«Di avversari ne ho avuti tanti, ma quello che mi ha fatto davvero dannare in salita è stato uno: José Manuel Fuente». Un’attestazione di stima da parte di Eddy Merckx che arriva con molti anni di ritardo per “El Tarangu”. Così era chiamato, “lo smemorato”, com’era soprannominato l’asturiano, morto a soli 50 anni per una pancreatite acuta. Colpo di grazia da parte di un fisico che gli aveva sempre dato problemi, ostacolando il suo talento. Oddio, anche la testa ci metteva del suo, considerando alcuni attacchi scriteriati che gli sono costati più di un successo.
Uno scalatore tutto talento
Fuente però era uno scalatore sopraffino, purissimo. Forse il vero prototipo di colui che appena vede la strada rizzarsi sotto le ruote si scatena e stacca tutti. In questo senso era l’espressione di quel talento che, quando lo guardi, pensi sia un dono della natura, come una giocata di Maradona o una volée di Federer. José lo aveva capito subito, si era innamorato ben presto della bici. Sul finire degli anni Sessanta, aveva capito che attraverso di essa poteva affrancarsi dalla sua condizione di povertà contadina nella quale era nato. Non erano certo i tempi odierni, non giravano tanti soldi nel mondo delle due ruote, ma per lui significava comunque fare la differenza.
Il primo suo anno fra i grandi è il 1970: esordisce fra i grandi con una vittoria di tappa al Giro di Catalogna e si distingue alla Vuelta (allora antipasto del Giro d’Italia) finendo 16° ma conquistando la maglia di miglior giovane. L’anno dopo è già maturo per grandi traguardi. Visto che la Vuelta non è andata bene, si schiera al via sia al Giro che al Tour. La classifica è ancora qualcosa di troppo grande, ma intanto si fa vedere cogliendo la vittoria a Pian del Falco e, alla Grande Boucle, a Luchon e Superbagneres. Fuente ormai è pronto…
La storia di Fuente, la storia della Kas
Nel 1972 passa all’incasso. L’asturiano corre nella Kas, formazione che raggruppa molti dei migliori corridori iberici. Alla Vuelta è uno squadrone che lascia agli avversari le briciole e per i direttori sportivi c’è da lavorare per tenere in ordine le aspirazioni singole. Fuente parte come leader insieme a Miguel Maria Lasa che conquista subito la maglia amarilla, per poi passarla dopo due giorni a Domingo Perurena. Il giovane rampollo aspetta il suo turno e questo arriva a Formigal, dove bisogna decidere solo chi vince, perché fra i primi 8 di classifica ci sono 6 dello stesso team. Fuente fa il vuoto, guadagna quasi 7’, la maglia è sua. Ora però non c’è tempo per riposare: dopo una settimana parte il Giro e lo spagnolo sogna di staccare anche il Cannibale…
Al Giro è subito pronto a graffiare e lo fa non in una tappa semplice, ma sul Blockhaus, dove Merckx aveva già trionfato. Il belga non si aspetta che quello spagnolo vada così forte, invece gli scatta in faccia e al campionissimo non resta che lasciarlo andare e limitare i danni. Fuente va a prendersi la maglia rosa, ma certe malizie del ciclismo ancora non le conosce. Merckx si mette d’accordo con Gosta Pettersson, lo svedese campione uscente, e gli tende un tranello a Catanzaro, lo spagnolo ci casca e perde la rosa. Il fatto che sia il più forte in montagna è la sua delizia ma anche la sua croce: appena la strada si rizza lui prova, senza contare su alcuna tattica, senza strategie. E nella tappa dello Jafferau paga pegno: attacca troppo da lontano, finendo per spomparsi. Merckx ringrazia, sullo Stelvio lo tiene a bada lasciandogli la vittoria e alla fine vince con 5’30” di vantaggio.
Galibier e Izoard, una sfida come sul ring
Nel ’73 Fuente sceglie un approccio più soft al Giro perché la corsa rosa gli piace, e tanto. Niente Vuelta, nella corsa rosa vince il tappone di Auronzo di Cadore e riconquista la maglia verde, ma in classifica è solo 8°. Il suo vero obiettivo però è il Tour, disertato dal Cannibale così sono in tanti ad ambire al successo. La sua partenza è ad handicap perché sul pavé proprio non va, rimbalza, finisce che perde oltre 7’. In salita prova a riprendersi e nella tappa di Galibier e Izoard regala un grande spettacolo con il compatriota Luis Ocana, si sfidano con scatti a ripetizione ma alla fine è quest’ultimo a spuntarla, staccandolo di 58”. Fuente finirà terzo in classifica, dietro lo stesso Ocana e Thevenet e pochi si accorgono che così è il primo iberico a salire sul podio dei tre grandi giri. Impresa per pochi…
L’anno dopo si prende la rivincita alla Vuelta, portando il francese al ritiro dopo la prima settimana e battendo lo stesso Ocana che non sale neanche sul podio. Ma nella cronometro finale un lungo brivido gli scorre lungo la schiena, con quel traguardo che non arriva mai mentre il portoghese Agostinho quei chilometri se li è mangiati. Alla fine la spunta per soli 11”: al traguardo non riesce neanche a esultare, tanta è stata la fatica.
L’attacco a Sanremo e la crisi sul Longan
Torna al Giro, alla terza tappa a Sorrento è già in rosa e inizia a colpire Merckx come farebbe un pugile sul ring, mettendo l’avversario alle corde e tempestandolo di colpi: sul Carpegna gli rifila 1’05”, al Ciocco 41” e nella cronometro di Forte dei Marmi i secondi gli sono ancora favorevoli, ne salva 18”. Merckx comincia a paventare la sconfitta, perché arrivano le Alpi ma ancora una volta Fuente non sa gestirsi. Nella tappa di Sanremo va all’attacco troppo presto e sul Longan va in crisi nera perdendo 8’.
Il seguito è un lento recupero: 2’21” sul Monte Generoso, 13” a Iseo, 1’47” sulle Tre Cime di Lavaredo. Tappe che non fanno che confermare che contro Merckx, contro “quel” Merckx avrebbe potuto vincere, con una condotta meno scriteriata perché il belga non lo teneva. E’ l’ultimo squillo della sua carriera, nel 1976 si ritira per problemi renali che lo porteranno anche a un trapianto, fino alla sua scomparsa.
Il problema dell’iperinsulinemia
Solo con il tempo si scoprirà che Fuente era affetto da iperinsulinemia, uno scompenso di glucosio che lo portava in date condizioni ad andare in crisi, senza un’alimentazione e un’idratazione adeguata. Oggi sarebbe uno scherzo risolvere il problema ma allora erano altri tempi e forse il fatto che a fronte dei suoi ripetuti scatti aveva difficoltà a tenere alti ritmi senza dover subito rilanciare si deve proprio a questo. Ma in salita faceva male, eccome…