La storia di Daniel e il coraggio di dire basta (a 19 anni!)

09.02.2022
6 min
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Questa è una storia che pochi racconteranno. La storia di Daniel, 19 anni, ragazzino che sognava di fare il corridore, ma che a un certo punto si è guardato allo specchio. Aveva una bici e una squadra da under 23. Con la solita ostinazione avrebbe potuto continuare e sperare di andare avanti. Eppure la faccia in quel vetro non era più la sua. E così, piuttosto di diventare uno dei tanti arrivati lunghi all’appuntamento con la vita, Daniel Quaglietti ha riconsegnato maglia e bicicletta. Ed è subito entrato in cantiere con il padre, anche lui dilettante negli anni Novanta.

Quando di recente Un noto brand automobilistico tedesco ha inaugurato il suo nuovo store nel centro di Roma, il responsabile tecnico dell’evento era proprio Daniel, gonfio di soddisfazione. I lavori erano durati per mesi, per progettare uno showroom pilota a livello mondiale. Fatto di schermi, pannelli, proiettori, luci, dettagli. Vederlo realizzato è stato la conferma di aver scelto bene.

«Quella è stata una giornata particolare – racconta Daniel, in apertura durante l’inaugurazione in un’immagine di Tg2 Motori – un’emozione unica. Prima pensavano che fossi un invitato, poi quando gli dicevo che eravamo stati noi della D&D a realizzare il lavoro, mi facevano tutti i complimenti. Più o meno come vincere una corsa. E’ stato il primo showroom al mondo di questo genere e averlo realizzato è stato un onore».

Da junior passa alla Big Hunter Seanese, mentre l’amico Germani va alla Work Service
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Quando hai deciso di smettere?

L’ultimo anno non era stato come i precedenti. Io sono sempre stato attento alla dieta e agli allenamenti e ho notato che già quando finivano le corse, mi ritrovavo a mangiare tantissimo. A fine dicembre mi sono ritrovato in forte sovrappeso. Non andavo per niente o comunque meno degli altri anni, mentre vista l’età sarei dovuto andare più forte. Avevo bisogno di mangiare, avevo proprio fame. Prima facevo 5 ore e mezza e stavo attento fino alla cena. Di colpo invece sentivo il bisogno di mangiare, ma era una fame nervosa, perché mangiavo biscotti e tutte le… schifezze che prima non avevo mai comprato.

Quindi?

Era finita la testa del corridore. Non avevo più voglia di andare, ma lo stesso sono riuscito a rimettermi in riga e sono arrivato abbastanza bene, 3-4 chili sopra il mio peso forma. A febbraio, un mese prima della San Geo, mi si è incastrata la mantellina nella ruota dietro. Sono caduto e mi sono microlesionato un tendine del ginocchio. Sono stato quasi due settimane senza pedalare e ho cominciato a mangiare l’impossibile. Ho preso 6 chili in due settimane e quello penso che sia stato la causa che ha fatto scattare tutto.

In che senso?

Andavo in bicicletta e sentivo dolore. Facevo di tutto pur di non allenarmi. Dopo 20 chilometri della San Geo ho bucato e non sono riuscito a cambiare la ruota. Alla fine ho fatto 500 chilometri per andare e 500 per tornare a casa, finire la corsa dopo 20 chilometri è stato brutto. Il giorno dopo sono tornato in ritiro a Malmantile, dovevo fare 4 ore con dei fuori soglia e ne ho fatte due con mezza salita fatta piano. La sera dopo sono tornato a casa e il giorno dopo dovevo fare 3 ore con la bici da cronometro. Ne ho fatta una e sono passato dal bar. E la sera ho detto a mio padre che smettevo. Con la squadra ho preso tempo, perché avevano speso dei soldi per me. Lo hanno saputo ad aprile. Ho detto loro che avevo dei problemi, ma non avevo più niente da dare.

Nel 2018, in maglia Velosport Ferentino, vince a Castelfidardo il Trofeo Garofoli Porte per allievi
Nel 2018, in maglia Velosport Ferentino, vince a Castelfidardo il Trofeo Garofoli Porte per allievi
Può essere dipeso dai risultati non all’altezza?

Io non mi sono mai buttato giù, perché ero sempre orgoglioso dei risultati che facevo. Comunque stavo lì, però è scattata quella cosa e ho detto basta. Non ho avuto il rigetto della bici, perché poi una l’ho comprata. Anche se adesso sono impegnatissimo col lavoro, il ciclismo resta la mia passione. L’altra mattina alle 5, mentre facevo colazione, guardavo in tivù gli high-lights delle corse.

Pensi mai alle tue corse?

Guardo i video. L’unica cosa che mi dispiace è non fare più le cronometro, che per me sono l’essenza del ciclismo. Deve funzionare tutto alla perfezione, devi stare attento al minimo dettaglio. Che poi è la stessa precisione che serve sul lavoro. Nello showroom BMW c’è una parete curva con dei proiettori che diffondono immagini a 360 gradi. Un proiettore costa 10.000 euro e deve essere preciso al millimetro. E’ un meccanismo che funziona come un orologio svizzero, come quando si vuole fare bene il ciclismo, come i cambi del quartetto su pista.

Colazione alle 5? 

Mi sono sempre alzato presto. Per me è più faticoso andare a letto tardi che svegliarmi presto la mattina. E’ un’altra vita, però.  Prima magari la mattina facevo sei ore di allenamento e poi il pomeriggio comunque stavo a casa, fra riposo, relax, massaggi. Prima viaggiavo, adesso invece alle 5 mi sveglio e vado in cantiere. Continuare avrebbe significato prendersi in giro e prendere in giro chi puntava su di me. Io ammiro i ragazzi che continuano, ma non ha senso farlo senza arrivare ai risultati. Un mio amico a Roma a 28 anni suonati andava girando in cerca di un posto che sarebbe spettato di più a un ragazzo giovane. Le mie soddisfazioni me lo sono tolte e sono contento.

Suo padre Daniele lo allenava dietro moto: il ciclismo resta comunque di casa
Suo padre Daniele lo allenava dietro moto: il ciclismo resta di casa
Che cosa ti ha lasciato in eredità il ciclismo?

Sei abituato a faticare. Mi aiuta a rimanere concentrato tutta la giornata. Quando la sera si fa tardi, gli altri scappano perché sono morti, io invece posso continuare. Il giorno dopo c’è gente che non si alza, io invece sono pronto perché l’ho sempre fatto.

Quando hai detto a tuo padre che avresti smesso?

Fra mio padre e me c’è il rapporto che tutti vorrebbero, perché ci troviamo con uno sguardo. Devo tutto a lui, come anche a mia madre. Però con mio padre c’è un rapporto particolare, quando ero in ritiro da solo, lo chiamavo molto spesso. Mio padre è stato sempre il mio migliore amico, però quando c’era da bastonarmi mi ha sempre bastonato.

Daniel con suo padre Daniele Quaglietti che nel 1992 corse nella Cuoril di Ennio Piscina
Con suo padre Daniele Quaglietti che nel 1992 corse nella Cuoril di Ennio Piscina
E adesso lavorate insieme…

Alla D&D, che sta per Daniele e Daniel. Andiamo d’accordo, però mi tratta peggio degli operai. Se succede qualcosa, il primo con cui se la prende sono io. E’ giusto che sia così, lo fa per me e lo capisco. A lui devo tutto, non cambierei per nessuna cosa al mondo. Un giorno mi ha detto: «Quando te la senti di smettere, smetti!». Aveva capito quello che sentivo perché le stesse sensazioni le aveva già vissute lui.

A che ora ti alzerai domattina?

Sveglia alle 5. Alle 5,30 sono al capannone, 10 minuti prima di mio padre. Sistemo i furgoni e gli altri arrivano alle 6-6,20. Dovrei finire alle 16, ma non si smette mai prima delle 18,30. E’ così dal lunedì alla domenica e il poco tempo libero lo passo con la ragazza. Niente da fare, per adesso la bicicletta sta ferma…