Quale futuro per Agostinacchio? Il WorldTour lo aspetta

11.02.2025
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Lo scorso anno, parlando con Stefano Viezzi al via della Coppa del mondo di Benidorm, capimmo che la sua squadra dei sogni fosse la Alpecin-Deceuninck per fare come il suo idolo Van der Poel. Per cui il friulano vinse il mondiale juniores di cross e firmò proprio per il devo team della squadra belga con cui ha corso le ultime gare di cross nel 2025 e con cui inizierà la prima stagione under 23 su strada. Allo stesso modo, ci siamo chiesti quale sarà il futuro di Mattia Agostinacchio dopo l’identica vittoria nel cross.

Il valdostano ci ha raccontato che le prime persone che ha sentito dopo il successo iridato sono stati suo padre, presente a Lievin, la mamma e il fratello Filippo rimasti a casa e il suo procuratore. Stava parlando di Omar Piscina, collaboratore di Giuseppe Acquadro. E proprio con quest’ultimo abbiamo scambiato qualche parola per capire che cosa ci sia nel futuro prossimo di Agostinacchio.

Giuseppe Acquadro, piemontese di Biella, è l’agente di Agostinacchio (foto ciclismo.com)
Giuseppe Acquadro, piemontese di Biella, è l’agente di Agostinacchio (foto ciclismo.com)
Qual è l’interesse delle squadre WorldTour per un corridore che vince il mondiale juniores di cross?

E’ abbastanza elevato, soprattutto se vedono che va forte nelle gare più veloci di cross, quelle che somigliano più alla strada. Le squadre sono molto interessate ai giovani che fanno la multidisciplina.

E’ cambiato qualcosa nella valutazione di Agostinacchio prima e dopo il mondiale?

E’ normale che l’attenzione sia aumentata, però Mattia era nel mirino già da prima. C’erano tre squadre, erano anche di più però ho deciso di lavorare con queste tre, interessate a lui.

Squadre interessate a mantenere la multidisciplina o che alla prima occasione lo sposteranno soltanto su strada?

Per adesso sì, manterranno il cross. Poi, dopo 3-5 anni, si vede com’è il corridore e come si sviluppa. Penso che Mattia sia un corridore adatto alle classiche. Bisogna capire quale tipo, se le Ardenne, quelle del pavé oppure entrambe.

Agostinacchio correrà da junior nella Trevigliese: dobbiamo aspettarci che cambi squadra durante la stagione?

No, no, deve fare i due anni da junior, ma non escludo che magari durante l’estate potrebbe fare un training camp con la squadra per la quale deciderà di firmare. In questo modo, inizieranno a conoscerlo meglio.

Mattina Agostinacchio ha trionfato nel mondiale juniores di cross non avendo ancora 8 anni
Mattina Agostinacchio ha trionfato nel mondiale juniores di cross non avendo ancora 8 anni
La prospettiva secondo te è un devo team oppure subito il professionismo?

Penso sia sicuro che andrà subito nel WorldTour, con un contratto lungo per permettergli di avere un programma di gare molto leggero per i primi due anni e poi, man mano, crescere.

Nella trattativa si potrebbe inserire anche suo fratello Filippo?

Ecco, magari il fratello potrebbe andare nel vivaio della squadra dove firma Mattia per vedere come cresce anche lui.

In che modo sei entrato in contatto con lui?

L’ho visto l’anno scorso in due o tre corse su strada, le poche che aveva fatto su strada. L’ho osservato nei video, l’ho visto dal vivo e a quel punto ci siamo detti con Omar Piscina, che lavora per me come scouting in Italia e un po’ anche all’estero nell’Europa del Nord, di provare ad avvicinarlo. Omar ha avuto il primo contatto con i suoi genitori già l’anno scorso, prima che esplodesse. Perché quando sono minori, devi passare attraverso i genitori.

Quali sono le due o tre squadre in ballo per prenderlo?

Per adesso non lo dico, ma se ci risentiamo tra un mese, vi dico tutto. Non sarà una firma vera e propria, ma un impegno con i suoi genitori e poi, appena sarà maggiorenne, sarà lui a firmare.

Hai parlato di un contratto lungo: parliamo di tre, quattro o cinque anni?

Al momento con i più giovani pensiamo a tre o quattro anni, forse tre sono il numero migliore. Poi bisogna vedere come si inserirà, l’ambientamento nella categoria, perché può andare subito alla grande o avere bisogno di un periodo cuscinetto.

Uran era uno dei corridori di Acquadro. Si è appena ritirato ma resta molto popolare in Colombia
Uran era uno dei corridori di Acquadro. Si è appena ritirato ma resta molto popolare in Colombia
Durante questo anno con la Trevigliese i vostri rapporti con Mattia quali saranno?

La Trevigliese è una delle migliori squadre d’Italia. Lavora molto bene ma, come dicevo, penso che Mattia farà un training camp per la squadra WorldTour in cui correrà. E loro magari cominceranno ad affiancargli il preparatore in modo da conoscersi e impostare il lavoro assieme.

Cambiamo discorso: come farai senza Uran? Ed è vera questa sua voglia di darsi al calcio di serie A?

Dopo il suo ritiro, ho preso altri corridori, vediamo se fra loro ci sarà il nuovo Rigo (ride, ndr). Era forte e matto, ovviamente in senso buono. Quanto al calcio, ha detto che gli basterebbe giocare cinque minuti in serie A. Non credo che immagini una carriera da calciatore. Estroso sì, ma con i piedi per terra.

Quei due anni di Martinez a San Baronto. Scinto racconta

30.04.2022
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Quel pugno stretto alla volta di Bernal sulla salita verso Sega di Ala. La vittoria al Delfinato 2020 e poi la tappa a Pas de Peyrol nel Tour dello stesso anno. I Paesi Baschi poche settimane fa. Quando pensiamo a Dani Martinez, che dallo scorso anno è passato dalla EF Pro Cycling alla Ineos Grenadiers, abbiamo davanti agli occhi l’armatura inscalfibile che solitamente si associa ai corridori del team britannico. Eppure c’è stato un periodo in cui il colombiano è stato un ragazzino da scoprire, arrivato in Italia senza sapere che cosa sarebbe diventato da grande.

Base a San Baronto

Il suo procuratore Acquadro infatti lo consegnò fra le mani di Luca Scinto, in quella fucina di ottimi corridori che è stato a lungo San Baronto. Arrivò in un giorno di gennaio del 2015, con la valigia e un mondo tutto nuovo da scoprire.

«Ci proposero lui e altri ragazzini – ricorda il tecnico toscano – Amezqueta, Rodriguez e l’anno dopo anche Florez. Di Martinez parlavano già tutti un gran bene. Aveva il contratto con il Team Colombia di Claudio Corti, che però chiuse. Quando andai a prenderlo all’aeroporto, mi trovai davanti un bambino di 19 anni, con l’apparecchio ai denti. Lo sistemammo nell’hotel di San Baronto, con cui avevamo fatto una convenzione, e lo affidammo per la preparazione a Michele Bartoli. Fu lui dopo i primi test a confermare che fosse fortissimo. Che aveva da crescere, ma non aveva numeri tanto comuni…».

E’ stato Bartoli a capire subito dai test che Martinez avesse numeri non comuni (foto Instagram)
E’ stato Bartoli a capire subito dai test che Martinez avesse numeri non comuni (foto Instagram)
Vi fu dato perché lo faceste maturare?

Si fece un programma di crescita graduale. Però lo portai in entrambi gli anni al Giro d’Italia. Era giovane, ma qualche sprazzo lo fece vedere nelle crono. Tirò quasi tutto lui nella cronosquadre della Coppi e Bartali che chiudemmo al quarto posto. Stessa cosa al Giro del Trentino, ottavi. In salita invece stava nei gruppetti, ma ci stava perché era tanto giovane. Nel 2016 arrivò fino a Milano, il secondo anno lo fermammo dopo la tappa di Bormio vinta da Nibali, quella di Dumoulin con il mal di pancia, in cui lui arrivò a 23 minuti. Il dottore voleva farlo fermare sullo Stelvio. Era andato in crisi, ebbe un calo di zuccheri. Però fu cocciuto e arrivò al traguardo. A fine stagione avemmo la conferma che avesse davvero qualcosa di più…

Vale a dire?

Arrivò nei primi dieci alla Tre Valli Varesine e alla Milano-Torino. Quarto nella generale, con un terzo di tappa al Giro di Turchia. Con noi c’era il contratto in scadenza, arrivò la EF e se lo portò via. Non potevamo trattenerlo. Se fossimo stati cinici, lo avremmo fatto firmare al Giro, ma sarebbe stato ingiusto trattenerlo contro voglia e davanti a una WorldTour.

Al primo anno con la squadra di Scinto, Martinez dimostra subito di andare forte nelle crono
Al primo anno con la squadra di Scinto, Martinez dimostra subito di andare forte nelle crono
Pensi che quei due anni gli siano serviti?

Fu tutelato, come è giusto che sia per un ragazzino di 19 anni. Dopo il Giro lo scorso anno venne a San Baronto (foto di apertura, con Scinto e il diesse Tomas Gil, ndr) e mi disse che un po’ di scuola di Scinto servirebbe a tanti giovani. Lui si è costruito da solo, gli dicevo di essere partecipe della propria crescita e lo è sempre stato. Gli stranieri non sono mammoni come gli italiani, noi abbiamo proprio un’altra struttura mentale. Questo partì a 19 anni dalla Colombia per venire in Italia, si capisce che la voglia di sfondare fosse tanta.

Dicevi che con lui arrivarono Amezqueta e Rodriguez…

Gli altri non erano al suo livello, ma anche con loro avemmo pazienza e alla fine sono venuti fuori dei corridori dignitosi (Amezqueta corre dal 2018 alla Caja Rural, Cristian Rodriguez è al secondo anno con la TotalEnergies, mentre Florez è al secondo anno con la Arkea-Samsic, ndr). Buoni corridori, non fenomeni, che sono cosa rara ma ci sono sempre stati. Come Saronni che vinse il Giro a 21 anni. Tutti vogliono diventare corridori subito e l’ambiente li spinge ad aver fretta.

Perché dici questo?

Perché un giovane non capisce ed è normale che voglia bruciare le tappe. E se alle corse di allievi e juniores, vedi quasi più procuratori che genitori, il ragazzino magari potrebbe pensare di essere un fenomeno.

Il primo Martinez non era tirato come adesso, la crescita ha fatto la sua parte…

Non era grosso, ma ha avuto seri problemi di allergia. Tanto che, prima con il dottor Gianmattei e poi tramite Bartoli, andammo per risolverla e per fortuna se ne venne a capo. Sapevamo che fosse un corridore vero e per quello facemmo il possibile per aiutarlo. I test continuavano a dire questo e a crono ha sempre avuto dei numeri incredibili. Se quest’anno avessero deciso di portarlo al Giro, parlo da tecnico e da tifoso, al 90 per cento sarebbe salito sul podio. Al Tour sarà diverso, troverà avversari di un livello superiore.

Nel 2018 arriva la EF Pro Cycling e lo porta via. Qui in Colombia con Bernal e Geoghegan Hart
Nel 2018 arriva la EF Pro Cycling e lo porta via. Qui in Colombia con Bernal e Geoghegan Hart
Cosa si prova a vederlo così forte?

Ho sempre detto che fosse un talento e sarebbe diventato un corridore. Qualcuno rideva. Ricordo di aver fatto questo discorso con Pancani. Quando fai una squadra con dei corridori giovani, devi avere pazienza. Poi arriva la WorldTour e te li porta via: è la legge del gruppo. Potresti farli firmare per cinque anni, ma non sarebbe giusto. Sarebbe da prevedere un riconoscimento, questo sì. L’ho tenuto qua, ho pagato vitto e alloggio, aveva lo stipendio un po’ sopra al minimo, gli ho insegnato un mestiere. L’UCI potrebbe prevedere qualcosa…

Con questo Scinto è sempre un piacere ragionare, ritrovando in lui il lampo dei primi tempi. Il professionismo lo ha messo da parte e lui ha scelto di ripartire dagli juniores. Eppure nel vivaio di una squadra importante, la sua passione e la capacità di coinvolgere i ragazzi sarebbero ancora un prezioso valore aggiunto. Quegli anni magici di San Baronto – tra Visconti, Gatto e Giordani – non si dimenticano. Su tutto il resto, probabilmente s’è avuta troppa fretta di appendere responsabilità.