Arenberg 2022

Tre settori e le loro pietre: tutta l’epica della Parigi-Roubaix

17.04.2022
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La classica più dura, difficile da interpretare, più eroica nella storia del ciclismo. La Parigi-Roubaix è qualcosa a parte, forse un ultimo retaggio del ciclismo degli albori. Per quanto il progresso vada avanti, per quanto le bici cambino e si evolvano, quando si pedala su quelle pietre sconnesse, che gli organizzatori cercano con pazienza certosina e le amministrazioni locali preservano come un monumento nazionale, si torna all’antico.

L’edizione di quest’anno avrà all’interno dei suoi 256 chilometri ben 30 settori di pavé, per un totale di 53,8 chilometri. I settori sono indicati da una a cinque stelle in base alla loro difficoltà: solo tre di questi hanno il massimo degli indicatori. E proprio in questi tratti la Roubaix ha vissuto alcuni dei momenti più epici. Raccontarli significa rivivere non solo attimi della storia di una corsa indimenticabile, ma anche quasi sentire sotto i piedi quelle pietre ormai famose in tutto il mondo.

Roubaix Arenberg 2021
La lunga fila di corridori nella foresta di Arenberg, tratto di 2,3 chilometri
Roubaix Arenberg 2021
La lunga fila di corridori nella foresta di Arenberg, tratto di 2,3 chilometri

L’Arenberg e Stablinski

La Foresta di Arenberg ha fatto il suo ingresso sul percorso della Roubaix relativamente tardi, nel 1968. “Responsabile” fu Jean Stablinski, storico gregario di Anquetil, ma anche vincitore di una Vuelta nel 1958 e soprattutto uno dei più inattesi campioni del mondo, nel 1962. Quel tratto di pavé lo conosceva bene, conosceva tutta la zona, lì suo padre polacco si era trasferito lì con la famiglia per cercare lavoro, finendo a sgobbare in miniera. Su quelle strade Stablinski aveva iniziato a correre in bici, facendone il suo lavoro, ma mai la sua passione perché, come disse una volta a Poulidor, «un minatore non deve amare il suo piccone, così io non devo amare la bici».

Jacques Goddet, organizzatore della gara, sapendo della sua storia gli chiese di qualche nuovo tratto di pavé nella sua zona da inserire in corsa: «Non osavo presentarglielo – racconterà in seguito Stablinski – sapevo come sarebbe andata a finire…». Quando fece vedere le foto a Goddet, questi rimase senza fiato: «Avevo chiesto ciottoli, non buche…» disse quasi risentito.

Il primo anno, Stablinski c’era, con la gente vestita da minatore per salutare l’eroe di casa. A lato del pavé, c’è una porzione morbida, ma gli organizzatori l’hanno impedita al transito delle bici, sennò che gara è?

Roubaix Boonen 2008
Il trionfo di Boonen a Roubaix nel 2008, su Cancellara e Ballan
Roubaix Boonen 2008
Il trionfo di Boonen a Roubaix nel 2008, su Cancellara e Ballan

Mons en Pevele, battaglia!

Il tratto di Mons-en-Pevele è considerato fra i più duri, con i suoi 3.000 metri e la distanza di una cinquantina di chilometri dall’arrivo. Quel tratto Tom Boonen lo conosce bene, perché fu decisivo nel 2008. Davanti erano tutti i migliori, lui lanciò all’attacco Stijn Devolder, reduce dal trionfo al Giro delle Fiandre, al quale si accodò l’australiano Stuart O’Grady.

Si ha un bel dire che la Roubaix è una corsa individuale, quel giorno Boonen giocò come un consumato scacchista. Devolder non poteva essere lasciato andare, così il suo rivale Leif Hoste fu costretto a sacrificare nell’inseguimento Vansummeren, ma quando più avanti, a 35 chilometri dall’arrivo, Boonen portò il suo attacco con Cancellara, solo Ballan rispose, Hoste andò alla deriva. I tre accumularono un vantaggio enorme, oltre 3 minuti, poi Boonen dispose allo sprint dell’elvetico e dell’italiano.

Non è lo stesso tratto, ma Mons en Pevele è sempre stato un luogo storico per la Roubaix. Forse perché sin dal Medio Evo era terreno di scontro tra francesi e belgi, nel 1304 fu teatro di una famosa battaglia. Ciclisticamente non meno famosa è stata quella del 1955: Jean Forestier con la sua offensiva disperde “l’armata belga” con Impanis, Planckaert, Schotte, Scodeller, Derycke, Van Steenbergen, non ne resta più nessuno. Alla vigilia, chi era del posto aveva detto a Jean e ai suoi: «Quando vedete la chiesa di Mons, in lontananza sul colle, andate all’attacco». Forestier vincerà con soli 15” su un terzetto, regolati allo sprint da Fausto Coppi.

Demol Roubaix
Dirk Demol, belga vincitore della Parigi-Roubaix nel 1988
Demol Roubaix
Dirk Demol, belga vincitore della Parigi-Roubaix nel 1988

Dove la Roubaix non si vince più…

Facciamo un salto, 1998: a raccontare quel che succede è Thierry Gouvenou, allora finito 7° e oggi direttore di corsa della Roubaix.

«Ero in testa al gruppo all’imbocco del tratto di Mons. Dietro era Timo Steels, uno dei favoriti: all’improvviso lo sento sterzare, mi volto e lo vedo scivolare e come lui altri, cadono uno sull’altro. Poi vedo Franco Ballerini, si piega sul manubrio, è come se cambiasse marcia, non mi passa, vola via…».

«E’ un luogo mitico – racconta Dirk Demol, vincitore nel 1988 – senti spesso il vento laterale, la strada è in leggera salita e soprattutto non riesci a vederne la fine, è interminabile. Non sempre decide chi vince, ma stabilisce immancabilmente chi quella Roubaix non la vincerà».

Madiot Roubaix
Marc Madiot, oggi manager della Groupama FDJ, vincitore della Roubaix nell’85 e ’91
Madiot Roubaix
Marc Madiot, oggi manager della Groupama FDJ, vincitore della Roubaix nell’85 e ’91

L’Arbre e il ristorante…

Il tratto del Carrefour de l’Arbre è entrato nella Roubaix nel 1958. Anquetil maledisse a lungo quel pezzo di strada, vittima di una foratura vide svanire quell’anno le sue speranze di vincere. Il nome deriva dal ristorante posto ai margini del lastricato: per molto tempo fu aperto solo il giorno della Roubaix. Ora è aperto sempre, al suo interno ha un affresco con raffigurati molti dei corridori vincitori.

Marc Madiot, due volte vincitore della corsa, qui è diventato talmente famoso da essere ritenuto quasi una gloria locale. A chi gli chiede che cosa serve per vincere la Parigi-Roubaix, ti risponderà che tutto è soprattutto nella testa: «E’ una gara che devi metterti nel cervello. Se non sei preparato psicologicamente per questo, non farai nulla in questa prova». Poi però ci sono le gambe…

E’ stato ascoltando anche le sue gambe che Madiot ha costruito i suoi due successi su questo tratto: «Mi sono ritrovato a giocarmi la vittoria quattro volte alla Parigi-Roubaix proprio in prossimità del Carrefour de l’Arbre ed è lì che sapevo di avere le gambe giuste, o al contrario che era finita per non averle. Qui è inutile stare tanto a guardare i watt – riprende Madiot – si combatte con la baionetta, con il coltello, si fa da uomo a uomo! Questa gara non si corre sul computer…».