L’avventura di Justin Williams, messaggero di un nuovo ciclismo

10.07.2024
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Un giorno Justin Williams disse a suo padre che voleva fare come lui, diventare un corridore. Suo padre gli disse: «Ok, inizierai oggi. Ho in programma 110 km da fare sulla Pacific Coast Highway. Andiamo». Il 13enne Justin resse un bel po’, ma dopo 80 km si fermò per i crampi. Imperturbabile, suo padre lo lasciò indietro. Justin incredulo rimase ai bordi della strada, finché suo zio con il pick up non tornò a prenderlo. A casa chiese spiegazioni e serafico suo padre rispose: «Oggi hai imparato una lezione molto più importante dei chilometri percorsi: il ciclismo è duro e bisogna affrontarlo seriamente. Se hai intenzione di farlo, non ho nulla in contrario».

Justin Williams è nato il 26 maggio 1989. Ha vinto 2 titoli nazionali Usa nel 2018-19 e 2 nel Belize (2021-23)
Justin Williams è nato il 26 maggio 1989. Ha vinto 2 titoli nazionali Usa nel 2018-19 e 2 nel Belize (2021-23)

L’uomo del rilancio a stelle e strisce?

Perché parliamo di Williams? Certamente non è un corridore da prime pagine dei giornali, non frequenta neanche più il ciclismo professionistico, eppure negli Usa è considerato un personaggio, che sta cambiando anche la stessa visione del ciclismo. Provando anche a riportarlo in auge dopo i fasti e le contraddizioni dell’epoca di Armstrong, ma su basi completamente diverse.

Proveniente dal centro-sud di Los Angeles, forgiandosi nella vita di strada dove ogni dollaro era considerato una conquista, Williams inizialmente aveva provato a fare il ciclista attraverso i normali canoni, facendosi anzi notare su pista con alcuni titoli nazionali juniores. Ma la sua passione era su strada e tramite Rahsaan Bahati entrò anche in contatto con Axel Merckx, approdando alla Trek-Livestrong, contribuendo alla vittoria di Phinney nella Parigi-Roubaix U23, conquistando anche qualche kermesse in Belgio.

La conquista del titolo americano nei criterium 2018, bissata l’anno successivo
La conquista del titolo americano nei criterium 2018, bissata l’anno successivo

Da ciclista a imprenditore

Non era però quella la sua dimensione, così nel 2010 decise di non tornare in Europa. Alcuni anni dopo suo fratello Cory, che aveva trovato spazio alla Cylance Pro Cycling lo convinse a riprovarci, ma questa volta Justin prese una strada diversa, partecipando ai criterium nazionali aggiudicandosene 15, che diventarono 14 l’anno dopo, il 2017. Nel 2018 e ’19 vinse il titolo nazionale in questo tipo di competizioni, ma più che le vittorie, Joseph aveva capito che quella poteva essere la sua strada, non solo come corridore.

Nel 2019 Williams iniziò la sua attività come dirigente, abbinata a quella di corridore, fondando la L39ION, team continental di Los Angeles dedito quasi esclusivamente a questo tipo di competizioni. Iniziò con 7 corridori, coinvolgendo suo fratello Cory che prima di lui era stato estromesso dalla Cylance. Fra questi anche Kendall Ryan, selezionato per i Giochi Olimpici del 2021. L’idea di Justin era sviluppare l’attività promuovendola soprattutto negli ambienti neri e ispanici, facendo capire che poteva essere una strada buona per uscire dal ghetto, urbanistico ma anche culturale. Da lì iniziò la sua parabola, avversata dalla federazione nazionale al punto che Williams ha optato per la nazionalità dei suoi genitori, il Belize.

Il californiano ha fondato tre team, partendo dal L39ION di Los Angeles (foto Wilson)
Il californiano ha fondato tre team, partendo dal L39ION di Los Angeles (foto Wilson)

Il ciclismo, uno sport “bianco”…

«Usa Cycling non vuole miglioramenti perché è ancorata a vecchi schemi – ha recentemente affermato a Rouleur in una trasferta in Europa per promuovere un nuovo team con base a Londra – L39ION è nata per promuovere la diversità e la rappresentanza nel mondo dello sport sfidando idee che ormai sono obsolete. Il ciclismo, come tanti altri sport, è principalmente bianco e invece deve aprirsi, diventare multietnico. Ma può farlo solo attraverso vie nuove, ad esempio incrementando l’attività dei criterium che sono molto più spettacolari del ciclismo classico».

Williams, nella sua attività di imprenditore va davvero come un treno. L39IOn è solo la prima delle squadre da lui fondate. La sua idea ricalca molto esempi tipicamente americani mutati dagli sport di squadra: innanzitutto più team con nomi fantasiosi e che colpiscano la gente proprio come avviene nel basket o nel football, ad esempio Miami Blazers, Austin Outlaws. Poi coinvolgendo grandi sponsor assolutamente fuori dal mondo ciclistico: Williams è diventato una sorta di ambasciatore per Red Bull (che ha addirittura realizzato un docufilm per raccontare la sua storia, “Dear 39th Street”), ha coinvolto una grande azienda come Assos, ha spinto una grande compagnia d’investimenti come Wasserman Ventures ad affiancarlo. Il tutto per lanciare la sua nuova organizzazione, Williams Racing Development (WRD) destinata a prendere strade diverse da quelle canoniche.

Williams ha coinvolto grandi aziende nel suo progetto e punta ad allestire un calendario alternativo
Williams ha coinvolto grandi aziende nel suo progetto e punta ad allestire un calendario alternativo

La lotta con la federazione

«Dobbiamo modernizzare e diversificare il nostro sport per coinvolgere un pubblico più giovane. Ma queste idee non sono bene accette e USA Cycling continua la sua guerra contro di me, contro le mie idee perché vanno a minare lo status quo».

L’ultimo atto è una squalifica di due mesi comminatagli per un acceso diverbio con un altro corridore in uno degli ultimi criterium dello scorso anno: «La federazione applica regole diverse a persone diverse, ma non capisce che prendendomi costantemente di mira fa di me un esempio e chi guarda il tutto da fuori viene spinto ad abbracciare il mio credo. Per questo sto spingendo perché ai criterium vengano coinvolti sempre più commissari indipendenti, si esca dalle catene imposte dalla federazione che non fa nulla per far crescere questo sport.

Williams spinge sull’attività dei criterium, più spettacolari e godibili dal pubblico (foto Snowymountain)
Williams spinge sull’attività dei criterium, più spettacolari e godibili dal pubblico (foto Snowymountain)

Un uomo che non si arrende

«Mi criticano perché nelle gare le squadre vengono invitate a partecipare a discrezione dell’organizzatore. Ma nel ciclismo professionistico non avviene lo stesso? E’ questo che intendo quando parlo di regole diverse, è un doppio standard per giustificare l’odio nei miei confronti. Qualsiasi persona normale si sarebbe già arresa, ma io vengo dai bassifondi e so che bisogna sempre andare avanti. Vengo da un’America razzista dove anche gli insegnanti ti trattano come se non fossi nulla. Devi costruirti da solo. Del mio esempio si parla dappertutto, anche nel WorldTour mi conoscono e vogliono saperne di più perché io viaggio verso nuove frontiere ciclistiche delle quali altri beneficeranno».