Christina: gli amici, la moto ed eravamo felici

13.01.2021
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Christina saltò fuori quando Marco era alle prese con la rieducazione della gamba. Bionda, danese, i capelli corti e poche parole. La prima volta che la vedemmo, arrivarono insieme sulla moto. Una Harley Davidson color panna, che parcheggiarono davanti alla spiaggia. Lei andò a distendersi sul lettino, mentre Marco, che al mattino si era allenato, ci concesse un’intervista prima del meritato riposo.

Rispetto alle compagne di tanti corridori, Christina non la vedevi mai alle corse. Al contrario, era frequente incontrarla al chiosco di Tonina, dove lavorava con il grembiule bianco e il cappellino girato sulla testa. Quando Marco parlava di lei, il più delle volte sorrideva. Il giorno in cui ci raccontò del viaggio in auto per accompagnarla dai genitori in Danimarca, aveva lo sguardo della grande impresa. Le voleva davvero bene.

A un tratto però la storia si interruppe. Gli amici dicevano che anche lei gli volesse ancora bene, ma che si fosse arresa alla situazione. Si trasferì a Ravenna, poi in Svizzera e ora in Danimarca. A lungo è sparita. Non ha detto o scritto nulla su Marco, come avendo una ferita da guarire. Poi di colpo l’anno scorso è tornata dal silenzio. Non era scontato che accettasse di rispondere alle nostre domande, però lo ha fatto. E per questo le siamo grati, nel giorno in cui Marco avrebbe compiuto 51 anni.

Marco Pantani
La popolarità di Marco a un tratto ha iniziato a limitare la vita privata
Marco Pantani
La popolarità a un tratto ha limitato la vita privata
Quando hai conosciuto Marco, sapevi che era un ciclista?

Ci aveva presentato un amico comune, che evidentemente aveva visto dei punti di contatto. Mi disse che era un ciclista e che era molto forte. Stava recuperando da un incidente, era fermo e stava soffrendo. Ma a cose normali, mi disse, è molto forte. A quel tempo non avevo idea di cosa fosse il ciclismo, non ne sapevo nulla. Dunque per me, lui poteva essere una sorta di artista. Come un artista di strada.

Marco era tanto diverso da Pantani?

Fare una distinzione fra Marco e Pantani è interessante. Allora, direi che forse non conoscevo Pantani, non so se l’ho mai incontrato. Io mi sono relazionata sempre e unicamente con Marco. Pantani lo vedevo agire, parlare, pedalare, gestire, ma anche Marco era così. Magari Pantani era il Marco guerriero, almeno all’inizio. Poi è diventato una sorta di marca, un brand, un’immagine, un personaggio pubblico. E io stavo alla larga il più possibile dal personaggio pubblico. Perché era una figura molto invadente, che si rifletteva dappertutto intorno a noi.

Che cosa lo rendeva felice nella vita di tutti i giorni?

Marco era felice con poco. I buoni allenamenti. Il riposo. Un piccolo giro in macchina. E l’estate girare in moto. Incontrare degli amici. Mangiar bene, ma poco. Le cose semplici. Con il crescere del successo e la celebrità, muoversi liberamente in paese e tra gli amici stava diventando meno rilassante, per cui girare in moto era diventato una buona soluzione.

Christina è mai stata gelosa della bicicletta? 

Sì e no. Di base non ero gelosa perché lui era bello quando usciva ad allenarsi e pedalare lo rendeva felice. Avevano un rapporto intimo e sereno, lui e la bicicletta. Poi col tempo è sembrato che fosse la bici a lasciarci poco tempo. Insomma poco tempo per stare sereni insieme.

Christina Joensson, Marco Pantani
Christina e Marco, a lungo una coppia affiatata
Christina Joensson, Marco Pantani
Christina e Marco, una coppia affiatata
Era difficile avere la vostra privacy? 

Quasi sempre, ogni volta per ragioni differenti. E ogni anno è stato sempre più difficile.

Oggi le compagne dei corridori sono sempre alle corse, come mai tu sei andata poche volte?

Marco non mi voleva. Soffriva di gelosia e credo avesse paura che la mia presenza alle corse potesse destabilizzarlo. Ora che ci penso, non so se il fatto di lasciarmi sempre a casa sia stato un consiglio da parte di persone intorno a lui o se Marco preferisse così per non correre rischi. Non lo so. So che lui era cresciuto e si allenava in una sorte di old-school del ciclismo, con un approccio abbastanza severo. So che a lui piacevano la concentrazione, la fatica e il recupero. Ne aveva bisogno tutti i giorni e ancora di più durante le corse. Aveva bisogno di gestire la sua squadra, sentire tutto e tutti intorno a lui, essere sempre pronto e in ascolto. Dunque forse sarei stata di troppo. E poi bisogna anche riconoscere che non avevo grande interesse nelle corse, il ciclismo non mi appassionava. Avevo un lavoro e più avanti anche gli studi. Eppure nel corso degli anni, mi sarebbe piaciuto partire qualche volta con lui. Vederlo andare via da casa era spesso molto difficile. A pensarci bene, era una sofferenza per entrambi.

Come festeggiavate di solito il suo compleanno?

L’ho dimenticato. Dal 2004, il giorno del suo compleanno è stato una sofferenza quasi impossibile. Ma ora sto scrivendo le mie memorie e magari i ricordi torneranno. Dopo il progetto d’arte “Espace d’art Saint-Valentin” che si trova a Losanna, ho incominciato a sentire il bisogno di scrivere.

Quali regali piacevano a Marco?

Marco non voleva dei regali. Gli bastava un niente. Un sorriso, un abbraccio.

Che cosa ti manca di più di lui?

E’ impossibile a rispondere questa domanda. Diciamo che, per dare comunque una risposta, non è il ciclista che mi manca.