Giro alle spalle, ora le ricognizioni del Tour con la voce di Giada

Giada Gambino
11.06.2023
6 min
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Giada Borgato, reduce della sua esperienza in moto cronaca al Giro d’Italia (foto Mirror Media in apertura), è a casa e si sta preparando per affrontare un’altra bella ed impegnativa esperienza: le ricognizioni del Tour de France. Il ciclismo ha sempre fatto parte della sua vita, le ha regalato grandi emozioni ed importanti vittorie ma, oggi, ci racconta cosa significa non stare più in gruppo su una bici, ma farlo dalla sella di una moto… 

Cosa ti manca di più dello stare in gruppo? 

L’adrenalina principalmente. L’adrenalina della corsa in generale, ma soprattutto quella dei finali di corsa del ciclismo agonistico. Mi mancano quelle forti emozioni che solo una competizione come quella ciclistica ti può dare.

Il nuovo capitolo da commentatrice?

E’ nato un po’ per caso. Ho smesso di correre nel 2014 e a fine stagione, per annunciare il mio ritiro, venne Piergiorgio Severini, un giornalista della Rai a farmi un’intervista. Era un servizio riassuntivo di tutto ciò che riguardava la mia carriera. Alla fine, facendo una battuta, gli dissi che se mai avesse avuto bisogno di una mano, da quel momento ero in cerca di lavoro: ero disoccupata (ride, ndr). L’estate dopo mi chiamò dicendomi che mancava il commentatore tecnico. Se volevo, aggiunse, avrei potuto provare a commentare con lui. Così, ho iniziato a fare il commento tecnico per le donne e poi, piano piano, mi sono inserita anche nel ciclismo maschile.

Piergiorgio Severini, Lizzie Armitstead, Giada Borgato, Giro donne 2016
Giada Borgato con il suo mentore Piergiorgio Severini e Lizzie Armitstead al Giro donne 2016
Piergiorgio Severini, Lizzie Armitstead, Giada Borgato, Giro donne 2016
Giada Borgato con il suo mentore Piergiorgio Severini e Lizzie Armitstead al Giro donne 2016
Come hai vissuto la prima esperienza da commentatrice?

Fatica! Non pensavo, perché dovevo dire cose che fondamentalmente sapevo. Mentre ero lì mi resi conto invece che stare davanti alla telecamera piuttosto che ad un microfono non è per nulla semplice. Tanta gente ti ascolta e giudica se fai un errore grammaticale o se sbagli una virgola. Adesso magari faccio una frase che dura un minuto, prima la facevo da 10 secondi perché mi mancavano le parole. A volte mi ripetevo nella testa «Giada, devi dire quello che sai!». Piano piano, però, sono riuscita a sciogliermi. 

Adesso qual è la tua strategia?

Cerco di essere sempre più preparata possibile, che sia una corsa maschile o femminile, che sia il Giro d’Italia o che sia la gara del circuito del campanile come si suol dire (sorride, ndr). Mi preparo sempre alla stessa maniera. Spero di azzeccare le cose giuste, ovviamente non mi azzardo a dire cose che non ci sono, cerco di raccontare quello che vedo. Bisogna avere tante conoscenze, studiare, leggere e rimanere aggiornati ad esempio da siti come il vostro (sorride di nuovo, ndr).

Giada aveva fatto una prima prova generale di corsa sulla moto alla Sanremo
Giada aveva fatto una prima prova generale di corsa sulla moto alla Sanremo
Fare questo lavoro ti fa sentire quasi in gruppo?

Sì, assolutamente. Di fatto ho la fortuna che da una parte si è chiusa una porta e dall’altra si è aperto un portone. Mi è capitato di pensare di aver smesso di correre troppo presto, però probabilmente se non fosse andata a quel modo, non avrei intrapreso questa strada. Mi sento molto fortunata di essere ancora nel mio ambiente, nel mio mondo, di fare qualcosa che amo.

Commentare una corsa alla quale si è preso parte più volte, come il Giro Rosa… 

Sapete, adesso è cambiato tanto il ciclismo rispetto agli anni in cui correvo io. Ci sono anche tante cose nuove che devo raccontare. Anche se continuo sempre a pedalare, ci sono aspetti tecnici, moderni, nuovi del ciclismo femminile che bisogna prendere in considerazione. Ormai il mondo delle donne è molto vicino al ciclismo maschile.

Giada Borgato e Stefano Rizzato hanno raccontato il Giro dalle moto Rai dall’interno della corsa
Giada Borgato e Stefano Rizzato hanno raccontato il Giro dalle moto Rai dall’interno della corsa
Il Giro d’Italia in moto?

Una bella esperienza. In precedenza avevo fatto solo la Sanremo ed è completamente differente rispetto a una gara a tappe. Il Giro anche per noi della Rai è l’elemento più importante. Siamo in tanti: due moto cronaca, tre commentatori in cabina, tutti gli ospiti che devono avere la linea. Quando venivo chiamata io, inizialmente non sapevo esattamente quanto intervenire e in che modo, dovevo prendere un po’ le misure. Mi ci sono voluti un po’ di giorni e poi quando ho capito come funzionava, ho imparato a prendere il ritmo anche con gli altri e da lì ho iniziato a divertirmi. Certo, abbiamo preso tanta acqua, ma ripartirei anche domani.

Ti sentivi parte della corsa?

Sei fra loro, vivi tutto da dentro. Riesci a sentire proprio i rumori e a vedere da vicino anche i colori del Giro. Vedi le sofferenze dei corridori. Il più delle volte sei dietro e i primi che si staccano sono quelli che fanno più fatica, vederli soffrire così da vicino faceva quasi impressione. Li guardi, sotto la pioggia, sofferenti sulla salita e sai che dovranno affrontarne anche un’altra. Quando ti trovi davanti con qualcuno che può andare a vincere la corsa, è tutt’altra sensazione. Quindi vedi gli estremi: chi dietro lotta per arrivare a fine tappa sano e salvo e chi davanti lotta per la vittoria. In più ci sono tutte le sfumature: il corridore che va a prendere l’acqua, il momento di calma, un momento più concitato, i direttori sportivi, tutto quello che succede nelle ammiraglie dove c’è tanto stress.

«Acqua ne abbiamo presa tanta», sorride Giada Borgato: il Giro non ha dato scampo
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Un momento del Giro, che noi da casa non abbiamo potuto vedere, che ti è rimasto impresso?

E’ bello vedere i corridori che sono più indietro. Vengono avvicinati dall’ammiraglia, incitati e confortati. Oppure, è stato molto bello seguire Buitrago sulle Tre Cime di Lavaredo, che è stato affiancato più e più volte da Pellizotti, tanto che si è preso un po’ di parole dalla Giuria. Gli andava vicino, lo spronava, lo incitava e poi il colombiano ha vinto la tappa. Franco ha corso per tanto tempo, in quei momenti lì sicuramente sente l’adrenalina che aveva da corridore. 

Tra le giovani cicliste che stanno crescendo, chi promette?

E’ stato bello cosa ha fatto quest’anno la Realini (Gaia, atleta della Trek-Segafredo, ndr). L’anno scorso aveva fatto vedere buone cose, ma fare un exploit così tra le elite, è qualcosa che promette davvero bene.

Crono di Monte Lussari: non si segue in moto, Giada la racconta dal punto del cambio bici
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Continuare nel mondo Rai, è qualcosa che vorresti?

Lo spero, lo sport è il mio mondo, se riesco a continuare a lavorare per la Rai e raccontare il ciclismo sarebbe un sogno. Appello a Rai Sport: tenetemi il più possibile (ride, ndr)!

L’aspetto che più ti piace di questo lavoro?

Il contatto con la gente. Il ciclismo ti porta in giro per il mondo e conoscere persone con culture diverse ti lascia qualcosa in più, ti apre la mente.