Tre uomini e una barca: in crociera con Nibali, Pozzo e Lello

29.10.2024
7 min
Salva

Li abbiamo visti scherzare, pedalare, mangiare e ridere per una settimana. Nibali, Pozzovivo e nel mezzo Lello Ferrara. Tre uomini con tre storie diverse, accomunati apparentemente da nulla, al di fuori delle dirette sulla Squalo TV. Eppure un filo che li unisce deve esserci e abbiamo chiesto proprio a Lello di raccontarci cosa sia. Si ride parecchio, ma come pure con Pulcinella, le sue parole lasciano spesso concetti su cui riflettere. 

Lello, dicci un po’, com’è venuta fuori questa crociera?

Vincenzo era ospite di MSC e di Viaggi e Cultura di Verona, che già lavorano con Fondriest. E così, come regalo, ci ha chiesto di andare con lui. Con noi c’era anche Santaromita con moglie e figli, mentre la moglie di Domenico è incinta e io ho lasciato a casa Luisa, che aveva qualche problemino. Alla fine ci siamo trovati da soli Domenico ed io. Invece i figli di Santaromita si sono ammalati e per lui è stata un’agonia. Quindi grazie a Vincenzo ci siamo trovati in crociera.

Santaromita, Ferrara, Fondriest, Pozzovivo e Nibali: gruppo compatto (foto Instagram)
Santaromita, Ferrara, Fondriest, Pozzovivo e Nibali: gruppo compatto (foto Instagram)
Che rapporto c’è tra voi tre?

Allora, ti dico la verità. Io con Vincenzo avevo già fatto una parentesi in Cina, quando Ballerini ci portò alla preolimpica di Pechino che vinse Bosisio. Eravamo compagni di camera e io vedevo questo giovane e dentro di me dicevo: «Questo è scemo, non andrà mai forte in bicicletta!». Perché stava ora e ora attaccato al computer. E poi si è visto come ci ho preso, un altro pronostico azzeccato!!! Però lo vedevi che non era normale e aveva qualcosa di diverso rispetto a tutti i corridori che avevo conosciuto. Quanto a Domenico, ricordo che al primo anno da professionista ero al Giro di Reggio Calabria e un signore si mise a raccontarmi che era il papà di un ragazzino che andava forte e correva negli juniores. E poi quel ragazzino è diventato Domenico Pozzovivo, quindi con lui c’è sempre stato un rapporto più umano rispetto a Vincenzo.

Più umano?

Sono due pianeti diversi. Quando sei un campione del livello di Vincenzo, viaggi su un’altra galassia. Il campione è circondato dal procuratore e dal massaggiatore. Diciamo che era inarrivabile, anche se è sempre restato umano. Forse non ti ricordi, ma quando mi stavo separando sei stato tu a permettermi di fare il regalo di compleanno a mio figlio. Mi mettesti in contatto con lui tramite Pallini a Spresiano. Andai a trovarlo, non volevo disturbarlo. E lui quando mi vide, mi disse: «Ma come ti sei conciato?!». Però questa settimana ci ha fatto conoscere e ci ha avvicinato tantissimo dal lato umano, perché secondo me un campione ha sempre bisogno di vedere chi ha di fianco. Vincenzo è molto diffidente e ha bisogno di sapere che il rapporto non ha un secondo fine. Abbiamo avuto modo di conoscerci.

C’è qualcosa di simile fra lui e Pozzo come carattere?

Assolutamente no, si somigliano solo per il fatto di non voler cedere un colpo all’altro. Da una parte c’è un campione che non vuole mai perdere, dall’altra c’è Domenico che è un altro duro. Adesso è venuto fuori che gli ha tolto il KOM a casa sua. L’hanno anche pubblicato ed è nata una roba assurda, perché io non pensavo che Vincenzo ci tenesse così tanto. Caratterialmente hanno di simile solo il fatto che entrambi non mollano un metro. Domenico ha dimostrato ogni volta che è caduto di sapersi rialzare. E anche adesso, secondo me, non smette sereno: se qualcuno gli fa una proposta, lui la valuta anche se ha già dato l’addio. Vincenzo invece non vuole perdere a bigliardino nemmeno con la figlia. Hanno questa cosa che li accomuna. Per il resto, due mondi diversi. A tavola per esempio…

La crociera ha cementato l’amicizia fra Nibali, Ferrara e Pozzovivo (foto Instagram)
La crociera ha cementato l’amicizia fra Nibali, Ferrara e Pozzovivo (foto Instagram)
Che cosa?

Domenico mangiava una volta al giorno e sempre le sue cose salutari. Siamo tornati a bordo dal giro di Barcellona, che avevamo fatto sui 120 chilometri. Nella nave c’è un posto dove mangi e bevi… a gratis. Pizza, hot dog, le schifezze. Siamo tornati e Pozzovivo ha preso l’acqua, un decaffeinato ed è andato in camera. Io e Vincenzo ci siamo guardati, siamo entrati in questo enorme fast food e ci siamo presi due pezzi di pizza, due hot dog, due hamburger e due birre. Vi dico solo che poi sono andato in camera e mi sono addormentato vestito da corridore. Mi sono svegliato alle 7 e un quarto, ho fatto la doccia e sono andato a cena.

Pozzo incorruttibile?

Ha continuato la linea sua fino a Genova e continua anche adesso. Non lo prendevamo in giro, ma ci chiedevamo come facesse. Abbiamo provato in tutti i modi a farlo sgarrare, tanto che ho detto a Vincenzo di pagare un pranzo di pesce con delle bottiglie e una l’ha pagata anche Domenico, ma non ha toccato alcol e neppure cibo… sporco. Non si è concesso niente, proprio niente. Ho visto solo altre due persone così nella mia vita: Ivan Basso e Davide Rebellin. Penso che Domenico non cambierà mai perché questo ormai è il suo stile.

E va ancora forte?

Ma forte davvero! Per battere il record di scalata su una salita secca è come se tu facessi una cronoscalata. Magari Nibali non lo batterebbe in una gara, però non va piano.

Due affamati e l’incorruttibile Pozzo: Domenico è ancora in modalità corridore (foto Instagram)
Due affamati e l’incorruttibile Pozzo: Domenico è ancora in modalità corridore (foto Instagram)
Vivono entrambi a Lugano e sono entrambi meridionali. Si capisce che per arrivare in Svizzera sono partiti da molto lontano?

Vincenzo lo respiri sulla sua pelle che ha dovuto faticare tanto. Domenico invece ha il suo lato intellettuale e ha preso il distacco da tutto quello che è il mondo povero, del ciclista ignorante. Lui è stato uno dei primi forse a qualificarsi in questo mondo, mentre con Vincenzo percepisci che lui ce l’ha fatta. Arriva dal nulla e si è preso tutto da solo. Siamo stati a Messina, abbiamo discusso di tutto quello che è stato Vincenzo, dai sacrifici, la bici, l’edicola della mamma e della sorella. Anche Domenico lo vedi che è un ragazzo del Sud, ma ce l’ha fatta anche con lo studio ed è diventato una sorta di terrone borghese (ride, ndr). Invece l’altro è un povero terrone (ride ancora più forte, ndr). Però entrambi sono grandi esempi. Lo dico sempre ai giovani: bisogna guardare il passato, non per fare quello che è stato già fatto, ma per capire cosa significhi stringere i denti.

Assist perfetto: a stare in mezzo a quei due, hai pensato alla tua carriera e cosa ti è mancato?

Abbiamo parlato di questo, perché Domenico mi conosce bene. Avendo corso alla Zalf, ha vissuto a Castelfranco e quindi ha avuto modo di conoscere il Lello atleta. Invece Vincenzo per certi aspetti non mi conosce e quando mi prendeva in giro che andavo piano, c’è stato un momento in cui Domenico gli ha detto quello che aveva visto. Cioè che se mi fossi impegnato veramente, magari non avrei vinto un Grande Giro perché ci volevano continuità e mentalità, ma se mi fossi concentrato sulle gare di un giorno, avremmo avuto veramente un corridore forte. Perciò, da una parte mi dispiace di non essere riuscito ad impegnarmi, ma la mia condizione familiare era quello che era e mi sono ritrovato da solo al Nord senza una gestione. Forse questo è stato il mio più grande rammarico. Mi ricordo una volta che Ballerini mi convocò in nazionale e in un’intervista disse che ero il leader dello spogliatoio. Questo mi ha permesso di restare per dieci anni in quel ciclismo. E ci ho tenuto a dire a Vincenzo, che se avessi avuto gente che mi seguiva, di lui non si sarebbe mai parlato (sorride, ndr).

Oggi c’è ancora spazio per personaggi alla Lello Ferrara?

Come atleta ho avuto degli sprazzi. Ho corso per dieci anni sempre al minimo, però questo mi ha permesso di non dover fare un lavoro normale (ride, ndr). Magari con un ciclismo controllato come adesso, dove ti devi allenare per forza e curare l’alimentazione, sarei potuto durare di più oppure saltare di testa. Mi rincuora il fatto che quando parlo con Guercilena, mi ricorda che se solo lo avessi ascoltato invece di fare le battute e scendere dal rullo, sarei stato un corridore. Lui e Morelli lavoravano alla Mapei e ci facevano i test quando ero alla Trevigiani. Però va bene così, sono contento e non ho rimpianti. 

Sulla nave di MSC crociere anche Emma Vittoria e Miriam Venere, figlie di Vincenzo e Rachele (foto Instagram)
Sulla nave di MSC crociere anche Emma Vittoria e Miriam Venere, figlie di Vincenzo e Rachele (foto Instagram)
Siete usciti più uniti da questa crociera?

Sì, diciamo che abbiamo rischiato con quel maledetto KOM che Vincenzo e Pozzo non si parlassero più. E’ una cosa che purtroppo ha aperto una ferita in Vincenzo, il suo orgoglio sarà andarselo a riprendere. Si allenerà di certo, sono sicuro che presto il record di Dinnamare sarà nuovamente suo. Ma a parte questo, alla fine siamo usciti amici. Ci siamo conosciuti veramente, perché stare dieci giorni in camera da corridore, non significa niente. Invece in crociera abbiamo avuto modo di conoscerci bene, tant’è che ho detto a Vincenzo di darsi da fare e farmi lavorare per lui…

Risata. Allarga le braccia. Poi Lello Ferrara torna alla sua vita. «Se rinasco, voglio essere Lello Ferrara – ride – in alternativa, va bene Merckx…».

Raffaele Ferrara, camion, novembre 2020

Ma voi Lello lo conoscete davvero?

27.11.2020
7 min
Salva

Era un giorno d’estate e nevicava… Ferrara si fa una risata dal volante dell’Eurocargo 180 e il viaggio prosegue. E’ partito alle 3,30 da Castelfranco e sta tornando indietro. Chiedeva di avere un attacco epico e un po’ assurdo come questo da almeno 15 anni e ormai non c’era più motivo di negarglielo. Perché a Lello non puoi dire di no. Per quello che s’è condiviso e quello che pensando a lui salta alla memoria. Per la sua storia sofferta di atleta, ma anche di marito e di padre. Adesso poi che s’è messo a impazzare su Instagram e chi non lo conosceva prima potrebbe pensare a un clown arrivato da chissà dove.

Così per fargli compagnia e anche un po’ giustizia, siamo saliti con lui per qualche chilometro d’autostrada.

Raffaele Ferrara, Salisburgo 2006
Riserva ai mondiali di Salisburgo 2006
Raffaele Ferrara, Salisburgo 2006
Riserva ai mondiali di Salisburgo 2006
Come va, star del web?

Non c’è traffico, zona rossa. La gente lavora da casa.

Come va a te…

Ah, scusa. Bene. Vediamo se a gennaio si libera qualcosa. Si trova più a fare l’influencer in giro che a lavorare. Ma è un ambiente così, lo conosciamo. Finché funzioni va bene, poi tanti saluti. E quando uno come Vegni viene in diretta con me e mi dice che io sono più famoso di lui, qualche domanda su questo mondo me la faccio. Mi sono dato un anno di tempo. Poi stacco Instagram e tanti saluti.

Da dove viene questo amore per il ciclismo?

A me in realtà il ciclismo non è mai piaciuto, mi ha obbligato mio papà Domenico. Per fortuna. Avevo già preso la mia strada e so dove portava. Quelli della mia età sono tutti morti o in carcere. San Paolo sulla sua strada trovò il Signore. La mia bestia nera fu mio padre, che mise dei paletti e mi salvò la vita. Quando lui è morto nel 2009, per me è morto il ciclismo. Anche adesso, se non sono obbligato, la bici non la prendo. Ma il ciclismo mi ha permesso di imparare.

La prima gara a San Pietro a Patierno (senza audio) e la prima caduta: è il 1992
Che cosa?

Ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere dei giornalisti che mi hanno insegnato a parlare, leggendo quello che scrivevano. Ho imparato dalle persone più intelligenti di me. Dai dottori delle squadre in cui ho corso. 

Perché tuo padre ti mise in bici?

Io volevo fare il calciatore e andammo a fare il provino, alla scuola del Napoli all’Albricci. Mio padre lo diceva che non ero tagliato, ma andammo e ci sentimmo dire quello che lui sapeva già. Che con il pallone non c’entravo niente, ma che mi facessero fare uno sport di resistenza, perché non mi ero mai fermato. E così venne la famosa gara di San Pietro a Patierno, il mio paese. Quella in cui caddi e da cui cominciò tutto.

Raffaele Ferrara, Franco Ballerini (foto Instagram)
Con Franco Ballerini durante la trasferta preolimpica a Pechino (foto Instagram)
Raffaele Ferrara, Franco Ballerini (foto Instagram)
Con Ballerini a Pechino (foto Instagram)
Se non ti piaceva, perché fare per tanti anni il corridore?

Perché avevo sulle spalle mio padre come il grillo parlante. Il ciclismo è stato una parentesi che mi ha salvato. Grazie a quegli anni da corridore, ho trovato un lavoro e grazie al ciclismo oggi mi sono rilanciato.

Vittoria di Castelfranco al Giro dilettanti 1998. Quanto piangevi…

Era cattiveria agonistica che esplose. Ero stufo si parlasse di me come del cognato di Figueras, arrivato per questo alla Zalf. Quella tappa l’ho vinta con una fuga che mi ha permesso di emergere ed essere premiato. Da quel giorno alla Zalf impararono a chiamarmi per nome.

Che differenza c’era fra te e Figueras?

Giuliano nasce campione e il padre ne ha fatto tesoro. Il papà era il suo diesse sin da allievo, mentre il mio non si è mai messo in mezzo. Lui forse ha avuto fame di soldi e poi l’ha persa. Io mi sono dovuto salvare da una brutta situazione. Ma fisicamente, Giuliano era Maradona, io un piccolo Ciro Ferrara.

Raffaele Ferrara (foto Instagram)
Da quella Toyota piena di firme è nato il nuovo Lello (foto Instagram)
Raffaele Ferrara (foto Instagram)
Il nuovo Lello e la sua Toyota (foto Instagram)
In una diretta hai chiesto a Basso perché ti abbia voltato le spalle.

Ci siamo conosciuti da militari, eravamo nella stessa stanza. Siamo diventati amici, perché ha capito che ero una persona che gli dava e non gli toglieva. Siamo andati insieme alla Zalf. Abbiamo creato degli obiettivi comuni. Non mi sentivo meno forte, ma Ivan è sempre stato un modello di professionismo. Nella macelleria di casa, sua madre teneva dietro alla cassa una foto di noi due. Mi ha aiutato in tanti passaggi, poi promise che mi avrebbe portato alla Liquigas e lì si interruppe tutto. Bastava mi chiamasse per dirmi che non poteva, invece sparì. Gli ho chiesto questo. Perché gli voglio bene come a un fratello.

C’è una foto molto bella di te con Franco Ballerini.

Franco mi ha lasciato a metà, come mio padre. Se ne è andato senza farsi salutare. Stavo facendo una distanza e squilla il telefono. «Pronto Lello, sono Franco Ballerini!». Ero in giro da sei ore, per cui rispondo di non prendermi in giro. Metto giù e continuo. Dopo un po’ verso Asiago torna il segnale e trovo una chiamata di Boifava. Cosa avrò combinato? Mi fermo e lo chiamo. «Cosa hai combinato? Hai chiuso il telefono in faccia a Ballerini? Vuole portarti in nazionale, richiamalo». Lo richiamo e lui rideva. Gli dissi che per la felicità avrei fatto altre 4 ore, ma mi disse di andare a casa per non finirmi. E così mi portò a Salisburgo.

Raffaele Ferrara, (foto Instagram)
Piano piano si torna a pedalare (foto Instagram)
Raffaele Ferrara, (foto Instagram)
Di nuovo in bici (foto Instagram)
Quel 2006 fu magico…

Sai perché? Perché Elisa era incinta di Sonny e stava per partorire. Così era venuto su mio padre e si era messo in un residence. E io per non deluderlo in quel periodo mi sono messo ad allenarmi come un matto. Volevo che fosse fiero di me.

Però Franco ti mise di riserva.

Gli dissi che sarebbe finita così e lui rispose: «Grazie, mi hai tolto un peso». Se avessi corso, non avrei rubato il posto a nessuno. Ma per me di San Pietro a Patierno essere lì era già una vittoria. Quando andammo nella preolimpica a Pechino, mi disse che dopo la nazionale avrebbe creato una squadra e ci sarebbe stato posto anche per me, da corridore o in un altro ruolo. Che mettessi la testa a posto, senza tradire quello che sono. Era il nostro patto, è la prima volta che lo racconto a qualcuno. Con Franco legai molto. Mi chiamava. Mi chiedeva cosa facessi e se mi fossi allenato…

Raffaele Ferrara (foto Instagram)
La sua vita in bici tutta sul web (foto Instagram)
Raffaele Ferrara (foto Instagram)
Sul web il Lello ciclista (foto Instagram)
Hai vinto il Giro dei dilettanti.

Andavo forte. Venivo dalla rottura della clavicola, quindi ero fresco. Avevamo vinto il Giro del Veneto con Pellizotti e lo avevo aiutato, per cui andai per le tappe e provare a passare professionista. Finché un giorno venne in camera Giovanni (Renosto, diesse della Trevigiani, ndr) e mi disse che avrei dovuto attaccare sul Monte Grappa. Io risposi che così Franco avrebbe rischiato la classifica. Seppi dopo che qualcuno aveva chiesto che preferibilmente il Giro lo vincesse un ragazzo del Nord. Dopo il Giro del Friuli, che vinsi, Renosto ci disse che la squadra avrebbe chiuso. E io passai con la Alessio.

Quale è stata la diretta più bella di “Lello e Friends”?

Per soddisfazione personale, la diretta con gli azzurri dai mondiali, Nibali, Vegni, Di Rocco. Ho capito che sono arrivato in alto, senza guadagnare un euro. Sono tutte belle, ne avrò fatte 300.

Raffaele Ferrara, Renato Di Rocco (foto Instagram)
Con il presidente federale Renato Di Rocco (foto Instagram)
Raffaele Ferrara, Renato Di Rocco (foto Instagram)
A Treviso con Di Rocco (foto Instagram)
Quella che ti ha deluso?

Quella con la Patenoster, perché ho capito che non avevamo argomenti e alla fine ci siamo messi a parlare delle sue vittorie. E’ diverso parlare con un uomo o una ragazza. Non sono riuscito a tirarle fuori niente. Mi sono piaciuti Brumotti e anche Paolo Kessisoglu, perché ho messo il naso in altri mondi.

Ad Aru hai chiesto come avesse fatto a farsi dare 3 milioni l’anno per non vincere mai.

L’ho paragonato a David Coperfield. E’ stato un momento forte, ma da allora siamo sempre in contatto. Ci sentiamo quasi tutti i giorni e la gente mi chiede di sapere dove correrà, ma io non lo so.

Raffaele Ferrara (foto Instagram)
E con il lockdown arrivano le dirette di “Lello e Friends” (foto Instagram)
Raffaele Ferrara (foto Instagram)
E con il lockdown nasce “Lello e Friends” (foto Instagram)
E Bettiol?

Che figura, ero proprio fuori dal mondo. Pensavo avesse vinto la Roubaix, me l’ha detto lui che invece era il Fiandre.

E adesso?

Adesso arrivano Di Luca e poi Riccò. Ma prima devo arrivare a Castelfranco. Il camion è quello che mi dà da mangiare, bisogna che lo tratto con tutti gli onori…

Una risata, poi sparisce verso le prime brume del Veneto, in questo pomeriggio che sa di inizio inverno. Anche se era un giorno d’estate. E nevicava…