La resa di Courchevel: l’analisi del dottor Magni

27.07.2023
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“I’m gone” (sono andato/finito) così Tadej Pogacar ha alzato bandiera bianca contro Jonas Vingegaard, mentre la strada saliva sotto le sue ruote in direzione Courchevel. Una frase semplice, ma che dentro di sé racchiude tante sfumature. Lo sloveno ha tirato troppo la corda in questo Tour de France. I primi scricchiolii sono arrivati nella cronometro di Combloux, mentre il suo vaso di Pandora è stato scoperchiato definitivamente poche ore dopo

La crisi che ha colpito il due volte vincitore della Grande Boucle ci ha fatto scaturire tante domande. Abbiamo così interpellato il dottor Emilio Magni, così da avere un parere autorevole in merito. 

Con Emilio Magni, dottore dell’Astana, abbiamo analizzato la crisi di Pogacar a Courchevel
Con Emilio Magni, dottore dell’Astana, abbiamo analizzato la crisi di Pogacar a Courchevel
Dottore, cosa succede in una crisi del genere?

Questi momenti di crisi sono multifattoriali, Pogacar ha detto di aver sentito maggiormente il problema dell’alimentazione. Mangiava ma non riusciva ad integrare, ritrovandosi con le gambe vuote. Ma questo è solo un aspetto di una crisi più o meno improvvisa. 

In che senso più o meno?

Queste situazioni derivano da uno stato di affaticamento acuto. Si tratta di una risposta adattiva dell’organismo, il quale prende provvedimenti per salvaguardarsi. E’ un allarme per far sì che la situazione non peggiori ulteriormente. 

Cosa succede?

La prestazione si abbassa, il corpo riduce le prestazioni, in medicina si chiama meccanismo omeostatico. E’ la tendenza dell’organismo a mantenere le condizioni di partenza. 

Nonostante la grande prova, i primi segnali di cedimento sono arrivati nella cronometro di Combloux, lo sloveno ha pagato 1’38”
Nonostante la grande prova, i primi segnali di cedimento sono arrivati nella cronometro di Combloux, lo sloveno ha pagato 1’38”
Una causa potrebbe essere la preparazione non adeguata?

Come detto è una situazione multifattoriale, la preparazione non adeguata potrebbe essere una causa. Un altro fattore importante è il carico di prestazione che nel caso di Pogacar, magari, è stato eccessivo. Lo sloveno potrebbe averne risentito dal punto di vista muscolare, metabolico ed energetico. 

O ancora?

Un’altra causa si può trovare nell’insufficiente tempo di recupero. Quest’ultima causa in particolare impedisce al muscolo di ristabilire il livello di glicogeno, che è la sua benzina principale. A volte non bastano 24 ore, i ciclisti non hanno nemmeno quelle, visto che finiscono la tappa alle 18 e ripartono alle 12 del giorno dopo. 

Quindi la mancanza di una gara di avvicinamento, come il Delfinato, è un fattore?

Ci vuole una base di preparazione così che l’organismo si possa abituare ed incrementare la performance. Ci sono anche altri “campanelli” d’allarme. 

La maglia gialla se ne va, Pogacar arranca: il vaso di Pandora è stato scoperchiato
La maglia gialla se ne va, Pogacar arranca: il vaso di Pandora è stato scoperchiato
Quali?

Dal punto di vista sintomatologico vi sono dei segnali soggettivi come: la perdita di forza, di resistenza, il mal di gambe e dolori muscolari. Sono tutte cose che l’atleta avverte e che possono portare anche a dei sintomi mentali: difficoltà di concentrazione, mancanza di appetito e condizioni di sonno peggiori. 

Anche se poi nella tappa di Le Markstein Pogacar ha vinto, come lo spiega?

Si tratta di un corridore di qualità assoluta. Anche in una situazione di crisi mantiene delle prestazioni alte, anche più elevate di altri atleti che in realtà sono in forma. Pogacar ha fatto uno sforzo di testa, a mio modo di vedere. Le Markstein era l’ultima tappa, ha dato tutto, considerando che Vingegaard aveva un vantaggio rassicurante. 

Ci sono anche dei dati oggettivi che possono anticipare queste crisi?

Assolutamente. Uno di questi è la frequenza cardiaca a riposo, la quale quando si è stanchi tende ad essere più alta. Un esempio: se un atleta a riposo, appena sveglio, ha 40 battiti, magari passa a 48. La cosa si trasferisce anche una volta in sella, ma al contrario. Si riscontra una difficoltà ad aumentare la frequenza cardiaca sotto sforzo. Questo perché il muscolo rende di meno, dando meno forza, di conseguenza il cuore non sale di frequenza. C’è anche da considerare la variabilità cardiaca.

Pogacar si è allenato molto in altura, sono mancati i giorni di corsa persi a causa dell’infortunio? (foto Matteo Secci)
Pogacar si è allenato in altura, sono mancati i giorni di corsa persi a causa dell’infortunio? (foto Matteo Secci)
Ovvero?

La variabilità cardiaca offre ottimi riscontri dal punto di vista del recupero. Praticamente si controlla la variabilità tra un battito e l’altro. Dovete sapere che i battiti non sono ugualmente distanti a livello di tempo l’uno dall’altro, il tempo cambia. Ad esempio: una volta passano 1,2 secondi, quello dopo 0,8 e così via. Se la variabilità è alta vuol dire che il cuore è reattivo e “brillante”. 

Lo staff della UAE Emirates, con grande probabilità, era a conoscenza di questi dati…

Penso proprio di sì. Però a volte i dati si prendono ed analizzano, senza parlarne al corridore, per non condizionarlo psicologicamente.

“Zona 3” o “medio”: la base per costruire una stagione

07.11.2022
5 min
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Le vacanze per i corridori stanno lentamente terminando, il periodo di pausa è finito e tra poco si inizierà a parlare della nuova stagione. La ripresa dell’attività è un argomento importante, visto che fin dalle prima fasi della preparazione bisogna lavorare bene per arrivare pronti nel cuore della stagione (nella foto Instagram di apertura Evenepoel in ritiro con la QuickStep Alpha Vinyl nello scorso inverno). L’anno scorso con Michele Bartoli ne avevamo parlato in generale. Questa volta entriamo nello specifico, approfondendo il tema del “medio” o “zona 3”. 

Ad inizio stagione è meglio lavorare sui dati della frequenza cardiaca, sono più affidabili
Ad inizio stagione è meglio lavorare sui dati della frequenza cardiaca, sono più affidabili
Innanzitutto c’è differenza tra frequenza cardiaca e watt?

Sostanzialmente – spiega Bartoli – tra cardio e potenza non dovrebbe esserci alcuna differenza. All’inizio della stagione però, soprattutto alla ripresa dell’attività, è meglio lavorare sulla frequenza cardiaca e non sui watt. 

Come mai?

Perché nelle prime due o tre settimane si ha un affaticamento precoce del fisico. Se si dovesse guardare ai watt, avremmo un avanzamento nelle altre zone di lavoro, come zona 4 o addirittura zona 5. 

Quindi i dati sulla frequenza cardiaca, ad inizio stagione hanno più valore?

Assolutamente, mantenere la zona di medio (o zona 3, ndr) della frequenza cardiaca ci permette di lavorare con più serenità. Anche perché ora al medio mantieni i 200 watt, più vai avanti nella stagione più questo numero aumenta, mantenendo sempre uguale la zona cardiaca. 

Le prime 3-4 settimane di lavoro sono uguali per tutti: tanto volume e meno qualità
Le prime 3-4 settimane di lavoro sono uguali per tutti: tanto volume e meno qualità
Si tratta di costruire una solida base di lavoro…

Il medio alla fine è quel valore che ti permette di lavorarci sopra. Potremmo definirlo come le fondamenta di una casa: più queste sono solide più la casa sta in piedi. Aumentare il volume di lavoro permette poi di aumentare i parametri man mano. Il lavoro in zona 3 permette di lavorare meglio poi quando aumentano i volumi, ovvero si passa a carichi massimali.  

Questo allenamento ha un impatto anche sui picchi di forma? 

Certamente, più base fai più i picchi di forma durano più a lungo. Inizialmente bisogna lavorare sull’equilibrio, una volta trovato si fanno lavori su zone più alte.

Quando si lavora sul fondo si fanno comunque dei lavori specifici o no?

Sì, io faccio fare lavori di forza e di ritmo, rimanendo sempre nella frequenza cardiaca di medio. 

Per i velocisti i lavori specifici iniziano presto: bisogna farsi trovare subito pronti
Per i velocisti i lavori specifici iniziano presto: bisogna farsi trovare subito pronti
Si guarda anche ad altri parametri, come la soglia del lattato?

Fino a qualche anno fa si pensava che la soglia del lattato fosse di 4 millimoli per tutti i corridori, ma non è così. Se si fa una media si rimane intorno a quel valore, ma qualcuno lo ha più alto e qualcuno meno. Il lattato fornisce dei dati sulle condizioni e miglioramenti nei test ma non fornisce altro. Si aggiusta il carico di lavoro in base ai test che si fanno, ad ogni livello di lattato corrisponde un carico di lavoro, tenendo sempre conto dei periodi. Magari a inizio stagione a 3 millimoli si hanno 200 watt, mentre a metà stagione 300. Questi valori sono di per sé dei riferimenti ma non dei dati su cui lavorare. 

E per quanto riguarda la soglia aerobica?

Qui ci sono già più riferimenti da prendere e soprattutto si iniziano a fare più differenziazioni tra i vari corridori. Un atleta che ha come obiettivo le gare a tappe avrà una mole di lavoro maggiore sul medio. Il punto è che tutti lavorano al medio ma lo fanno in maniera differente: chi deve correre a gennaio in Australia ci lavorerà di meno. 

Quando si iniziano a fare le prime differenziazioni?

Il lavoro considerato di “risveglio” è uguale per tutti: le prime tre o quattro settimane per intenderci. Poi ci si allena ognuno secondo il suo campo. 

Chi ha come obiettivo i grandi Giri farà tanto volume, c’è bisogno di benzina per massimizzare i periodi di forma
Chi ha come obiettivo i grandi Giri farà tanto volume, c’è bisogno di benzina per massimizzare i periodi di forma
Gli allenamenti in zona 3 portano benefici anche ad altri parametri?

Sì, lavorando bene in zona 3 si alzano i livelli generali e si portano in alto i limiti. Si migliora la zona 4, la soglia e anche il VO2 max

Il medio è un valore che in gara si riesce ad allenare?

Se si guarda ai file delle gare si nota che o si va a tutta, quindi zona 5, oppure al lento, quindi zona 2. Ci sono dei passaggi al medio, ma sono così brevi che non si massimizzano. In gara si tende a perdere il lavoro fatto al medio, questo perché si tratta di un lavoro “costruttivo” quindi che si fa in allenamento.

Di questi allenamenti si fanno anche dei richiami durante la stagione?

Di medio, per quanto mi riguarda, più se ne fa meglio è. Si cura all’inizio perché è la prima prova di sforzo importante, non si può saltare subito oltre. Non si sarebbe neanche pronti metabolicamente a sopportare zone di lavoro più alte. Si rischierebbe di andare in condizione prima ma sarebbe una “condizione fantasma” che dopo 20 giorni sparisce.