Il bronzo di Silvia è un anticipo di futuro

24.09.2022
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Alla fine fu più sorprendente il podio di Fayetteville, ai mondiali di cross dello scorso gennaio. Silvia Persico si infilò di forza nel dominio olandese, arrendendosi solo a Marianne Vos e Lucinda Brand. Oggi a Wollongong, sotto il diluvio australiano che ha portato freddo e sporco sulla corsa, la sensazione che la bergamasca potesse fare qualcosa di buono in fondo c’era. La tappa vinta alla Vuelta e prima ancora il quinto posto del Tour facevano pensare a una svolta imminente. Solo sensazioni, insomma, che lei con il suo fare schivo non sempre autorizzava.

«Le vittorie danno fiducia – diceva l’altra mattina in albergo mentre fuori pioveva – l’ultima alla Vuelta me ne ha data tanta e sono qua. Sono tranquilla, molto tranquilla e vediamo come va. Sicuramente supporterò Elisa Longo Borghini e Balsamo. Poi andrà come deve».

Alla partenza Persico sapeva di essere l’alternativa di Balsamo allo sprint
Alla partenza Persico sapeva di essere l’alternativa di Balsamo allo sprint

Il treno Kopecky

Oggi in quel finale pazzesco incendiato dalla Van Vleuten e dal suo scatto, si è avuta la sensazione che Silvia non sia riuscita a parlare con Elisa Longo Borghini che, in testa alla corsa dall’ultima salita, pensava a come fare la sua volata e poi la dedica giusta. Senza radioline, per parlare bisogna affiancarsi. E proprio mentre Persico si accodava al gruppo di testa e non aveva ancora cominciato a risalirlo, l’olandese col gomito fasciato ha sferrato l’attacco. E per le altre, che cullavano volate e tattiche, si è spenta la luce.

«Non ero il capitano – dice Silvia – ma quando ho visto che Elisa (Balsamo, ndr) si staccava, ho capito che avrei dovuto fare io la volata. Dire che ci sarei riuscita poi era un’altra cosa. Per fortuna mi sono resa conto che nel mio gruppetto c’era Lotte Kopecky e ho avuto la certezza che saremmo rientrate. Quest’anno è cominciato con un bronzo nel cross e finisce con un bronzo su strada. E’ stato decisamente un buon anno».

Accanto a Balsamo fino al penultimo giro, quando Elisa ha ceduto
Accanto a Balsamo fino al penultimo giro, quando Elisa ha ceduto

Decide Van Vleuten

Aveva visto giusto l’altro giorno, individuando nell’Olanda il faro della corsa e nella Van Vleuten l’ago della bilancia nonostante il brutto incidente. Anche sulla necessità di stare unite aveva visto bene. Oggi infatti il ruolo compatto l’abbiamo svolto noi, ma alla fine sono state le arancioni a portarsi via tutto.

«Mi piace questo percorso – diceva Silvia – molto duro e molto veloce. La gara dipenderà anche dall’Olanda e da come faremo la prima salita. Si continua a dire che non andrà via nessuno sullo strappo, ma la penso come Elisa Balsamo. Una Van Vleuten in forma, quando vuole va. Sarebbe capace anche di farsi 100 chilometri da sola, quindi alla fine dipenderà tutto da lei. Da come ha recuperato dalla caduta. L’importante per noi sarà stare tutti insieme».

In cima alla penultima salita con Annemiek Van Vleuten: hanno fatto corsa parallela fino al podio
In cima alla penultima salita con Annemiek Van Vleuten: hanno fatto corsa parallela fino al podio

Da un bronzo all’altro

Si apre con un bronzo e con un bronzo si chiude, perché poi non ci saranno altre corse. Quattro settimane di meritata vacanza e il primo training camp con la nuova squadra che si sussurra sarà la UAE Team Adq.

«In questi mesi sono cambiate tante cose – ammette Silvia venendosi a sedere accanto dopo la conferenza stampa – e secondo me questo bronzo vale più di quello, perché c’è dietro un grande lavoro di squadra. Ringrazio le compagne, perché nonostante non fossi leader della squadra, mi hanno supportato. Quanto allo sprint, credo che semplicemente non ci siamo organizzate con Elisa perché non abbiamo fatto in tempo a capire. La Van Vleuten ci ha beccate mentre pensavamo a cosa fare. Per cui mi prendo questo terzo posto e diciamo che mi aspettavo di fare bene. Sono venuta qua con l’idea di un podio. Magari mi sarebbe piaciuto il bersaglio pieno, ma per chiudere l’anno anche questo bronzo va davvero benissimo».

Simone Consonni, Elia Viviani, Tour Down Under 2020

Consonni al Giro: il Tour de France non basta

21.09.2020
5 min
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Simone Consonni ha debuttato al Tour de France ottenendo un buon terzo posto nella 14ª tappa vincendo la volata di gruppo (davanti c’era una fuga a due). Ma soprattutto è uscito dalla Grande Boucle con delle buone gambe. Per questo lo stiamo vedendo sulle strade del Giro d’Italia.

Ciao Simone, raccontaci la tua prima avventura al Tour…

Tutti mi dicevano che avrei visto una corsa incredibile, con tantissima gente, una festa ogni giorno. Chiaramente non è stato così per i motivi che conosciamo. Gli esperti mi hanno detto che non ho visto il vero Tour. Nonostante tutto l’importanza assoluta di questa corsa si è avvertita lo stesso. Poi sarà che sono in un team francese, la Cofidis, per cui il Tour de France è la corsa dell’anno. Per noi è stato un mondiale di 21 giorni. Siamo stati competitivi, ma purtroppo non siamo riusciti a vincere una tappa.

Simone Consonni (al centro) terzo nella Clermont Ferrand – Lione
Consonni (al centro) terzo a Lione
E tu sei quello che ci è andato più vicino…

In realtà Jesus Herrada ha colto un secondo posto, poi c’è il mio terzo, tra l’altro nel giorno del mio compleanno. Dispiace perché siamo sempre entrati nelle fughe o abbiamo corso davanti.

Quel giorno eri tu il capitano?

No, non era stata programmata la mia volata. A metà tappa c’era una salita di 10 chilometri e la Bora-Hansgrohe ha iniziato a tirare forte per far fuori i velocisti puri in favore di Sagan. Viviani si è staccato mentre io sono stato l’ultimo che è riuscito a restare agganciato al gruppo di testa. Solo dopo ho saputo che Elia non c’era e così mi sono giocato le mie carte.

Hai parlato dell’importanza e della grandezza del Tour de France, hai notato differenze anche nel modo di correre?

Sul piano tattico no, però il livello è impressionante. Nelle tappe da fuga cercava di scappare gente come Alaphilippe, Van Avermaet, Lutsenko… e quando sono questi nomi che fanno la corsa e tu sei un velocista in giornata no, rischi di restare solo a inizio corsa. E a quel punto vai a casa.

Fa impressione sentirti dire: «Noi velocisti». Hai vinto un italiano U23 che era piuttosto duro…

Ma quella durezza di percorso è il minimo tra i pro’ per non arrivare in volata. Chi è velocista puro tra i dilettanti, tra i grandi fa davvero fatica ad arrivare al traguardo. Al Tour de France ci sono state tappe velocisti con 3.000 metri di dislivello. Se ne fai una così tra gli under arrivano in dieci. Non a caso io sono andato più forte dei miei standard. La sera analizzando i dati ho visto che ho fatto dei personal best. E tutto questo per restare attaccato al gruppetto!

Hai mai avuto paura di finire fuori tempo massimo?

No perché il gruppetto era sempre grosso, anche di 70 corridori, però ci sono stati giorni in cui tenerlo è stato duro. Ricordo la tappa con quelle tre salite lunghe, quella con arrivo al Col de la Loze. Mi sono staccato al primo chilometro della Madeleine e da quel momento fino alla fine sono stato al limite. E’ stata una sofferenza davvero brutta.

E come hai fatto a tenere duro tutti quei chilometri. C’era qualcuno con te: compagni, ammiraglia?

No, eravamo senza ammiraglia. Una era con Guillame Martin e una con Herrada che era in fuga. Io ero con Viviani. Nessuno parlava. Solo nei tornanti ci lanciavamo delle occhiate per darci coraggio. La consolazione era che anche gli altri faticavano. Quei momenti sono delicati anche di testa. Non puoi permetterti nessun black out neanche per 500 metri, perché se ti stacchi in quel punto dal gruppetto sei fuori. Dietro, non si vede dalle telecamere, ma quando si può si va forte. Pensate che nella valle dopo la Madeleine, tutta in falsopiano, c’erano 50-60 corridori che giravano in doppia fila. In alcuni momenti il gruppetto recuperava persino sulla testa della corsa. Quindi se resti solo perdi anche più di un minuto a chilometro.

Tour de France 2021, Viviani e Consonni verso Col de la Loze
Consonni sul Col de Loze al Tour de France 2021
A proposito di Viviani, eravate in camera insieme? Elia ti ha dato dei consigli?

A volte ero con lui, a volte da solo, dipendeva dagli hotel, ma per tutto il resto del tempo in corsa e fuori siamo stati vicini. Il nostro rapporto era già buono, ma dopo il Tour si è cementato ancora di più. Più che consigli veri e propri la sera prima delle tappe in cui sarebbe potuta arrivare la volata mi chiamava per studiare il finale.

Ti aspettavi che Sam Bennet potesse rompere l’egemonia verde di Sagan dopo sette anni?

Sinceramente no. Al termine della seconda settimana era quello che tra i velocisti faceva più fatica, era finito. Poi invece dopo il secondo giorno di riposo è risorto. Succede nei velociti durante un grande Giro.

E tu come ne sei uscito? E hai perso peso?

Solo un chilo, ma perché sono partito già bello tirato: sapevo cosa mi aspettava. E ne sono uscito bene tutto sommato. Affaticato, stanco, ma non sfinito. Per questo mi hanno portato al Giro. Mi hanno detto: “Vediamo come va e semmai andiamo al Giro”. Sono rientrato il lunedì mattina dalla Francia, ho fatto un’oretta di agilità perché ne sentivo il bisogno e poi ho staccato tre giorni totali, più la domenica successiva. Ho fatto solo qualche richiamo di forza e di medio in salita prima del Giro.

Come mai niente volate? Non si perde brillantezza in questi casi?

Ma io non devo vincere le volate e poi per adesso l’obiettivo è quello di migliorare il fondo e la resistenza. Poi non vorrei essere un velocista puro, per dirla tutta. Ho provato fare gli sprint di gruppo, ma può andarmi bene una volta su venti, meglio quelli con qualche sprinter puro in meno.

Pogacar scorta Consonni alla Volta Algarve 2019
Pogacar scorta Consonni alla Volta Algarve 2019
Ultima domanda: l’anno scorso eri nella Uae con Tadej Pogacar, cosa ci dici di questo giovane sloveno?

Ero con lui nella Volta Algarve, sua terza gara da professionista, non lo conoscevo. Pensate, nella prima tappa lui era il mio uomo, quello che doveva proteggermi, portarmi avanti. Ci riuscì benissimo e rimasi colpito della sua abilità anche nel sapersi infilare tra i buchi nonostante non avesse una stazza grossa. E poi faceva le cose con facilità e infatti vinse la frazione successiva e la classifica generale. Di lui mi ha stupito soprattutto l’aspetto umano: fa le cose con una naturalezza tremenda. Non sente la pressione.

E del suo exploit?

Al Tour de France il giorno della crono ha fatto un numero. Alla fine Roglic ha perso 20” da Tom Dumoulin a crono e ci sta, ma il vero valore della prestazione di Pogacar va fatto con Richard Carapaz. Lui era in lotta per la maglia a pois e fino all’imbocco della salita è andato a spasso, ciò nonostante Tadej gli ha rifilato 1’20” solo sulla salita.