Leonardi, quale futuro per il mercato della bici?

03.02.2021
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Durante il lockdown, nella fase più buia in cui si faceva fatica a vederne l’uscita, Mike Sinyard aprì il collegamento del giovedì con un concetto che ad Ermanno Leonardi, il grande capo di Specialized Italia, sembrò fin troppo ottimistico.

«Appena calerà questa tensione – disse il fondatore del brand americano – la gente non andrà in palestra, perché non avranno voglia di sudarsi addosso e comunque le palestre saranno chiuse. Non andrà in piscina, perché l’acqua è un veicolo di contagio e comunque anche le piscine saranno chiuse. Non andrà in vacanza o comunque si sposterà molto meno, per la paura di prendere treni o aerei. Il running non è per tutti. State tranquilli, perché la gente correrà a comprarsi una bicicletta».

Ermanno Leonardi con Peter Sagan, uno dei volti più potenti e noti del brand americano
Leonardi con Sagan, testimonial del brand americano

Nuova gente

Iniziamo con questo articolo un viaggio fra gli operatori del settore e i produttori per capire in quale direzione stia filando il mercato della bicicletta. Ci siamo effettivamente resi conto che sulle strade sono spuntati soggetti di ogni forma e preparazione. Con biciclette tirate fuori da scantinati, comprate nella grande distribuzione o acquistate in negozio con l’istinto iniziale di spendere poco. Quando li incontri, fanno domande su tutto: dalla bici all’abbigliamento, passando per l’alimentazione e i materiali. Sono i neofiti figli del lockdown, che si sono riversati sulle strade e sul mercato con entusiasmo e curiosità. Come si stanno attrezzando le aziende che fino ad oggi avevano la loro forza nell’agonismo più spinto? In che modo pensano di intercettare la domanda di un popolo a pedali che magari non sa ancora chi siano Sagan e Alaphilippe e forse ha sentito parlare di Nibali, avendolo visto in tivù da Fazio e poco altro?

Global call

Leonardi sorride, il capo aveva visto giusto. Ancora una volta la sua visione si è rivelata vincente, malgrado lo scetticismo dei primi sguardi.

«Si era inventato una cosa chiamata Global Call – spiega – in cui tutti i giovedì avevamo il nostro link e ci trovavamo tutti nella stessa stanza virtuale. In tutto il mondo siamo 1.500 dipendenti, una sera ho visto che eravamo connessi in 1.342. Parlava lui per cinque minuti, in una sorta di piccola introduzione, poi toccava a noi. E quel giorno onestamente anche a me sembrò una previsione troppo ottimistica, ma non lo era affatto…».

E adesso pensi che l’onda sia destinata ad afflosciarsi?

Faccio fatica a pensarlo, non fosse altro per la coda di attesa del prodotto. Credo che ci sia almeno un anno di respiro, se non addirittura due. E se a noi le cose vanno particolarmente bene, c’è un motivo preciso.

Non farti pregare…

Non abbiamo fatto togliere nulla dalla produzione e abbiamo dovuto prendere un magazzino doganale a Linate, in cui entravano direttamente i treni in arrivo dal porto di Genova, perché quello storico di Specialized era pieno di accessori. Scaricano in continuazione e si paga il dazio ogni volta che la merce entra in Italia. Bene, noi chiudiamo l’anno fiscale a giugno come in America. E sebbene siamo stati chiusi a marzo e aprile, riaprendo a maggio come i negozi, fra maggio e giugno abbiamo recuperato in abbondanza quello che avevamo perso nei due mesi di ferma. Chiudendo soltanto in quei due mesi (maggio e giugno) con un fatturato di 22 milioni di euro.

Alla mentalità race italiana si va unendo una spinta all’uso della bici come modello di benessere
La bici è race, ma anche benessere
Un magazzino più grande, ma la rete vendita si lamenta che non ci sono bici…

Lo dicono, ma non dicono tutta la verità. Abbiamo consegnato un 35% di bici più del solito e ne hanno venduto il 50% in più. Gliene mancano 15 su 100, ma si tratta comunque di molto più di quanto avrebbero venduto a cose normali. Sinyard in questo è stato bravo una volta di più, non cancellando gli ordini dei componenti.

Quindi l’imbuto è ancora in Oriente?

Il problema è che la manodopera di Taiwan ormai costa come da noi. Ci lavorano filippini e indiani che, allo scoppiare della pandemia, sono stati rispediti a casa e non li hanno più fatti rientrare. Il risultato è che stanno lavorando a dire tanto con il 70% della forza lavoro, quando per stare dietro a tutti gli ordini ne servirebbe il 150%. La coda nelle consegne durerà almeno un altro anno, anche perché nessun negozio nel frattempo ha cancellato gli ordini. E l’elettrico, venuto fuori nel frattempo, ha aiutato a coinvolgere nel discorso persone di mezza età che altrimenti non si sarebbero mai avvicinate a una bicicletta.

In pratica si può dire che il mercato sia esploso?

E’ proprio così, nel segno della tecnologia e del benessere. Prima la bicicletta era fra le terapie suggerite dai medici, adesso è praticamente l’unica, visto che le palestre e le piscine sono effettivamente chiuse. E la corsa a piedi, se non l’hai mai fatta, porta acciacchi e dolori che non vi dico. La bici è entrata nella cultura fitness, non è più solo un mezzo da gara. E’ diventata un oggetto che piace.

E’ stato o sarà necessario ampliare la rete vendita?

Abbiamo rivenditori che stanno vivendo un ottimo momento. Vorremmo fare qualcosa di più, ma il momento lo impedisce. Abbiamo un 40% in più con la stessa rete, eppure siamo al punto che i negozi ci chiedono di mandare quello che abbiamo, perché riescono a venderlo ugualmente. I nuovi praticanti parlano fra loro, si scambiano informazioni, escono in gruppo. Sta diventando un fenomeno sociale più di prima, perché coinvolge gente che ne era totalmente all’oscuro. E consideriamo che il settore ciclo non ha mai conosciuto la vera crisi.

I punti vendita hanno bisogno secondo Leonardi di una ristrutturazione
Secondo Leonardi i negozi andrebbero ripensati
Sei soddisfatto dei negozi che avete in giro?

Quelli sufficientemente attrezzati sono pochi, se comprassero quello accanto e si allargassero, farebbero un favore prima a se stessi e poi a noi. Per questo abbiamo un progetto che si chiama Retail Service, con cui mettiamo a disposizione architetti e materiali perché i nostri punti vendita raggiungano un target sempre più alto. Non vorrei vedere più negozi polverosi, in cui non posso cambiarmi o appendere la giacca mentre provo qualcosa. Ma ci sono segnali positivi. C’è chi ha creato un punto vendita a parte per l’elettrico, ad esempio, e chi si è attrezzato per il noleggio. Anche se non ci sono le bici.

Cosa significa?

Che anche quelle destinate al noleggio sono in lista di attesa, ma arriveranno. E allora in tutte le località di montagna, come con gli sci d’inverno, ci saranno e ci sono già i punti di noleggi bici che faranno affari d’oro. E’ triste che per vivere questo momento si sia dovuta soffrire una pandemia così, mentre intorno ci sono settori davvero in crisi. Quello che possiamo fare è non sciupare una simile fortuna. Durante il lockdown abbiamo assunto cinque persone e altre sette dovremo prenderne presto. Siamo in 30 ormai, ma è giusto che se c’è il lavoro, il lavoro venga dato.