Li abbiamo visti scherzare, pedalare, mangiare e ridere per una settimana. Nibali, Pozzovivo e nel mezzo Lello Ferrara. Tre uomini con tre storie diverse, accomunati apparentemente da nulla, al di fuori delle dirette sulla Squalo TV. Eppure un filo che li unisce deve esserci e abbiamo chiesto proprio a Lello di raccontarci cosa sia. Si ride parecchio, ma come pure con Pulcinella, le sue parole lasciano spesso concetti su cui riflettere.
Lello, dicci un po’, com’è venuta fuori questa crociera?
Vincenzo era ospite di MSC e di Viaggi e Cultura di Verona, che già lavorano con Fondriest. E così, come regalo, ci ha chiesto di andare con lui. Con noi c’era anche Santaromita con moglie e figli, mentre la moglie di Domenico è incinta e io ho lasciato a casa Luisa, che aveva qualche problemino. Alla fine ci siamo trovati da soli Domenico ed io. Invece i figli di Santaromita si sono ammalati e per lui è stata un’agonia. Quindi grazie a Vincenzo ci siamo trovati in crociera.
Che rapporto c’è tra voi tre?
Allora, ti dico la verità. Io con Vincenzo avevo già fatto una parentesi in Cina, quando Ballerini ci portò alla preolimpica di Pechino che vinse Bosisio. Eravamo compagni di camera e io vedevo questo giovane e dentro di me dicevo: «Questo è scemo, non andrà mai forte in bicicletta!». Perché stava ora e ora attaccato al computer. E poi si è visto come ci ho preso, un altro pronostico azzeccato!!! Però lo vedevi che non era normale e aveva qualcosa di diverso rispetto a tutti i corridori che avevo conosciuto. Quanto a Domenico, ricordo che al primo anno da professionista ero al Giro di Reggio Calabria e un signore si mise a raccontarmi che era il papà di un ragazzino che andava forte e correva negli juniores. E poi quel ragazzino è diventato Domenico Pozzovivo, quindi con lui c’è sempre stato un rapporto più umano rispetto a Vincenzo.
Più umano?
Sono due pianeti diversi. Quando sei un campione del livello di Vincenzo, viaggi su un’altra galassia. Il campione è circondato dal procuratore e dal massaggiatore. Diciamo che era inarrivabile, anche se è sempre restato umano. Forse non ti ricordi, ma quando mi stavo separando sei stato tu a permettermi di fare il regalo di compleanno a mio figlio. Mi mettesti in contatto con lui tramite Pallini a Spresiano. Andai a trovarlo, non volevo disturbarlo. E lui quando mi vide, mi disse: «Ma come ti sei conciato?!». Però questa settimana ci ha fatto conoscere e ci ha avvicinato tantissimo dal lato umano, perché secondo me un campione ha sempre bisogno di vedere chi ha di fianco. Vincenzo è molto diffidente e ha bisogno di sapere che il rapporto non ha un secondo fine. Abbiamo avuto modo di conoscerci.
C’è qualcosa di simile fra lui e Pozzo come carattere?
Assolutamente no, si somigliano solo per il fatto di non voler cedere un colpo all’altro. Da una parte c’è un campione che non vuole mai perdere, dall’altra c’è Domenico che è un altro duro. Adesso è venuto fuori che gli ha tolto il KOM a casa sua. L’hanno anche pubblicato ed è nata una roba assurda, perché io non pensavo che Vincenzo ci tenesse così tanto. Caratterialmente hanno di simile solo il fatto che entrambi non mollano un metro. Domenico ha dimostrato ogni volta che è caduto di sapersi rialzare. E anche adesso, secondo me, non smette sereno: se qualcuno gli fa una proposta, lui la valuta anche se ha già dato l’addio. Vincenzo invece non vuole perdere a bigliardino nemmeno con la figlia. Hanno questa cosa che li accomuna. Per il resto, due mondi diversi. A tavola per esempio…
Che cosa?
Domenico mangiava una volta al giorno e sempre le sue cose salutari. Siamo tornati a bordo dal giro di Barcellona, che avevamo fatto sui 120 chilometri. Nella nave c’è un posto dove mangi e bevi… a gratis. Pizza, hot dog, le schifezze. Siamo tornati e Pozzovivo ha preso l’acqua, un decaffeinato ed è andato in camera. Io e Vincenzo ci siamo guardati, siamo entrati in questo enorme fast food e ci siamo presi due pezzi di pizza, due hot dog, due hamburger e due birre. Vi dico solo che poi sono andato in camera e mi sono addormentato vestito da corridore. Mi sono svegliato alle 7 e un quarto, ho fatto la doccia e sono andato a cena.
Pozzo incorruttibile?
Ha continuato la linea sua fino a Genova e continua anche adesso. Non lo prendevamo in giro, ma ci chiedevamo come facesse. Abbiamo provato in tutti i modi a farlo sgarrare, tanto che ho detto a Vincenzo di pagare un pranzo di pesce con delle bottiglie e una l’ha pagata anche Domenico, ma non ha toccato alcol e neppure cibo… sporco. Non si è concesso niente, proprio niente. Ho visto solo altre due persone così nella mia vita: Ivan Basso e Davide Rebellin. Penso che Domenico non cambierà mai perché questo ormai è il suo stile.
E va ancora forte?
Ma forte davvero! Per battere il record di scalata su una salita secca è come se tu facessi una cronoscalata. Magari Nibali non lo batterebbe in una gara, però non va piano.
Vivono entrambi a Lugano e sono entrambi meridionali. Si capisce che per arrivare in Svizzera sono partiti da molto lontano?
Vincenzo lo respiri sulla sua pelle che ha dovuto faticare tanto. Domenico invece ha il suo lato intellettuale e ha preso il distacco da tutto quello che è il mondo povero, del ciclista ignorante. Lui è stato uno dei primi forse a qualificarsi in questo mondo, mentre con Vincenzo percepisci che lui ce l’ha fatta. Arriva dal nulla e si è preso tutto da solo. Siamo stati a Messina, abbiamo discusso di tutto quello che è stato Vincenzo, dai sacrifici, la bici, l’edicola della mamma e della sorella. Anche Domenico lo vedi che è un ragazzo del Sud, ma ce l’ha fatta anche con lo studio ed è diventato una sorta di terrone borghese (ride, ndr). Invece l’altro è un povero terrone (ride ancora più forte, ndr). Però entrambi sono grandi esempi. Lo dico sempre ai giovani: bisogna guardare il passato, non per fare quello che è stato già fatto, ma per capire cosa significhi stringere i denti.
Assist perfetto: a stare in mezzo a quei due, hai pensato alla tua carriera e cosa ti è mancato?
Abbiamo parlato di questo, perché Domenico mi conosce bene. Avendo corso alla Zalf, ha vissuto a Castelfranco e quindi ha avuto modo di conoscere il Lello atleta. Invece Vincenzo per certi aspetti non mi conosce e quando mi prendeva in giro che andavo piano, c’è stato un momento in cui Domenico gli ha detto quello che aveva visto. Cioè che se mi fossi impegnato veramente, magari non avrei vinto un Grande Giro perché ci volevano continuità e mentalità, ma se mi fossi concentrato sulle gare di un giorno, avremmo avuto veramente un corridore forte. Perciò, da una parte mi dispiace di non essere riuscito ad impegnarmi, ma la mia condizione familiare era quello che era e mi sono ritrovato da solo al Nord senza una gestione. Forse questo è stato il mio più grande rammarico. Mi ricordo una volta che Ballerini mi convocò in nazionale e in un’intervista disse che ero il leader dello spogliatoio. Questo mi ha permesso di restare per dieci anni in quel ciclismo. E ci ho tenuto a dire a Vincenzo, che se avessi avuto gente che mi seguiva, di lui non si sarebbe mai parlato (sorride, ndr).
Oggi c’è ancora spazio per personaggi alla Lello Ferrara?
Come atleta ho avuto degli sprazzi. Ho corso per dieci anni sempre al minimo, però questo mi ha permesso di non dover fare un lavoro normale (ride, ndr). Magari con un ciclismo controllato come adesso, dove ti devi allenare per forza e curare l’alimentazione, sarei potuto durare di più oppure saltare di testa. Mi rincuora il fatto che quando parlo con Guercilena, mi ricorda che se solo lo avessi ascoltato invece di fare le battute e scendere dal rullo, sarei stato un corridore. Lui e Morelli lavoravano alla Mapei e ci facevano i test quando ero alla Trevigiani. Però va bene così, sono contento e non ho rimpianti.
Siete usciti più uniti da questa crociera?
Sì, diciamo che abbiamo rischiato con quel maledetto KOM che Vincenzo e Pozzo non si parlassero più. E’ una cosa che purtroppo ha aperto una ferita in Vincenzo, il suo orgoglio sarà andarselo a riprendere. Si allenerà di certo, sono sicuro che presto il record di Dinnamare sarà nuovamente suo. Ma a parte questo, alla fine siamo usciti amici. Ci siamo conosciuti veramente, perché stare dieci giorni in camera da corridore, non significa niente. Invece in crociera abbiamo avuto modo di conoscerci bene, tant’è che ho detto a Vincenzo di darsi da fare e farmi lavorare per lui…
Risata. Allarga le braccia. Poi Lello Ferrara torna alla sua vita. «Se rinasco, voglio essere Lello Ferrara – ride – in alternativa, va bene Merckx…».