. 

Realini non ama controllare troppo i dati in corsa, ma saggiamente registra tutto
Realini non ama controllare troppo i dati in corsa, ma saggiamente registra tutto
Insomma in corsa si va sensazione…

Sono concentrata sulla gara, su me stessa. Mi ricordo, per esempio, la tappa del Giro Donne quando è caduta Elisa (Longo Borghini, ndr). Ebbene, in quella frazione Van Vleuten tirava ma era al gancio, io ero al gancio ancora di più. Mi è andato l’occhio sul computerino che era rimasto su una schermata che non uso spesso e ho visto un wattaggio esagerato. Ero già fuori di molto e non mancava poco. Quindi mi sono detta: «Togliamolo del tutto. Mi concentro solo sulla sua ruota». E lo stesso in certi frangenti vale per i battiti del cuore. Alla fine non puoi rallentare perché sei fuori soglia. No, è una gara e in gara devi soffrire. Devi superare i tuoi limiti.

Però magari prima della bagarre, nelle prime fasi, ti aiuti con il computerino, i watt… per gestirti, magari anche per l’alimentazione?

Solo in parte. Io comunque ho i miei tempi di alimentazione. Ogni “tot tempo” mi alimento, mangio, bevo… 

La tua bici perfetta è?

Sicuramente leggera! Poi anche pulita.

Hai apportato dei cambiamenti? Oggi si tende a portare la sella molto in avanti…

Quella io ce l’ho sempre avuta piuttosto avanti. Ho una pedalata molto in punta di sella. Non so se sia un vizio.

O qualcosa che viene dal cross?

Probabile, sì. Però diciamo che quando sono lì concentrata, tendo a mettermi in punta di sella e a pedalare a testa bassa.

Strada stretta e pendenze che sfiorano il 16%: il Gavia potrebbe essere una salita ideale per Realini
Strada stretta e pendenze che sfiorano il 16%: il Gavia potrebbe essere una salita ideale per Realini
Pochi giorni fa è stato presentato il Giro Donne, e tra le scalate c’è anche il “tuo” Blockhaus…

Non solo, si farà tappa anche a Pescare e L’Aquila, per cui il Giro finirà proprio nel mio Abruzzo. Non conosco i programmi della squadra, ma non alzerò la mano per esserci: sono una ragazza che dove la metti dà il massimo. Quindi farò quello che che mi diranno.

Il Blockhaus lo consoci?

Lo conosco? Sono lì tutti i giorni in allenamento. Dove troviamo Gaia? Sul Blockhaus!

Se un giorno scoprissi che al Giro hanno previsto una tappa con Gavia e Stelvio. O Gavia e Mortirolo saresti contenta?

Contentissima, ho l’emozione per tutto il corpo solo a sentirla una cosa del genere. Sono salite che per ora sono soltanto nell’ambito maschile. Grandi salite, grandi arrivi: sarebbe bellissimo se un giorno capitasse anche a noi donne.

E i nomi di queste cime li leghi a qualche campione in particolare? O anche ad un tuo ricordo?

Campioni no, ma due anni fa ero in ritiro a Livigno. Ero da sola, dovevo fare un lungo. Era l’occasione giusta: nessuno che mi rompeva le scatole, che mi diceva cosa fare e come. Quindi in una giornata mi sono fatta Gavia e Stelvio. Oltre 5.000 metri di dislivello. Quei nomi li associo a quel giorno bellissimo. Io e la mia bicicletta. Passarci in corsa… un sogno.

La salita, la forza, i sogni: a tu per tu con Erica Magnaldi

31.12.2022
5 min
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Erica Magnaldi è una delle scalatrici più forti del panorama internazionale e di sicuro una delle migliori in Italia. Quella del 2022 è stata una buona stagione, anche se forse le è mancato l’acuto. Però è cresciuta. E’ stata costante. Il primo anno di WorldTour non è così semplice alla fine.

L’ex sciatrice di fondo ci ha dedicato del tempo e con lei si è parlato, tra le altre cose, anche del ruolo della scalatrice. Figura tanto amata quanto coinvolta in un periodo storico particolare. Tra gli uomini gli scalatori puri iniziano a scarseggiare. E’ così anche tra le donne? Sentiamo cosa ci ha detto l’atleta della UAE Adq.

Erica Magnaldi (classe 1992), qui durante l’intervista, si appresta ad iniziare la sua sesta stagione da pro’
Erica Magnaldi (classe 1992), qui durante l’intervista, si appresta ad iniziare la sua sesta stagione da pro’
Erica, che stagione è stata quella appena finita?

E’ stata una stagione con degli ottimi risultati, sia individuali che di squadra e sicuramente una bella prima stagione con questa nuova squadra. Sono fiera di aver portato questi colori e di continuare a farlo anche nel 2023. Ma è stata anche una stagione conclusa con largo anticipo, perché ho deciso di affrontare un intervento chirurgico a fine agosto. Mi sono operata all’arteria iliaca per risolvere un problema. Ci ho dovuto convivere tutto quest’anno e molto probabilmente anche in passato. 

Cosa significa convivere?

Ho dovuto gestire questa situazione durante le gare, correre in maniera un po’ diversa. Spesso non potevo esagerare, fare dei grossi fuori giri in quanto sapevo che non avrei tenuto per via della gamba. Però, nonostante questo, sono riuscita comunque a togliermi delle belle soddisfazioni. 

In ottica 2023, questo intervento potrà cambiare molto. Immaginiamo ti possa dare fiducia… 

Sicuramente. Aver deciso di fare l’operazione è stato proprio per questo. Volevo risolvere completamente questo problema per essere libera. Ero cosciente di quello che ero riuscita a fare, nonostante fossi parzialmente limitata. Poter fare le prossime stagioni al pieno delle mie forze magari mi farà fare un piccolo step. E’ stata un’operazione complessa e può recidivare. Io tra l’altro sono stata particolarmente sfortunata perché ho dovuto farla due volte: al primo tentativo non era stata risolutiva e quindi dopo un mese mi sono dovuta operare di nuovo. E’ stata dura mentalmente. Però sono contenta di esserne uscita e di aver ripreso ad allenarmi. 

Quanto sei stata ferma?

Due mesi e mezzo. Mi è mancata tanto la bici, però l’aspetto positivo è che non ho mai avuto così tanta voglia come quest’anno di allenarmi.

La cuneese ha subito una doppia operazione a fine estate (foto Instagram)
La cuneese ha subito una doppia operazione a fine estate (foto Instagram)
Erica, sei una scalatrice con l’arrivo di un’atleta forte come Silvia Persico come vi gestirete in salita? Immaginiamo che lei avrà un ruolo importante visti i suoi risultati…

Intanto bisognerà vedere quanto tempo ci metterò a ritrovare una buona condizione e come risponderà il mio fisico allo stress importante a cui è stato sottoposto. Immagino che nella prima parte di stagione non potrò essere al 100%, pertanto sarò più che felice di mettermi a disposizione in qualsiasi ruolo la squadra voglia affidarmi, per Silvia e per le altre. Il livello medio della squadra si è alzato molto e abbiamo diverse carte che possiamo giocarci bene. Sono felice di essere una di queste pedine.

Cosa ti aspetti da te stessa?

Se le cose andranno come spero e arriverò bene agli appuntamenti a cui tengo di più, avrò dello spazio anche per me stessa. E gli appuntamenti a cui tengo sono le corse dure, quelle in salita…  quindi i grandi Giri.

Parlando con i tuoi colleghi uomini, si dice che la figura dello scalatore puro stia scomparendo: evoluzione delle preparazioni, dei materiali, dei rapporti… Lo scalatore da 55 chili è ormai una chimera. E’ così anche tra le donne, visto che il livello cresce come tra gli uomini?

Penso che in parte sia così anche tra le donne. Anzi, forse da noi questa cosa si avverte ancora di più. E’ sempre più difficile sperare di staccare tutte su una salita secca e arrivare da sole. E dipende anche dai percorsi. Le occasioni per farlo sono molto poche, si contano sulle dita di una mano. Alla fine sono quelle poche tappe al Giro o al Tour in cui effettivamente si riesce a fare una corsa di grande selezione, proprio perché il livello medio si è alzato molto. Solo nell’avvicinamento alla salita se sei una scalatrice pura e magrolina, se non hai i watt, la potenza per reggere in pianura… fai tanta fatica. Puoi essere la più forte al mondo in salita, ma se ci arrivi consumata dallo sforzo non puoi esprimerti al 100%.

E se ci fossero stati i vecchi rapporti, tu che sei una scalatrice saresti stata avvantaggiata? Prima il 34 non c’era e la passista-scalatrice riesce a difendersi con l’alta cadenza…

Probabilmente i rapporti più corti avvantaggiano più loro che noi scalatrici, però resto dell’idea che ormai comunque devi essere capace di difenderti su ogni terreno. Bisogna avere una certa potenza di base.

La salita è il terreno preferito dalla Magnaldi. «Per andare forte – dice – non basta solo essere leggere ma serve anche la forza pura»
La salita è il terreno preferito dalla Magnaldi. «Per andare forte – dice – non basta solo essere leggere ma serve anche la forza pura»
A proposito di potenza, ci sembri più tonica, più muscolosa. E’ così effettivamente?

E’ vero, ho lavorato parecchio sulla forza. Io ho iniziato tardi con il ciclismo: quando sono diventata una pro’ avevo già 24 anni. Da quando ho iniziato, anno per anno, ho visto che il mio corpo è cambiato. Già soltanto aumentando la quantità di chilometri ho sviluppato dei muscoli differenti. In più negli ultimi due anni ho introdotto anche la preparazione in palestra e ne ho tratto un gran beneficio.

E’ fondamentale ormai…

E’ così. E’ necessario per poter rispondere agli attacchi, per poter tenere bene in gruppo e non essere al gancio già in pianura. Avere appunto un po’ di watt assoluti è vitale, non conta soltanto un buon rapporto potenza/peso.

Prima hai detto che le tappe per voi scalatrici si contano sulle dita di una mano: e allora qual è il sogno di Erica Magnaldi?

Se dovessi scegliere una corsa mi piacerebbe vincere una tappa. Una di quelle dure del Giro, del Tour. E perché no, magari centrare una top five in classifica generale.