Caffè, rulli, acqua: cosa si carica nel pullman del Giro?

01.05.2021
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Anno nuovo, pullman nuovo. Di Ezio Bozzolo e di quel volante del Uae Team Emirates lasciato andare alla fine del 2020 vi avevamo già raccontato, perciò immaginate la sorpresa quando al Tour of the Alps lo abbiamo incontrato su un pullman diverso: quello nuovo di zecca della Eolo-Kometa. Così, oltre ai saluti e allo scambio di pareri sulle corse con uno che ci sta in mezzo da una vita, la curiosità è venuta da sé. Dovuta un po’ al torpedone tutto nuovo e un po’ al fatto che sia nuova anche la squadra. Come si prepara un pullman che deve andare al Giro d’Italia?

L’officina basca

Ezio lo troviamo nei Paesi Baschi, nella cittadina di Ormaiztegi, presso la sede centrale Irizar nei Paesi Baschi. Il discorso l’avevamo iniziato in Alto Adige nei giorni della corsa e proprio allora ci aveva raccontato che sarebbe andato presto in Spagna per sistemare dei particolari.

«Il pullman sono venuti a prenderlo loro in Italia – racconta – e io sono andato su in aereo. Ma è tanto una perdita di tempo fra tamponi e il resto, che il viaggio di ritorno lo faccio guidando. Tanto ci sono abituato….».

Ezio Bozzolo, il padrone di casa a bordo del pullman Eolo-Kometa
Ezio Bozzolo, il padrone di casa a bordo del pullman Eolo-Kometa
Ezio, che cosa significa allestire il pullman per la squadra?

E’ come quando metti su casa, la prima volta non ci capisci niente e ti sembra perfetta. Poi inizi a viverci e ti accorgi che ti manca un punto luce, che ci stava bene una porta in più. Per questo sono venuto in Spagna, per completare l’opera. Sono stato contattato subito dopo la Tirreno, quando ormai la costruzione era in dirittura di arrivo.

Immaginando la famiglia media che parte per una settimana di vacanze, che cosa si mette in un pullman che parte per il Giro d’Italia?

Tutti pensano che si carichi materiali di ogni genere per un mese, ma non è così. In realtà circa a metà Giro, un camioncino già predisposto dai massaggiatori prima del via ci raggiunge e viene a fare il rifornimento. Per cui il pullman si carica per arrivare a metà. Il discorso del camioncino viene bene in Italia, mentre è più difficile al Tour. Soprattutto se le tappe non sono vicine al confine italiano. In quel caso si va a lasciare in uno degli hotel in cui capiterai al momento del rifornimento, chiedendo il permesso di lasciarlo e pagando semmai qualcosa. Quindi si carica il giusto per arrivare al secondo giorno di riposo, ma senza esagerare, perché bisogna stare anche attenti ai pesi.

Postazione di lavoro per l’addetto stampa (Francesco Caielli): libro della corsa e computer
Postazione per l’addetto stampa (Francesco Caielli): libro della corsa e computer
I corridori lasciano sopra qualcosa?

In questo caso, qualcuno che ha corso il Tour of the Alps e farà il Giro, può aver lasciato una borsa con il materiale di scorta. Mi viene in mente Ravasi. Per il resto, la valigia grande viaggia sempre nel camion, il trolley o lo zaino lo portano con sé, lasciando semmai sul pullman le scarpe di scorta oppure il necessario per la pressoterapia.

Addirittura?

Se ne servono dopo le tappe, per cui si fa prima a lasciarla su.

Cosa non deve mai mancare sul pullman?

Il caffè, che è fondamentale per tutti. I corridori. Il personale. Gli ospiti. I giornalisti (ci tocca annuire, soprattutto all’estero e prima del Covid, il momento del caffè era un rituale spiritualmente indispensabile, ndr). Poi bibite, acqua, gel e barrette. Le cose fondamentali che servono ai ragazzi. Ovviamente materiale fornito dai vari sponsor, come pure il caffè. Grazie a Ivan Basso abbiamo delle cialde speciali di Segafredo.

Voi autisti siete molto attaccati ai vostri pullman, capita mai di spiegare ai corridori il modo giusto di starci sopra?

Volete scherzare?! La prima riunione, ancor prima di quella con il direttore sportivo per la tattica, si fa con l’autista del bus. Poche regole ben chiare, dall’ordine alla pulizia. Devo dire che abbiamo degli atleti educati e comunque ai più giovani non è consentito di fare grosse stupidate, perché i più esperti li tengono in riga. Comunque siamo una squadra piccola, ci guardiamo in faccia. Diverso con gli squadroni con 30 corridori e c’è continuo ricambio, che alcuni quasi non li conosci.

La macchina del caffè e le bevande sono meta fissa per i corridori
La macchina del caffè e le bevande sono meta fissa per i corridori
Cosa non andava nel vostro nuovo Irizar?

Dei dettagli. Il tavolino per il sedile. Dato che hanno tutti sedili singoli, quando dopo la tappa devono mangiare, almeno hanno un appoggio. Ma serve anche all’addetto stampa oppure ai manager se devono usare il computer.

I corridori fanno confronti fra il proprio e l’altrui pullman?

Adesso non credo più, una volta succedeva più spesso. I primi ad attrezzare un pullman a questo modo fu il Team Sky e da quel momento tutti si adeguarono. Ormai i pullman degli squadroni sono tutti belli, non ci sono più stupore o delusione nel cambiare squadra. Le cose dentro sono quelle. Può cambiare il colore dell’allestimento, ma poco altro.

Che cosa si carica sotto, nella stiva?

Una volta si mettevano le bici, in modo da non caricarle sul tetto delle ammiraglie, la mattina per la partenza e la sera dopo l’arrivo. Invece da quando si sono fatti largo i freni a disco, i meccanici preferiscono metterle intere sulle ammiraglie, piuttosto che smontare la ruota davanti. In più mettiamo i pali con il nastro avvolgibile per delimitare il nostro spazio, un altro frigo per le borracce da dare prima della corsa. I rulli per tutti, perché prima o dopo c’è da girare le gambe. Dell’altra acqua per il personale, per non stare sempre a salire e scendere dal pullman.

Sean Yates si occupa di programmi. Per il Giro ogni sedile avrà il suo tavolino
Sean Yates si occupa di programmi. Per il Giro ogni sedile avrà il suo tavolino
Porti il necessario per piccole riparazioni?

No, non serve. Se si ferma, devi chiamare l’assistenza. Di fatto è come pilotare un’astronave, non saprei nemmeno dove mettere le mani.

Sono pullman che nascono per il ciclismo?

Il mercato più grande ce l’hanno con il gran turismo. Questi così allestiti li hanno anche nel calcio, anzi credo che Irizar sia fra gli sponsor del Real Madrid. Molto belli gli allestimenti per il trasporto di disabili, mentre esistono anche le cliniche mobili, con pullman che si aprono sui lati lunghi per favorire accesso e deflusso delle persone nei grani eventi. Una volta comprata la meccanica, per l’allestimento si può fare quel che si vuole. E sono molto disponibili.

Abbastanza scontato, in Spagna, se lavori nella squadra di Basso e Contador…

Non escludo che Alberto abbia parte nella storia, ma sono stati davvero in gamba. Hanno persino finito un giorno prima, per cui avrò un po’ di tempo per stare a casa, poi mercoledì partirò per Torino. Per fortuna abito a un chilometro da Casa Eolo a Besozzo. Quando non ho la valigia, in magazzino ci vado a piedi.

Ezio Bozzolo, Danilo Napolitano

Un caffè da Ezio e la tappa poteva cominciare

05.01.2021
6 min
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Ezio non ti lasciava mai senza un caffè, tanto che a volte dicevi di no per non dare l’impressione di approfittarne. Il pullman della Uae Team Emirates, come quelli di altri autisti amici, è sempre stato il porto sicuro per i giornalisti italiani nelle corse di tutta Europa. E quando capita di fermarsi ad ascoltare i racconti dei loro autisti, capisci quanta cura ci sia dietro quel caffè e il gesto di porgerlo. Ezio quest’anno ha deciso di saltare un turno, anche se gli piacerebbe tornare per il Giro. Aveva da farsi due controlli e ora che sta bene, riprenderebbe subito il volante. Perciò, sperando da un lato che si possa restituirglielo, vogliamo raccontarlo per il fantastico 2020 che ha vissuto con Pogacar al Tour e di lì a ritroso dove la fantasia s’è voluta spingere.

«Il nostro è un ruolo importante – dice Ezio parlando degli autisti – perché ci sono tante situazioni da gestire. Dopo la corsa, se non è andata bene. La mattina prima delle partenze più complicate. Dobbiamo lasciare gli atleti tranquilli, che possano fare le loro cose. Se ci sono stati problemi, ci sono sfoghi da gestire. E poi per il resto, devi sapere tutto su partenze, arrivi, hotel, orari…».

Ezio Bozzolo, Daniel Martin, Vuelta Valenciana 2019
Vuelta Valenciana 2019, Ezio con Daniel Martin nel giorno della crono di Orihuela
Ezio Bozzolo, Daniel Martin, Vuelta Valenciana 2019
Valenciana 2019, Ezio con Martin a Orihuela

Ezio Bozzolo, nato a Ceva in Piemonte nel 1982, è stato fino all’ultima tappa del Giro l’autista più esperto della squadra di Gianetti e Matxin. E per aggiungere un po’ di suspense, una settimana dopo la fine del Tour (vinto da Pogacar sul connazionale Roglic), era stato… prestato alla nazionale slovena per i mondiali di Imola. Con Pogacar che sembrava un bimbo beato, avendo nella nazionale femminile la sua compagna, mentre Roglic passava ogni goccia del tempo libero con la sua famiglia. Ma la storia di Ezio inizia ben prima.

Quando hai cominciato?

Ho smesso di correre da junior a causa dei risultati abbastanza scarsi. Ma il ciclismo era e restava la mia vita, per cui quando Osvaldo Bettoni (storico autista del pullman Shimano, ndr) mi propose di dargli una mano alle gare di mountain bike, presi la patente e iniziai a seguirlo. Di lì, grazie a Fabrizio Bontempi e Della Torre, direttore sportivo e massaggiatore dell’allora Lampre, iniziai a fare un po’ di giornate e si mise tutto in moto.

Ti sei mai reso conto, Ezio, di essere stato testimone diretto di momenti storici di questo sport, come Fausto Pezzi visse nel suo camper le grandi giornate di Pantani?

Me ne rendo conto adesso che ne sono fuori. Quando hai la maglia della squadra e le chiavi del pullman, sei parte della storia e non hai la percezione della straordinarietà. Ho vissuto il mondiale di Varese e anche l’ultimo Tour, per fare un esempio, ma quando sei nel vortice non riesci a gustartela.

Ezio Bozzolo, festa Uae Team Emirates, Tour de France 2020
Il personale della Uae Emirates al Tour, con la bici di Kristoff: Bozzolo è il terzo da destra (Photo Fizza)
Ezio Bozzolo, festa Uae Team Emirates, Tour de France 2020
Bozzolo è il 3° da destra, scatto ai piedi del bus (Photo Fizza)
Andiamo al Tour, penultima tappa alla Planche des Belles Filles. Cosa ricordi?

Eravamo parcheggiati in basso, sopra non si poteva andare se non con dei furgoni. Da tutto il Tour continuavo a meravigliarmi di quanto poco stress ci fosse. Era davvero bello perché c’era la consapevolezza di poter fare bene. Al via da Nizza non si pensava di vincere, ma eravamo tutti carichi. C’erano i migliori in ogni ruolo. Anche fra noi del personale, eravamo tutti affiatati. E Pogacar nel mezzo ci stava benissimo.

In che senso?

Nel senso che la sua dote è la serenità. Quel giorno è sceso dal pullman per riscaldarsi con la sua musica a manetta. Sotto, nello spazio dei meccanici davanti al pullman, c’erano Vasile e Bosio, che gli stavano montando una bicicletta bianca bellissima, che gli aveva fatto Colnago. Ma era bella davvero. Lui scende, li guarda e dice: «Perché bianca? Non ce l’avete quella gialla?». Non l’ha detto per scherzare, tanto che i due si sono fermati.

E’ il bello di quando non si ha niente da perdere…

Il giorno dei ventagli è arrivato al pullman ed è salito sui rulli. Aveva perso terreno. Ha tirato giù due maledizioni e si è messo a pedalare. Forse il momento della svolta fu proprio quello.

Ezio Bozzolo, Federico Borselli, Umberto Inselvini
Seguendo la tappa nel “suo” pullman, con Borselli e Inselvini
Ezio Bozzolo, Federico Borselli, Umberto Inselvini
Seguendo la tappa sul pullman con Borselli e Inselvini
Ricordiamo momenti di silenzio su quel bus anche per le crisi di Aru…

Eravamo tutti coinvolti. Fabio è un ragazzo buonissimo, gentile. Solo che certe volte gli scatta qualcosa e si blocca. Nemmeno si può dire che sia un lavativo o che se ne freghi, perché si allena sempre tanto. E’ stato impossibile per noi italiani vivere con distacco i suoi passaggi a vuoto, era quasi una cosa personale. Mi ricordo Marcato che gli stava vicino e cercava di tirarlo su. E non è stato tanto per questo Tour, quanto per il primo Giro. Avevamo delle aspettative altissime, cavoli: era Fabio Aru. Tutto quello che succede agli atleti dispiace, non sono di quelli che parla dietro.

Che rapporto c’è fra autista e pullman?

Un’attenzione quasi spasmodica. In questo Borselli e Villa (rispettivamente autisti dell’Astana e del Team Qhubeka-Assos) sono dei maestri. Il pullman non è del team, è tuo. Ti scoccia se qualcuno rompe qualcosa. Ti scoccia se manca qualcosa. Fra noi autisti ci sono sempre dei grandi sfottò, come fra bambini che si sfidano per certe dimensioni…

Quali sono i pullman più belli?

Quelli fatti in Italia da Carminati e Tresca battono 10-0 gli stranieri. Il gusto e la qualità del made in Italy su quei bestioni sono così elevati, che ormai anche da fuori vengono a comprarli in Italia. E comunque, quando c’è da fare il nuovo bus, il 99 per cento delle indicazioni le dà l’autista. Perché magari lo fai senza darlo a vedere, ma oltre ad avere l’esperienza del tuo, hai sbirciato e studiato quelli degli altri. Si prendono spunti e poi si adotta la soluzione migliore.

Bus decisivi la mattina di Morbegno…

Se quel giorno non c’eravamo noi della Uae, i pullman non si trovavano tanto presto. E a quel punto i corridori ne avrebbero avuto parecchio di tempo da aspettare…

Michele Del Gallo, Ezio Bozzolo, Mauro Gianetti, Andrea Agostini, Tour de France 2020
Da sinistra: Del Gallo, Bozzolo, Gianetti e Agostini con il Tour 2020 già in tasca (Photo Fizza)
Michele Del Gallo, Ezio Bozzolo, Mauro Gianetti, Andrea Agostini, Tour de France 2020
Da sinistra: Del Gallo, Bozzolo, Gianetti e Agostini (Photo Fizza)
Perché? 

Avevamo appena preso la superstrada per andare verso l’arrivo e per fortuna la telefonata di Marzano che ci richiamava è arrivata prima delle gallerie. Ci siamo fermati praticamente in mezzo alla strada, subito prima dello svincolo, e fortunatamente gli altri si sono incolonnati dietro di noi. A quel punto siamo tornati indietro alla svelta.

Però, nonostante i dovuti ringraziamenti per i tanti caffè, un po’ il pullman è diventato una fortezza inespugnabile se vuoi parlare con un corridore…

Questa è una cosa che sembra strana anche a me, anche se i nostri addetti stampa hanno sempre organizzato degli appuntamenti per i giornalisti. Ma se posso, mi dà fastidio vedere la gente che sta per un’ora là sotto, senza che i corridori scendano per un saluto, una foto. C’è anche di peggio nella vita e avere un ruolo pubblico fa parte del loro lavoro, anche se si sta lavorando per tenerli sempre più chiusi, col rischio di perdere il rapporto col pubblico. Quando avevo Ballan, Petacchi oppure Bruseghin era diverso. Magari perché non c’erano i fantastici cellulari di oggi, ma a quei campioni piaceva stare in mezzo alla gente