E’ un argomento delicato. Così tanto delicato da risultare fastidioso e sperare di poterne stare alla larga, anche se tanti ci hanno chiesto come mai non abbiamo scritto ancora nulla sulla vicenda di Tiberi e il gatto. Una storia accaduta a giugno, conclusa a settembre e data alle cronache pochi giorni fa. La tempistica è insolita, ma c’è poco da commentare davanti a chi si compra un fucile, apre la finestra e spara ai cartelli ammazzando un malcapitato felino. Cambia poco che il gatto sia stato ucciso per errore. Una ragazzata? Sarebbe sbagliato chiuderla così.
Come a scuola
Antonio Tiberi è un bravo ragazzo e fra i suoi errori c’è stato anche quello di non aver avvisato la squadra ai tempi del fatto. Nei giorni scorsi tuttavia ne abbiamo sentite di tutti i colori. Il fatto merita condanna, questo è fuori discussione. Ma come accade in episodi che coinvolgono un personaggio pubblico, chiunque ne abbia scritto sui social ha impugnato la tastiera come la carabina, sparando sul ciclista.
Della vicenda è capitato di parlare diffusamente alla recente Strade Bianche e la storia di Tiberi e il gatto ha cambiato completamente prospettiva.
Da una parte c’è stato il richiamo all’obiettività. I colpi sono stati sparati dalla finestra di un appartamento e il gatto è morto. Dall’altra abbiamo ascoltato quelli che hanno rilevato la stranezza di una notizia resa pubblica ben oltre la sua conclusione.
Un po’ come quando si va a colloquio con gli insegnanti e si cerca di spostare l’attenzione dalla negligenza dello studente al ruolo del docente.
Il caso Simmons
Parlando con lo staff della Trek-Segafredo, che ha sospeso Tiberi fino a data da destinarsi, abbiamo cercato di cogliere le differenze rispetto al caso che portò alla sospensione di Quinn Simmons.
Correva il 2020 e il corridore americano, neoprofessionista dopo aver vinto il mondiale juniores ad Harrogate 2019, rispose al tweet di José Been. Nel post, la giornalista augurava al popolo americano che la presidenza Trump terminasse alla svelta. Il commento di Simmons fu l’emoji di una manina di colore che salutava.
«Mentre sosteniamo il diritto alla libertà di parola – scrisse il team in una nota – riterremo le persone responsabili delle loro parole e azioni. Purtroppo, Simmons ha rilasciato dichiarazioni online che riteniamo divisive, incendiarie e dannose per la squadra, il ciclismo professionistico, i suoi fan e il futuro positivo che speriamo di contribuire a creare per lo sport. In risposta, non correrà per Trek-Segafredo fino a nuovo avviso».
Simmons, come ora Tiberi, si scusò: «A coloro che hanno trovato razzista il colore dell’emoji, posso assicurare che non intendevo interpretarlo in quel modo. Vorrei scusarmi con tutti coloro che l’hanno trovato offensivo poiché mi oppongo fermamente al razzismo in qualsiasi forma».
Personaggio pubblico
Quel tweet fu dirompente, almeno dal punto di vista della proprietà americana del team. Diede risonanza mondiale a un fatto che altrimenti sarebbe rimasto negli Stati Uniti. Simmons aveva 19 anni, ma capì presto che essendo un personaggio pubblico, non gli era consentito alcun tipo di leggerezza.
Anche Tiberi è molto giovane, di anni ne ha 21, ma il caso che lo riguarda è universale. Il fatto che sia un personaggio pubblico ha reso il gesto ancora più grave, al pari di altri episodi successi in passato ad altri corridori. Il pizzico di Sagan al sedere della miss al Fiandre del 2013. La brutta gaffe di Keisse nel 2019 in Argentina, con una cameriera che lo denunciò per molestie. Per terminare alle accuse di razzismo all’indirizzo di Moscon. Gesti che provocarono multe, sospensioni e minacce di licenziamento.
Il lavoro e l’ozio
Si potrebbe allargare ulteriormente il discorso. Si va a vivere lontani da casa in residenze di comodo per avere delle agevolazioni. Succede però che terminato l’allenamento si viva da esiliati, sperimentando la noia. Questo almeno raccontano alcuni dei corridori residenti. Così magari l’idea di comprarsi un fucile (ancorché depotenziato) e provarlo può sembrare il modo per passare un po’ il tempo.
A volte stare vicini a questi ragazzini così forti e privilegiati comporta anche la responsabilità di educarli per il ruolo che ricoprono. E magari indirizzarli verso scelte che alcuni di loro – presi come sono a inseguire la prestazione, il peso e la perfezione atletica – non sono in grado di valutare. Ci sono atleti, ad esempio, che nel tempo libero hanno scelto di studiare e si sono laureati.
Il tiro al Tiberi che si è scatenato nei giorni scorsi è stato violento quanto il tiro di Tiberi al gatto. Antonio è una brava persona e viene da una bella famiglia, per cui starà maledicendo da giorni quel gesto sconsiderato. E’ indubbio che abbia imparato la lezione: sarebbe grave se si trincerasse dietro qualsiasi forma di vittimismo.
Non si sa cosa deciderà la Trek-Segafredo. Si ventila anche l’ipotesi del licenziamento, a fronte del quale ci sarebbero già un paio di squadre pronte a farsi sotto. Come si disse qualche giorno fa, il ciclismo non è per tutti. Essere professionisti al top non significa solo firmare dei bei contratti. Significa anche ricevere (e pretendere) da chi ti assiste la formazione necessaria per saperci stare dentro.