La zona della spalla per il ciclista è per fortuna o purtroppo una delle parti del corpo più stressate in caso di caduta. A seconda delle differenti e innumerevoli possibili dinamiche, il nostro fisico dissipa qui la forza d’impatto fungendo da protezione naturale. Una delle casistiche possibili è proprio quella della lussazione dell’acromion-clavicolare.
L’abbiamo conosciuta durante questo Giro d’Italia con Andrea Vendrame che in seguito alla funambolica caduta di Salerno ha dovuto fare i conti con questo infortunio per più giorni prima del ritiro forzato a casa del Covid. Partiamo dal caso dell’atleta dell’AG2R Citroen e scopriamo questa lussazione con il dottor Maurizio Radi del FisioRadi Medical Center.
Che tipo di di infortunio è?
Una disgiunzione dell’acromion-clavicolare vuole dire che l’articolazione ha una lussazione. Il concetto dipende poi dal tipo di grado della stessa.
Per un ciclista cosa comporta?
Non crea così tanti problemi. Il primo grado è una semplice distorsione dell’articolazione senza lesione dei legamenti. E’ come una leggera diastasi dell’articolazione, ma i legamenti rimangono sani, leggermente stirati. Considerando che il ciclista non la va a sollecitare in modo così importante, Vendrame ha fatto bene a continuare. Anche se nell’insieme i punti di sutura hanno sicuramente complicato la ripresa.
Vendrame infatti ci ha detto di aver aspettato due tappe prima di alzarsi sui pedali per il troppo dolore…
Da un punto di vista clinico dell’articolazione, in cui si considera che la lussazione di primo grado non ha danneggiato i legamenti, normalmente con un po’ di laser si può guarire in 15-20 giorni. E’ normale che quando ci si alza sui pedali andando a forzare, si possa risentire di un dolore costante nei primi giorni.
Insomma un infortunio di questo tipo ad un Giro d’Italia complica di molto il recupero…
Sì, diventa una questione di sopportazione del dolore. Il pensare di continuare per più giorni sicuramente alza la difficoltà. Anche se per l’articolazione stessa non si creano grossi problemi. In sostanza l’omero spinge sull’articolazione e i punti di sutura tirano. In una fase di sforzo prolungato può essere molto doloroso.
Il discorso cambia se si dovesse riscontrare un secondo o terzo grado?
Nel caso del secondo grado, c’è una lesione del legamento acromio-clavicolare, una vera sublussazione, quindi una diastasi dell’articolazione. A quel punto la situazione diventa più preoccupante. Se poi si parla di terzo grado, addirittura viene messo un tutore per avvicinare la clavicola all’acromion, per fare cicatrizzare i legamenti.
Come viene trattato questo tipo di infortuni?
Si fa il laser e della Tecar per sfiammare e fare assorbire il versamento e ridurre l’infiammazione. Ma soprattutto non si deve sovraccaricare l’articolazione per farla guarire nel modo più corretto e veloce possibile.
Tra i differenti gradi di infortunio c’è un tempo di recupero esponenziale?
Sì. Il primo grado non lo si immobilizza. Quando si sono fatti 20 giorni di terapia, si è già a posto. Nel secondo e terzo grado, si deve mettere il “tutore di Kenny Howard” che spinge la clavicola verso il basso e l’omero verso lalto, consentendo un efficace trattamento conservativo. Lo si tiene più o meno per 21 giorni e comporta un irrigidimento della spalla. Ne consegue che quando si toglie il tutore si deve fare tutta la riabilitazione per recuperare la mobilità, la forzadella spalla e il tono muscolare di tutto il cingolo scapolare.
La ripresa da un infortunio di questo tipo che percentuale di riuscita ha?
In tutti e tre i casi si ha il 100 per cento di ripresa. L’unica cosa, nel secondo e terzo grado, la clavicola in questione rimane leggermente un po’ più alta e non è più proprio in linea come lo sarebbe naturalmente. Però da un punto di vista funzionale, se si viene seguiti nella guarigione e nella riabilitazione, non ci si porta dietro nessun tipo di problema.
In caso di impatto ripetuto in quel punto durante una stagione si ha una sorta di predisposizione?
No, una volta recuperato si riparte da zero. Cicatrizzato il legamento, non si ha più alcun problema. Nel primo grado non si ha nessun tipo di lesione quindi a maggior ragione si può stare tranquilli.
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La frattura della clavicola è una delle seccature più ricorrenti per il corridore. Basta andare giù sul fianco e avere il semplice riflesso di mettere la mano a terra per ripararsi dalla caduta e si percepisce netto lo schioccare dell’osso o del legamento, a seconda che si tratti di frattura o lussazione. Tutti durante la carriera prima o poi passano per l’antipatico inconveniente. Ricordate Pozzato fratturato a febbraio al Tour of Qatar del 2012 recuperare in tempo per fare secondo al Fiandre dietro Boonen e prima di Ballan? Oppure Tyler Hamilton che corse il Tour del 2003 malgrado la frattura, arrivando addirittura al quarto posto?
Noi ci siamo rivolti al dottor Antonio Padolino, ortopedico specialista in Chirurgia della Spalla e del Gomito e consulente del Centro Fisioradi di Pesaro, per capire quanto sia da prendere ad esempio il recupero kamikaze di certi atleti o non convenga piuttosto rispettare i tempi di una guarigione più cauta.
Che cos’è la clavicola?
La clavicola fa parte delle ossa lunghe del corpo umano, è a forma di “S” e si articola trasversalmente tra il processo acromiale della scapola, formando l’articolazione acromion-clavicolare e lo sterno, formando l’articolazione sterno-clavicolare. Il suo nome deriva proprio dalla sua forma a piccola chiave musicale “clavicola”. Gli uomini presentano una maggiore lunghezza di quest’osso rispetto alle donne ed un’angolatura maggiore.
Perché si rompe ed in quanti modi?
Le fratture della clavicola avvengono solitamente per trauma ad alta energia, come cadute ed incidenti stradali. Si può rompere in diversi modi, sia dal punto di vista dei frammenti che delle sedi. Se immaginassimo di dividere la clavicola in tre parti, mediale, centrale e laterale, le fratture si possono raggruppare in queste tre sedi. Le fratture “centrali”, meglio dette del corpo della clavicola, sono quelle più frequenti in quanto la densità ossea è inferiore rispetto alla porzione mediale e laterale. Ci possono poi essere fratture a due, tre o più frammenti.
Come si risolve? Intervento chirurgico sempre?
La prima cosa da fare, quando si ha un trauma alla spalla, è recarsi in pronto soccorso per effettuare una radiografia. Se confermata la frattura, la scelta del trattamento può essere duplice. Conservativa o chirurgica. Questa valutazione deve essere fatta dallo specialista ortopedico che, in base al tipo, sede, numero e scomposizione de frammenti, può decidere per l’una o l’altra soluzione.
Valutazione importante sono anche l’attività che svolge il paziente e l’età?
La scelta conservativa, per molti ancora oggi, è il trattamento di scelta, in quanto la clavicola ha un’ottima capacità di guarigione con un’immobilizzazione adeguata ed un minor rischio di complicanze di non guarigione. L’intervento chirurgico deve essere ben ponderato per quelle fratture altamente scomposte, con sovrapposizione dei frammenti ossei, che potrebbero forare la cute (vista la vicinanza tra osso e cute) e nei casi di un evidente accorciamento dell’arto superiore interessato.
Che mezzi di sintesi si usano e poi si devono rimuovere?
Presa la decisione chirurgica, anche qui dobbiamo fare delle scelte in base all’età e all’attività del paziente. Nei bambini e negli adolescenti, con ancora un basso grado di formazione ossea, è preferibile utilizzare una sintesi temporanea, ad esempio con un chiodo endomidollare. Nell’adulto o nello sportivo agonista, è preferibile ridurre e sintetizzare la frattura di clavicola con una placca in titanio e le relative viti. Questo tipo di sintesi permette di riallineare i frammenti e di stabilizzare la frattura permettendone la guarigione. Anche se non è scevra da rischi, come la mancata consolidazione a causa della riduzione dell’afflusso sanguigno in sede di frattura, dovuto all’insulto chirurgico. I mezzi di sintesi, nella maggioranza dei casi, vanno rimossi una volta guarita radiograficamente e clinicamente la frattura. In rari casi, in accordo con il paziente, possono rimanere in sede.
Ritorno in bicicletta dopo intervento?
Dopo l’intervento chirurgico, è necessaria un’immobilizzazione del braccio di circa 3 settimane, per consentire una corretta guarigione primaria della frattura e la formazione di callo fibroso, prima ed osseo poi. Una mobilizzazione precoce può aumentare il rischio di mancata guarigione. Dopo le canoniche tre settimane, si può iniziare una mobilizzazione passiva, con il fisioterapista, per recuperare l’articolarità della spalla ed evitare il rischio di rigidità. Dopo 4-5 settimane si può iniziare la riabilitazione in piscina riabilitativa, con acqua a temperatura di 32-34 gradi. I movimenti attivi, fuori dall’acqua, sono consentiti dopo circa 6 settimane. Il ritorno in bicicletta o comunque all’attività sportiva, deve essere valutato caso per caso, in base al dolore, articolarità della spalla, iniziale guarigione della frattura, comunque non prima delle 8 settimane. Le forze di stress, soprattutto in bicicletta, sulla clavicola sono molto importanti.
A volte, a parità di trauma, si può avere una lussazione acromion-claveare. Come prognosi è migliore della frattura?
La clavicola, nella porzione laterale, è stabilizzata all’acromion tramite i legamenti acromion-clavicolari (una vera e propria articolazione) e stabilizzata al processo coracoideo della scapola tramite i legamento coraco-clavicolari (conoide e trapezoide). Quando avviene un trauma diretto in questa zona della spalla (nello sport da contatto o nelle cadute dirette sulla stessa), si possono rompere questi legamenti ed abbiamo la lussazione acromion-clavicolare. La prognosi, rispetto alla frattura della clavicola, è praticamente sovrapponibile.
Quanti tipi di lussazione ci sono?
La classificazione universalmente accettata è quella di Rockwood. Sono classificati 6 tipi diversi di lussazione, in crescendo da 1 a 6 in base alla gravità della stessa ed alla compromissione dei legamenti prima elencati. La lussazione acromion-clavicolare è più frequente nei traumi in bicicletta rispetto alla frattura di clavicola
Quale tipo di trattamento per la lussazione acromion-clavicolare?
Anche qui il trattamento si divide in conservativo e chirurgico. E’ necessario eseguire in acuto una radiografia in proiezioni standard, nella proiezione per l’acromion-clavicolare ed una radiografia comparativa di entrambe le spalle per stabilire il grado della lussazione, oltre ovviamente all’esame obiettivo specialistico. La Risonanza Magnetica e l’esame TC possono essere di aiuto in casi selezionati. Fatta la diagnosi, anche qui si discuterà con il paziente il tipo di trattamento da effettuare. Per il grado 1 e 2, il trattamento di scelta è conservativo. Per il grado 3, si può discutere tra trattamento conservativo e chirurgico. Dal grado 4 in poi, il trattamento è pressoché chirurgico. L’immobilizzazione postoperatoria è mandatoria per 3 settimane. Poi il percorso riabilitativo segue sempre una mobilizzazione passiva con il fisioterapista e poi recupero attivo e passivo in acqua dopo 4-6 settimane. Il ritorno all’attività sportiva non può avvenire prima delle 8 settimane, compreso il ritorno in bicicletta.
E’ più rapida la ripresa dalla frattura di clavicola o dalla lussazione acromion-clavicolare?
Ovviamente va fatto un distinguo da caso a caso. Con le evidenze di oggi, possiamo dire che la ripresa dell’attività fisica post intervento della frattura di clavicola e della lussazione acromion-clavicolare può essere sovrapponibile. A volte si può “rischiare” una ripresa precoce nelle frattura di clavicola con un’ottima sintesi rispetto alla stabilizzazione acromion-clavicolare
Possono avvenire entrambe contemporaneamente?
Un trauma ad alta energia, come quello stradale, può portare ad avere contemporaneamente una frattura dell’estremo laterale di clavicola con rottura dei legamenti coraco-clavicolari, con conseguente lussazione del corpo della clavicola. In questo caso particolare, abbiamo la possibilità di un trattamento chirurgico unico con il sistema a carrucola che va a sostituire i legamenti coraco-clavicolari e riallineare i monconi di frattura, permettendone una corretta guarigione della frattura. I tempi di recupero non sarebbero comunque superiori ad una delle due lesioni prese singolarmente.
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