Martinello e Isetti, analisi e sassolini nelle scarpe

22.02.2021
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Gli sconfitti della contesa elettorale, Silvio Martinello e Daniela Isetti, hanno diversi stati d’animo, legati alle diverse aspettative e alla possibilità di vincere che ciascuno a suo modo si era in qualche modo attribuito.

Rischio ballottaggio

Martinello è arrivato secondo a 22 voti da Dagnoni. Sapeva che la sua unica chance sarebbe stata vincere al primo turno. Il ballottaggio sarebbe stato fatale contro Dagnoni, mentre sarebbe stato giocabile contro Isetti. Se da un lato era evidente che gli elettori di Isetti avrebbero dato sostegno a Dagnoni, il contrario non sarebbe stato così scontato.

«In questo momento – dice – c’è la delusione per non aver centrato l’obiettivo, ma insieme la serenità di aver lavorato per il meglio. Abbiamo fatto un gran lavoro, abbiamo parlato di ciclismo e criticità. Sono felicissimo che Norma Gimondi sia diventata vicepresidente, perché non era una cosa scontata. E’ molto preparata e appassionata, chissà che questa esperienza non sia utile per un altro futuro».

Silvio Martinell e Cordiano Dagnoni si sono sfidati al ballottaggio (foto Fci)
Silvio Martinell e Cordiano Dagnoni si sono sfidati al ballottaggio (foto Fci)

L’impronta di Renato

Il dubbio che ti assale, dopo le tante… forchettate fra lo sfidante e il presidente uscente Di Rocco, è che lo stesso Renato a un certo punto abbia manovrato lo spostamento dei voti verso Dagnoni, pur di tagliar fuori Martinello. Le parole di Di Rocco, per cui si può essere soddisfatti per l’elezione di un uomo con un cammino importante in federazione, sono in qualche modo una conferma.

«E’ stata sicuramente un’elezione – conferma Martinello – con l’impronta di Di Rocco. Nel mio intervento ugualmente mi sono sentito di riconoscere il suo spessore e i suoi trascorsi. In ogni caso ora c’è un Consiglio Federale nel pieno dei suoi poteri, che non potrà certo negare le criticità che gli abbiamo mostrato».

Silvio non scappa

E adesso cosa sarà di Martinello, che in una conversazione ha sottolineato come il grande lavoro fatto non debba essere disperso?

«Non so cosa mi riserverà il futuro – dice – di certo non ho intenzione di uscire dal ciclismo, perché credo in questi mesi di aver parlato proprio di ciclismo. Sapevo che non sarebbe stato facile, soprattutto perché non ho mai fatto parte dell’establishment. E’ come alla fine di una corsa, cui hai partecipato sapendo di esserti preparato al massimo. Ho la serenità di aver fatto tutto bene. Ci sono anche gli avversari che fanno la loro corsa e se si viene battuti, occorre riconoscergliene merito».

Eccesso di onestà

Daniela Isetti mostra lo stesso distacco, ma basta guardarla negli occhi per capire che il distacco è davvero relativo.

«Quello che mi scoccia – risponde – è che non sono state mantenute le parole date. Sono stata convinta fino all’esito del voto che avrei potuto farcela, anche se per scaramanzia stavo zitta, dato che tutti mi avevano già attribuito la vittoria. L’unica cosa di cui forse potrei pentirmi è l’essere stata troppo sincera e trasparente, ma rifarei tutto, perché non posso cambiare la mia natura. Così come non posso non rivendicare le mie competenze. Non sono una persona che cova la delusione, ma devo ancora metabolizzare quello che è successo. Mi dispiace solo che la Fci perda un dirigente capace. E comunque l’Assemblea è sovrana e così ha deciso».

Ecco il nuovo Consiglio federale del presidente Dagnoni (foto Fci)
Il Consiglio federale del presidente Dagnoni (foto Fci)

Voto incoerente

Il prossimo nodo da sciogliere per quanto la riguarda è la sua candidatura, proposta da Di Rocco prima di farsi da parte, come rappresentante italiana in seno all’Uci. Proprio questa nomina è stata oggetto di una vibrante obiezione da parte di Dagnoni.

«E’ un po’ presto per dire cosa farò – dice – ma non mi accanisco per avere una carica, come abbiamo visto invece alcuni in questa Assemblea. Unica cosa che ci terrei a sottolineare è che non credo che il risultato della prima votazione sia stata coerente con i valori e il lavoro fatto fin qui. E a chi mi chiede se non fosse possibile confluire sin da subito nel progetto di Dagnoni, risponde che l’ho escluso per una richiesta di riconoscimento dei valori in campo».

Dagnoni presidente, fra progetti e commozione

21.02.2021
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Se c’è un’immagine che più di altre rimarrà negli occhi di chi ha seguito l’Assemblea Generale della Federazione, che ha portato all’elezione di Cordiano Dagnoni alla presidenza, è proprio l’abbraccio fra il presidente e Mario Valentini. Due minuti di una stretta che sapeva di conquista e dolore. Pochi sanno quanto il tecnico umbro sia stato determinante nel tessere la tela che ha portato all’elezione di Dagnoni, ma in quel momento ogni speranza di vittoria era priva di importanza. Ieri sera, infatti, il figlio Mauro si è spento dopo una lunga malattia. Aveva 53 anni.

«Credo che Mario sia venuto – dice Dagnoni a bassa voce – perché sapeva che Mauro ci teneva tantissimo. Eravamo d’accordo che se fossi stato eletto, lui sarebbe stato il mio uomo di fiducia su Roma. E questo ho tenuto a dirlo, nel primo incontro che abbiamo fatto a metà pomeriggio. Questo Consiglio Federale avrà 12 componenti: gli 11 eletti e poi Mauro da lassù».

Elezioni federali
Subito dopo la proclamazione, il nuovo presidente Fci saluta commosso Mauro Valentini (foto Fci)
Elezioni federali
Il saluto di Dagnoni a Mauro Valentini (foto Fci)

Davanti al notaio

Dagnoni è appena stato davanti al notaio per firmare l’accettazione del mandato. Alla vigilia sembrava che tutti i voti dovessero convergere come per un plebiscito sul nome di Daniela Isetti. L’emiliana era la portatrice del programma più articolato, almeno quanto quello di Martinello era ricco di fatti ed elementi che a qualcuno devono essere parsi destabilizzanti. Il programma di Dagnoni era il più magro, con quella concezione della Federazione come un’azienda che lentamente faceva breccia negli ambienti che non hanno mai digerito troppo bene la burocrazia romana.

Via la cravatta

La tensione inizia a scemare ed è il momento dei pensieri in libertà, quelli con la cravatta slacciata. Coloro che hanno provato a fare interviste su programmi e provvedimenti hanno ricavato risposte prevedibilmente vuote.

«E’ un po’ come in una gara su pista – ammette il presidente – come uno dei tre europei che ho vinto sul derny. C’è prima la fase in cui tagli la linea, che dà una gioia effimera. Poi c’è la fase delle premiazioni, in cui capisci ma non del tutto. E poi c’è la fase del giorno dopo, quando ti svegli. Io sono ancora alle premiazioni. Di programmi e il resto si comincerà a parlare da domani».

Con i suoi tre vice: Cazzola, Gimondi e Cazzaniga (foto Fci)
Con i tre vice: Cazzola, Gimondi e Cazzaniga (foto Fci)
Due giorni fa in uno scambio di messaggi, a fronte dei proclami dei rivali, ti dicevi tranquillo.

Mi sentivo che sarebbe andata bene. Partivo dalla consapevolezza di avere buona parte dei voti della Lombardia e già solo per questo gli altri partivano svantaggiati. E poi sapevo che in caso di ballottaggio con Martinello, sarei stato avvantaggiato. Chi avrebbe votato Isetti, non sarebbe confluito su Silvio.

Che cosa secondo te ha convinto i tuoi elettori?

Con il passare delle settimane, ci siamo resi conto che il profilo sobrio che avevamo scelto alla fine stava venendo fuori. Magari all’inizio non ci hanno ascoltato, perché c’era gente che faceva più rumore. Alla lunga però sono emersi i veri valori.

C’è qualcosa che hai letto nei programmi dei tuoi rivali che avresti voluto far tuo?

Posso dire quello che penso? I loro programmi erano troppo lunghi ed elaborati. Noi abbiamo voluto puntare su meno cose. Progetti concreti. Abbiamo scelto di concentrarci su quello che si può fare davvero. Per cui al momento giusto, si potrà partire.

Una firma solenne: il presidente accetta la nomina
Una firma solenne: il presidente accetta la nomina
Con gradualità o tutto insieme?

Anche insieme. Nel mio stile di lavoro c’è da sempre la delega. Se lasci che a lavorare siano diverse professionalità, hai più canali aperti. Invece magari sui progetti più complicati si può agire con tempi diversi.

Inizialmente si disse che Di Rocco fosse dalla tua parte.

All’inizio Renato si era convinto che sia Daniela sia io avessimo il profilo giusto per essere buoni candidati. Alla fine però si è sbilanciato e si è spostato su Isetti e questo mi ha avvantaggiato, perché ha fatto capire quali fossero le forze reali in campo.

Un Consiglio federale con 7 lombardi su 11 eletti: cosa significa?

Un Consiglio a sorpresa. Ma adesso, come ho appena detto a tutti loro, siamo nelle condizioni perfette per dimostrare l’impegno per un’Italia ciclistica unita. Far crescere le regioni meno strutturate della Lombardia è un progetto che merita la massima attenzione.

Il momento in cui Cordiano Dagnoni riceve la chiamata di Ernesto Colnago
Il momento in cui Cordiano Dagnoni riceve la chiamata di Ernesto Colnago

Il telefono squilla, a questa deve rispondere. E’ Colnago. Fra i due c’è una lunga amicizia. Il presidente chiede scusa e si sposta. Dopo tanti anni nel segno di Di Rocco, la Federazione torna ad essere un affare lombardo, ma la sensazione che la mano lunga di Renato non sia del tutto estranea a questa elezione rimane. Andremo avanti tenendoci il buono e lasciando giù ciò che non funziona? La sfida per Dagnoni è appena cominciata.

Liberazione, torna il “Mondiale di primavera”

19.02.2021
4 min
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Torna il Gran Premio Liberazione e questa è già una notizia. Assente dal calendario dal 2018 (vittoria di Fedeli, foto di apertura), la classica romana riservata agli under 23 ritrova il suo posto in calendario grazie al Team Bike Terenzi, che ha raccolto l’eredità della Primavera Ciclistica del mitico Eugenio Bomboni. Nell’immediato dopoguerra, lo storico giornalista de L’Unità costruì un evento ciclistico per dilettanti nel centro di Roma, divenuto presto l’appuntamento principe della stagione per la categoria, mondiali o Olimpiadi a parte. Attraverso le sue strade e soprattutto il suo circuito disegnato intorno alle Terme di Caracalla sono passati tantissimi campioni del pedale. Alcuni hanno vinto, altri hanno incassato le prime delusioni, altri ancora si sono approcciati con quello che sarebbe diventato il loro mondo.

A riportare in vita il Gran Premio è Claudio Terenzi, 51enne titolare di una delle società ciclistiche più grandi e più attive della Capitale, con un’esperienza organizzativa mutuata soprattutto dalle Gran Fondo non solo in regione. La gara romana sarà il primo approccio con il ciclismo su strada di vertice ed è frutto soprattutto dei ricordi dello stesso Terenzi.

Claudio Terenzi, il nuovo organizzatore del Gp Liberazione, con Nibali
Claudio Terenzi, organizzatore del Gp Liberazione, con Nibali

«Due in particolare – racconta – il primo risale al 1977, l’edizione vinta dal britannico Alex Downs e io ero un bambino completamente affascinato dai diversi colori e le diverse lingue di corridori che arrivavano da ogni parte del mondo. Il secondo è datato 1985, quando il Liberazione lo corsi in aiuto a Luigi Orlandi, che venne battuto di pochissimo da un certo Gianni Bugno, con il quale nel tempo siamo diventati grandi amici, tanto che sarà il testimonial dell’edizione della rinascita. Quando gliel’ho proposto mi ha detto: “Che onore!”. Era davvero contento e per uno che ha vinto due mondiali “veri” è la dimostrazione di quanto quella gara conti davvero nella vita di un ciclista».

Ripartire in un anno così organizzativamente difficile segna un po’ una controtendenza…

Effettivamente l’impegno è grande e ci costringe a tenere sotto controllo ogni aspetto, ma siamo fiduciosi, tanto che abbiamo pensato di abbinare anche un appuntamento per allievi e junior, in modo da dare incentivo anche ai più giovani a partecipare prima della prova più importante, restando poi ad assistere alle gesta dei più grandi. Chiaramente dovremo commisurare il tutto alla situazione sanitaria esistente al momento.

Il percorso di Caracalla per quest’anno rimane, con il giro di boa alla Piramide Cestia
Il percorso di Caracalla con il giro di boa alla Piramide Cestia
Sarà un evento in linea con la tradizione del Liberazione, che portava sulle strade romane sia le società italiane che le nazionali estere?

L’obiettivo è quello, riportare il Gran Premio ai fasti che lo avevano contraddistinto, non per niente era chiamato il “Mondiale di primavera”. Il problema è legato agli spostamenti e ai collegamenti fra le varie Nazioni. Abbiamo finora ricevuto richieste di partecipazione da parte di società straniere e forse per quest’anno manterremo la formula di partecipazione legata ai club, ma appena la situazione sarà più tranquilla, torneremo alla tradizione.

Che ricordi ha di Bomboni?

L’ho conosciuto nei suoi ultimi anni di attività, aveva ancora uno spirito battagliero a dispetto degli anni. Bomboni ha avuto il merito di alimentare nel tempo un appuntamento che non smetteva mai di crescere, divenendo un appuntamento irrinunciabile per Roma. Sicuramente era un personaggio molto originale che viveva di ciclismo.

Eugenio Bomboni è stato l’ideatore e l’anima della corsa
Eugenio Bomboni è stato l’ideatore e l’anima della corsa
E’ difficile organizzare un evento come il Liberazione?

Tutti mi dicono di sì, ci stiamo già accorgendo che una simile macchina organizzativa richiede un impegno quasi quotidiano a due mesi dalla sua organizzazione, che va crescendo in maniera esponenziale. Devo dire però che la nostra esperienza mutuata dalle Gran Fondo ci aiuta. Faccio un esempio per spiegarmi: nel 2018 abbiamo allestito a Peschiera del Garda la Gran Fondo Zenato. Passavamo per 18 Comuni e 2 Province, dovevamo coordinarci quindi con una marea di Enti Locali e di responsabili per la gestione del percorso. Qui dobbiamo gestire un circuito di 6 chilometri, sempre lo stesso, e abbiamo a che fare con pochi referenti che sanno già di che cosa si tratta.

Il percorso quindi resta uguale al passato?

Sì, in quest’occasione e considerando che solo da gennaio abbiamo iniziato a metter mano all’organizzazione. Ma per il futuro abbiamo molte idee e pensiamo a un allargamento, considerando dove ci troviamo, per valorizzare ancora di più il contesto scenografico, il più bello al mondo.

Quanto tempo ci vorrà per riportare il Gran Premio Liberazione a essere il Mondiale di primavera?

Io conto di farlo in 3 anni.