Carbonari, dalla fuga più folle del Giro è nata la fiducia

09.07.2021
5 min
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Dopo l’arrivo di Mortegliano ribolle tutto. Ribolle la strada, ribollono le panchine e ribollono gli sguardi delle velociste che dopo la riga hanno un diavolo per capello. La volata dell’ottava tappa del Giro d’Italia Donne è stata ben più confusa del solito, a capo di una tappa corsa a ritmi davvero frenetici sul filo dei 42 all’ora. E mentre nei vari capannelli le ragazze si dissetano, si spiegano e sbolliscono l’adrenalina, sul traguardo passa Anastasia Carbonari. La marchigiana ha attaccato dopo una cinquantina di chilometri e ha scelto il giorno più piatto e torrido per andare in fuga. Dopo una quindicina di chilometri l’hanno raggiunta altre due ragazze. Poteva essere un azzardo e per certi versi lo è stato. Ma alla fine per prenderle il gruppo ha dovuto tirare faticosamente fino ai 6,5 chilometri dall’arrivo. Lei ha l’aspetto sfinito e in quei 42 secondi di distacco c’è tutta la portata della resa. Quando non ce la fai nemmeno a restare a ruota, più che le gambe ha mollato la testa.

Alla partenza, due parole in tranquillità fra Lucinda Brand ed Elisa Longo Borghini
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Un fatto di orgoglio

«I direttori sportivi ci avevano detto di provare – racconta – e nonostante fossimo stanche morte lo abbiamo fatto. Già essere qui è una grande cosa, sono contenta. La differenza fra le WorldTour e noi è ancora superiore a quello che succede fra gli uomini, perché qui manca anche una categoria under 23 che ci permetta di correre fra noi, senza subire la corsa delle più grandi e di conseguenza rischiare di bruciarci. Ma essere al Giro e aver preso la fuga di giornata per me è motivo di orgoglio. Una rivincita personale. Due anni fa fui investita da un’auto vicino casa. Sono rimasta a letto e poi per tre mesi col busto. Sono orgogliosa di me stessa».

Nel bar del grande hotel alle porte di Udine c’è silenzio. Anastasia racconta e la mascherina fa sì che i suoi occhi chiari sparino come fari. Il discorso va avanti, mentre fuori la luce parla ancora di caldo a non finire.

Le tre in fuga nel circuito di Mortegliano: il Veneto ha accolto bene il Giro
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Somma di esperienze

Il primo Giro non si scorda mai e forse alla fine sarà davvero così. La differenza di livello è tangibile: inizia dai mezzi e si arresta brutalmente sul livello atletico delle ragazze.

«Venire qui al Giro per me è una grande esperienza – dice – non avevo mai fatto una corsa a tappe così dura. Di solito corriamo in Italia, fra le élite abbiamo fatto Cittiglio e Strade Bianche, è un altro mondo. Io dico che le prime fanno un altro sport. Venire qui significa soprattutto confrontarmi con la realtà che sognavo da bambina. Vedere come si muovono le big è un’esperienza. Per questo stamattina ero molto motivata, lo dovevo a me stessa. Mi sono detta che dovevo farcela, perché non sono inferiore a nessuna».

Le moto intorno

Così se ne è andata dopo il traguardo volante e in quei 15 chilometri da sola a un certo punto ha pensato di averne fatta un’altra delle sue.

«Mi capita spesso di fare attacchi da matta – sorride – ma quando ho visto che avevo davanti le moto e accanto la telecamera, davvero è il sogno di una bambina che stava avverando. Sapevo che ci avrebbero riprese, anche perché le energie erano al lumicino. Però a un certo punto ci ho sperato. La prima cosa che ho detto quando sono arrivata, è che non so se domani avrò la forza per ripartire, ma lo finirò questo Giro. E poi non so se mi mancherà, ma di certo un po’ mi riposerò e poi andrò a Livigno con le mie compagne».

Sul palco con Anna Van der Breggen c’è Yanira, mamma di Silvia Piccini
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E ora si cresce

Miracolo di una fuga ben fatta. Nello sguardo ha tanta fiducia quanta forse non ne avremmo visto neppure stamattina alla partenza. E adesso il suo calendario prevede il Tour de l’Ardeche, poi il Giro di Toscana e quello delle Marche organizzato dalla sua squadra, la Born to Win. Il presidente Baldoni oggi è arrivato in corsa e avrà trovato qualche buon motivo per essere a sua volta soddisfatto. La tappa a Mortegliano l’ha vinta Lorena Wiebes. Ma forse stasera abbiamo incontrato una ragazza più contenta di lei. Chissà se gli osservatori delle squadre più grandi avranno preso nota di quel numero 71 in fuga…