Con Oggiano nel laboratorio Ineos, progettando il futuro

24.04.2025
6 min
Salva

L’universo Ineos è estremamente vasto. Non c’è solo il ciclismo, considerando l’impegno fino all’edizione dello scorso anno della Coppa America di vela (e il ritiro della sfida di Ineos Britannia dei giorni scorsi ha destato molto scalpore) come anche quello nella Formula 1 al fianco di Mercedes, rivale sulle due ruote ma strettissima partner sulle quattro. Le commistioni fra i vari campi sono molto strette e a livello di ricerca il lavoro diventa spesso comune.

Direttore Area Ricerca e Sviluppo della Ineos Cycling è Luca Oggiano, dirigente che si è fatto una lunga esperienza all’estero e che tra l’altro ha vissuto sulla sua pelle l’evoluzione sempre più prepotente del movimento norvegese nello sci alpino, passando poi alle due ruote. L’intervista con lui significa entrare in un mondo davvero particolare, dove non si parla solamente di watt, copertoni, allenamento perché per poter emergere in un ambiente così complesso, la commistione fra le varie discipline è massima e non è neanche unica, considerando ad esempio come il lavoro della Visma-Lease a Bike sia alla base della scalata ai vertici mondiali del movimento remiero olandese.

Alla Ineos Grenadiers Oggiano è stato nominato direttore dell’Area Ricerca e Sviluppo
Alla Ineos Grenadiers Oggiano è stato nominato direttore dell’Area Ricerca e Sviluppo
Partiamo dalla tua carica. In che cosa consiste?

Si tratta di seguire e curare tutti i vari prodotti sviluppati dai partner che poi vanno a essere implementati all’interno della squadra. Io mi occupo del lato performance di tali prodotti, più che altro dal punto di vista aerodinamico, quindi Kask, Pinarello, Gobik, eccetera. Affrontando lo sviluppo, la ricerca e l’implementazione all’interno della squadra dei vari prodotti.

Questo lavoro che tu fai quanto prende anche dalle altre esperienze di Ineos e quanto le altre esperienze di Ineos, ad esempio nella vela, sfruttano anche il lavoro che fate voi?

In realtà ci sono stati dei travasi di esperienza, soprattutto per quel che riguarda Mercedes Formula Uno all’inizio della partnership. Il mondo del ciclismo però è diverso, non si può far tutto in “house” come si fa con la vela o la Formula Uno, si lavora in sinergia con diversi partner. La commistione riguarda soprattutto le metodologie, dove c’è un continuo scambio, soprattutto sul piano dell’aerodinamica, ma poi gli ambiti sono diversi. Quindi si va avanti per la nostra strada.

Luca Oggiano ha iniziato la sua carriera di ricercatore in Norvegia, dedicandosi agli sport invernali
Luca Oggiano ha iniziato la sua carriera di ricercatore in Norvegia, dedicandosi agli sport invernali
Quando sei entrato in questo mondo?

Dal lato del ciclismo nel 2017, ma il lavoro sull’aerodinamica riguarda aerodinamica dei tessuti, sviluppo tute e sviluppo prodotti è più datato, dobbiamo risalire alla mia tesi di laurea nel 2005. Qualche annetto di esperienza c’è, lavorando per anni con il team norvegese tra discipline veloci dello sci e pattinaggio su ghiaccio in particolare. Nel 2017 ho accettato la proposta del team Sky.

Da spettatore prima e protagonista poi, quanto è cambiato l’influsso della ricerca e dello sviluppo nel ciclismo?

Credo che uno dei passi più grandi che siano stati fatti è stato quello del riuscire a dare delle metodologie super avanzate, facendo crescere aziende “medio piccole”, come possono essere per esempio quelle dei caschi. In questo sono state implementate esperienze di altri campi come la stessa Formula Uno, dando accesso a nuove strumentazioni. Questo ha portato un enorme miglioramento dello sviluppo del prodotto e quindi anche ovviamente delle prestazioni.

Con Ganna ha lavorato a lungo su ogni aspetto per arrivare ai suoi primati su pista
Con Ganna ha lavorato a lungo su ogni aspetto per arrivare ai suoi primati su pista
Tu hai una cultura e radici omnisportive, secondo te l’evoluzione del mezzo che c’è stata nel ciclismo è pari a quella degli altri sport di vostra competenza?

Difficile fare un paragone. Il ciclismo ancora oggi ha comunque una forte componente umana, negli altri quella meccanica è quasi allo stesso livello, quindi incide molto di più. Il ciclismo credo che in questo momento sia lo sport trainante nel suo genere e potrebbe essere ancora più rivoluzionario senza le varie limitazioni poste dall’UCI, che fa un ottimo lavoro, ma tende a limitare la possibilità di spingere dal punto di vista della ricerca e sviluppo per cercare di equalizzare le forze. Ma si vede che nel ciclismo odierno è stata implementata molto della cultura di discipline come Formula 1 ma anche Moto GP.

A breve termine ci saranno altre evoluzioni nel mondo del ciclismo e chiaramente quindi anche nel tuo team?

Sicuramente, considerando che siamo nel pieno di una rivoluzione industriale dettata dall’uso dell’intelligenza artificiale che va di pari passo con l’atleta stesso. Io credo che nell’ambito di caschi, telai, strutture aerodinamiche si possa ancora fare tantissimo. Di pari passo con le limitazioni di cui prima, pienamente legittime, che ti portano spesso a cancellare tutto il lavoro e rimetterti davanti a una pagina bianca, ma più ricco di prima in base alle conoscenze acquisite.

Ineos è partner di primo piano della scuderia Mercedes in Formuna 1 (foto DPPI)
Ineos è partner di primo piano della scuderia Mercedes in Formuna 1 (foto DPPI)
Un lavoro necessario?

L’impegno del massimo organo porta a cercare di minimizzare le differenze tra le varie squadre permettendo uno sviluppo della tecnologia che sta diventando sempre più fruibile anche da team che non hanno dei budget enormi, che sta portando quasi tutte le aziende ad avere un’attenzione più rivolta alla performance del prodotto piuttosto che al design. Secondo me vedremo delle cose interessanti nei prossimi anni.

Secondo te queste evoluzioni andranno a ridurre sempre più la componente umana nella prestazione?

Nel ciclismo probabilmente no, si tratta di uno sport dove ancora la componente umana è fondamentale. Certo, se metti di fronte due Pogacar, quello con i materiali migliori probabilmente andrà a vincere. Ma le differenze grosse, come è anche bello che sia, arriveranno comunque dalla componente umana. La componente dei materiali darà quell’extra, diciamo quel 5-10 per cento in più, ma il resto verrà comunque fuori dalle gambe del ciclista. Ed è questa la strada che comunque l’UCI vuole dettare.

Ha destato sensazione il ritiro della sfida del team Britannia con Ineos dalla Coppa America (foto Cameron Gregory)
Ha destato sensazione il ritiro della sfida del team Britannia con Ineos dalla Coppa America (foto Cameron Gregory)
Le innovazioni nella Formula Uno hanno avuto un ricasco importante dal punto di vista della sicurezza nelle auto di tutti i giorni. Nel ciclismo avviene e avverrà lo stesso?

Sicuramente, se guardiamo tantissime innovazioni nate per il ciclismo professionistico sono diventate di uso comune. Basti pensare al computerino, il Garmin, ormai anche il ciclista della domenica lo usa, guarda i watt, tiene conto di tutto. A parte il lato sicurezza, c’è proprio il lato di gamification, come si chiama in inglese, ovvero il trasformare lo sport in gioco e rende tutto secondo me molto più bello, più divertente. Anche dal punto di vista dell’aerodinamica stessa ci sono ormai varie possibilità per tutti di poter per esempio misurare il proprio coefficiente aerodinamico. C’è questo travaso di conoscenze che anche vent’anni fa erano utilizzate solamente ad altissimo livello, che stanno iniziando a essere fruibili per tutti.

Q36.5 e il perfezionamento continuo tra ricerca e sviluppo

17.10.2024
6 min
Salva

BOLZANO – Il quartier generale di Q36.5 nella città altoatesina è circondato da pendii e alberi, tra i quali si incastrano nuvole grigie pesanti e piene di pioggia. La stanza in cui sono riuniti i giornalisti è la più grande dello store ed è ricca di capi d’abbigliamento e collezioni differenti. Dal kit utilizzato dal team professional (in apertura foto Moises Aguilera), alle giacche invernali, passando per pantaloni di diversa conformazione e utilizzo. Da anni il marchio bolzanino ha come obiettivo quello di realizzare prodotti in grado di offrire ai ciclisti la miglior performance possibile. Il nome Q36.5 ha una duplice “composizione”. La prima è la “Q” della parola latina quaerere” ovvero ricercare. La seconda parte, ovvero 36.5, rappresenta l’obiettivo della ricerca dei tecnici nel realizzare questi capi. E’ stato studiato infatti che la temperatura corporea ideale per il corpo umano, grazie alla quale è possibile avere le migliori prestazioni sportive, è 36,5 gradi centigradi. 

La ricerca e lo sviluppo di Q36.5 sono andati sempre in questa direzione. Dalla maglietta estiva alla giacca più pesante per l’inverno. L’obiettivo è garantire all’utente finale il giusto clima e la corretta temperatura per performare al meglio una volta salito in sella. 

I test di Q36.5 non riguardano solamente l’abbigliamento ma anche le scarpe
I test di Q36.5 non riguardano solamente l’abbigliamento ma anche le scarpe

Il mondo di ricerca e sviluppo

Dietro una porta a vetri scorrevole si accede a delle scale che portano agli uffici di Q36.5. Qui si lavora alla ricerca della qualità, del gusto e della tecnica che contraddistinguono questo marchio. Un mondo che abbiamo deciso di esplorare insieme a Manuel Cazzaro, Product Manager, Production Manager & R&D Assistant di Q36.5. 

«Ovviamente per noi è un pallino – racconta – ogni prodotto ha una tecnicità e cerchiamo di mantenere più stabile possibile la temperatura nel corso dell’attività sportiva. Il nostro obiettivo è di dare un’offerta ampia a livello di collezione ma con determinate scelte specifiche per coprire i diversi range di temperatura. I capi devono essere il più versatili possibile, in modo da adattarsi a diverse condizioni, senza però esagerare. Ad esempio, per la stagione invernale abbiamo due giacche termiche in grado di coprire qualsiasi temperatura. Il fulcro è l’adattabilità a diverse condizioni». 

Grazie alla collaborazione con Eurac è stato possibile studiare e perfezionare nuovi tessuti
Grazie alla collaborazione con Eurac è stato possibile studiare e perfezionare nuovi tessuti
La vostra ricerca parte quindi dai tessuti?

Esattamente, in questo abbiamo incentrato gran parte della ricerca e dello sviluppo. Q36.5 ha un’esperienza più che trentennale e collaboriamo con diverse realtà per lo sviluppo di tessuti che sono proprietari e a nostro uso esclusivo. La ricerca e lo sviluppo sono la nostra “ossessione” e già dal 2015-2016 siamo partiti con un’analisi completa della catena di vestizione. La combinazione di diversi capi per formare l’outfit utilizzando e combinando diversi parametri.

Quanto è importante per voi l’appoggio a istituti esterni?

Per anni abbiamo collaborato con l’Eurac, un centro di ricerca privato qui nella provincia di Bolzano. Loro hanno progettato una camera termoclimatica che si chiama Terra X-Cube nella quale si possono effettuare diversi test. Si stabiliscono i parametri: altitudine, pressione, temperatura, ecc… Riusciamo anche a replicare la velocità del vento. In questo modo fissiamo una serie di parametri di azione del ciclista: riscaldamento, salita, discesa, spinta. Il tutto grazie a dei sensori di temperatura e umidità i quali, alla fine del test, ci forniscono le performance di ogni singolo capo

Q36.5 ha come obiettivo la ricerca e l’innovazione al fine di migliorare la performance
Q36.5 ha come obiettivo la ricerca e l’innovazione al fine di migliorare la performance
In modo da avere prodotti che rispecchiano il famoso standard di 36,5 gradi centigradi?

Esatto. Dal 2020 la nostra collaborazione si è allargata anche a Core, la quale con i suoi sensori sviluppati all’Università di Vergata ci ha dato una grande mano nella crescita e nello sviluppo. Utilizziamo un sensore modificato rispetto a quello che viene comunemente venduto, dedicato proprio alla ricerca. L’algoritmo sviluppato da Core permette di calcolare la temperatura interna del corpo. A noi come Q36.5 interessa l’heat flux ovvero il flusso di calore che esce dal corpo dell’atleta. Si tratta di un dato interessante, perché più un capo è traspirante maggiore sarà questo numero.

Ci sono altri parametri rilevanti?

Noi ne usiamo diversi. Grazie a Core riusciamo ad avere un confronto rapido con: temperatura, tempi di asciugatura e tanti altri dati che entrano a far parte dell’analisi finale. 

I continui test con i corridori del team professional hanno permesso lo sviluppo di materiale sempre nuovo (foto Moises Aguilera)
I continui test con i corridori del team professional hanno permesso lo sviluppo di materiale sempre nuovo (foto Moises Aguilera)
Ad esempio?

Q36.5 si focalizza molto sul cooling convettivo ovvero quanto un capo permette un effetto di raffreddamento del corpo attraverso il tessuto. C’è una prima fase di carico del sudore, quindi il prodotto si bagna e assorbe liquidi. La cosa importante sono i tempi di asciugatura, che devono essere molto rapidi. E’ un dato fondamentale per la ricerca, al fine di avere un capo in grado di assorbire calore e di dissiparlo velocemente, senza far raffreddare eccessivamente il corpo dell’atleta. 

La collaborazione con Core vi ha permesso di realizzare tessuti nuovi?

I nostri esami mensili ci permettono di avere uno sviluppo continuo, grazie al confronto tra analisi vecchie e nuove. In questo modo non dobbiamo sempre andare nella stanza termoclimatica. Oltre allo sviluppo dei tessuti nuovi la collaborazione con Core ci ha mostrato come il corpo umano sia perfettamente simmetrico. Ci sono diversi studi che dimostrano come la produzione di calore e di sudore del corpo sia perfettamente pari tra la parte sinistra e quella destra.

Questa è una delle maglie “specchiate” dove si studiano e confrontano le risposte tecniche dei vari tessuti
Questa è una delle maglie “specchiate” dove si studiano e confrontano le risposte tecniche dei vari tessuti
Che porte vi ha aperto questa scoperta?

Creando delle maglie con due tessuti diversi, perfettamente simmetriche, possiamo andare ad analizzare il peso del capo prima e dopo l’utilizzo e soprattutto con una serie di sensori Core mettiamo in evidenza subito le differenze tra un tessuto e l’altro. Così da modificare alcuni tessuti e scartarne degli altri. Si tratta di una nuova forma di sviluppo più “leggera”. 

Quali sono i prodotti più difficili da realizzare?

Tutti sono molto complessi, perché un capo estivo può essere estremamente leggero e viene usato dai professionisti. Ma questo non può andare bene per gli amatori perché non producono gli stessi watt e il medesimo sforzo. Dall’altro lato il capo invernale è molto ricercato e ad esempio noi ci siamo discostati già da molti anni dal tradizionale soft shell trilaminato o altri tessuti come il Gore-Tex.

Nei prodotti invernali, come le giacche, sono state scelte una serie di combinazioni di vari tessuti
Nei prodotti invernali, come le giacche, sono state scelte una serie di combinazioni di vari tessuti
Che tipo di tessuti utilizzate?

Le soluzioni che stiamo andando a sviluppare negli ultimi anni prevedono una combinazione di vari tessuti a sé stanti. Un esempio lo si trova nella nostra giacca Gregarius, nella quale l’indirizzamento della membrana verso l’interno ci permette di evitare uno strato di colla, e di avere un tessuto estremamente leggero. Un’altra novità è il tessuto Air Insulation, realizzato al 100 per cento in poliestere. Un materiale naturalmente idrofobo, in grado di caricare meno sudore. La sua struttura molto alta, con questa rete aperta crea uno strato d’aria tra la pelle, il corpo e lo strato esterno del capo. Si crea un cuscinetto in grado di isolare termicamente il ciclista, perché alla fine l’aria è il miglior heat retainer che esista.

Q36.5 quanto è lontana da raggiungere effettivamente l’ottenimento di questo range di temperatura nelle ricerche e nello sviluppo dei suoi prodotti?

Dipende. La cosa bella è che la ricerca non si ferma mai. Anche i capi che sono attualmente in collezione vengono rinnovati per cercare di dare al cliente il miglior prodotto possibile. 

Bmc Van Avermaet Pirelli

Pirelli, test a Roubaix: lo sviluppo non si ferma

12.02.2021
5 min
Salva

Sono il punto di contatto della bicicletta con l’asfalto e sono quelli che ci tengono in piedi sulla bicicletta anche in condizioni difficili. Stiamo parlando dei pneumatici. Negli ultimi anni questo componente ha visto grandi cambiamenti, sia in termini di materiali che di misure. Per capire come nascano, come vengono sviluppati e quali tendenze si stiano affermando fra i professionisti, abbiamo parlato con Filippo Galli, Responsabile della Ricerca e Sviluppo dei prodotti ciclismo di Pirelli.

Anche i Cinturato

Il marchio italiano quest’anno fornirà ben tre squadre World Tour: la Trek-Segafredo, il Team BikeExchange e di recente si è aggiunta l’AG2R Citroën Team.
Una cosa che ci ha incuriosito molto è che ai corridori verranno forniti oltre ai nuovi PZero in versione TLR (tubeless-ready) e in versione tubolare, anche i Cinturato.
«Potremmo dividere i corridori in due famiglie – esordisce così Filippo Galli – ci sono quelli che, durante l’allenamento, preferiscono avere delle gomme come i Cinturato, che sono TLR e danno una grande affidabilità in quanto molto resistenti alle forature. Poi ci sono quei corridori che, anche se in sessione di training, vogliono avere le gomme il più simile possibile a quelle che usano in gara».

Filippo Galli con Greg Van Avermaet per test Pirelli
Filippo Galli a colloquio con Greg Van Avermaet (Credits ACT_KBLB)
Filippo Galli con Greg Van Avermaet per test Pirelli
A sinistra, Filippo Galli con Greg Van Avermaet durante un test (Credits ACT_KBLB)

Tubeless o tubolari?

E proprio andando verso l’argomento competizioni abbiamo chiesto come si stanno orientando le scelte dei professionisti.
«Sostanzialmente c’è chi usa il tubeless e chi preferisce i tubolari – ci dice Galli – anche se l’idea è quella di orientarsi sempre di più verso il primo tipo di copertura. Quest’anno sicuramente vedremo un numero maggiore di corridori con i tubeless».

Ma quali sono i vantaggi di questo tipo di copertura?

Ci sono dei vantaggi in termini di minore resistenza al rotolamento, un maggiore comfort e una protezione alle forature migliore, per via della presenza del liquido antiforatura all’interno.

Mentre per il tubolare quali sono i punti di forza?

Certamente è più leggero rispetto al tubeless. Poi, c’è quello che noi chiamiamo “Tubular Feeling”, che sostanzialmente è dovuto a due fattori: si usano pressioni maggiori e la struttura, leggermente diversa rispetto al tubeless, dona al corridore una sensazione di maggiore rigidezza.

Pirelli PZero Trek Segafredo
Il Pirelli PZero su una bici della Trek Segafredo (Credits Oliver Greena)
Pirelli PZero Trek Segafredo
Il Pirelli PZero su una bici della Trek Segafredo (Credits Oliver Greena)

Scalatori vs passisti

Le caratteristiche diverse dei tubeless e dei tubolari fanno sì che ci siano delle tipologie di atleti che preferiscono più l’uno rispetto all’altro.
«Solitamente il tubolare viene preferito dagli scalatori, in quanto esalta alcune caratteristiche come la leggerezza e la reattività, mentre gli uomini da classiche sono più orientati al tubeless – ci spiega Galli – in effetti in condizioni di fondo stradale difficile, come si può trovare alle Strade Bianche o alla Parigi-Roubaix, il tubeless da dei vantaggi effettivi».


Un punto chiave sulle perplessità di alcuni corridori per quanto riguarda il tubeless sta nel fattore peso, ma secondo Filippo Galli: «Ci sono notevoli margini di miglioramento in questo senso; bisogna pensare che il tubeless è una tecnologia nuova e stiamo studiando proprio per migliorarla».

Lo sviluppo Pirelli

E qui si apre il grande punto che riguarda la Ricerca e Sviluppo.
«Per quanto riguarda Pirelli, noi della Ricerca e Sviluppo attingiamo dai vari dipartimenti, fra i quali c’è anche quello delle mescole. Il nostro punto di forza – continua Galli – è che il dipartimento delle mescole è lo stesso che lavora per la Formula 1 o per il settore auto e moto. Questo vuol dire che i materiali che usiamo nelle gomme da ciclismo sono gli stessi usati dagli altri settori ad alte performance».
Ma la mescola dei tubolari è la stessa dei tubeless? «Le mescole sono le stesse, l’unica differenza è che vanno adattate alla carcassa, che invece è diversa fra tubolare e tubeless. Questo va fatto per avere la stessa impronta a terra con entrambi i tipi di coperture».

Test Pirelli Parigi Roubaix
Test Pirelli sul percorso della Parigi-Roubaix (Credits ACT_KBLB)
Test Pirelli Parigi Roubaix
Test Pirelli sul percorso della Parigi-Roubaix (Credits ACT_KBLB)

I pro’ come tester

Lo sviluppo di Pirelli non si ferma qui, infatti la collaborazione con i professionisti viene sfruttata per migliorare costantemente i prodotti.
«Dai professionisti riceviamo degli input che traduciamo in nuovi prototipi – ci spiega Filippo Galli – questi prodotti vengono prima testati internamente, sia indoor a Milano e sia outdoor, nel nostro centro in Sicilia, dove eseguiamo tutta una serie di test. Il secondo step è quello di darli ai professionisti, che li provano soprattutto nei camp di inizio stagione. Per quanto possibile, cerchiamo di far fare agli atleti dei test “blind”. Questo significa che forniamo loro, insieme alle gomme, solo minimi set di informazioni: l’obiettivo è quello di avere dei ritorni di feeling il più possibile non condizionati, veritieri e reali. Ovviamente i corridori li portano anche in gara e ci danno feedback continui, che noi recepiamo e traduciamo in nuovi prototipi e così via. Quando il prodotto è validato lo mettiamo subito in produzione, in modo che possa essere disponibile per tutti i ciclisti, non solo i pro‘».

PZero Race TLR SL
Il PZero Race TLR SL (Credits @greenedgecycling @teambikeexchange)
PZero Race TLR SL
Il PZero Race TLR SL è usato per le crono (Credits @greenedgecycling @teambikeexchange)

Futuro? Sempre più larghi

Infine, abbiamo chiesto quali siano i possibili trend futuri.
«Attualmente stiamo lavorando per migliorare i tubeless, anche se lo sviluppo dei tubolari continua. Va precisato che le nostre coperture vengono sviluppate per massimizzare le performance con i cerchi moderni, vale a dire con canali interni larghi, da 19 o 21 millimetri. A conferma di questo, abbiamo appena avuto degli ottimi feedback dall’ex campione del mondo Mads Pedersen, che all’Etoile de Bessèges ha utilizzato i PZero tubeless da 28 millimetri in tutte le tappe, anche quelle per velocisti, finendo terzo in una tappa con arrivo in volata»