Abus AirBreaker vs StormChaser: qualità a confronto

14.04.2022
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Da una parte abbiamo un casco top di gamma, dall’altra un casco che fa parte di una fascia media, ma con delle soluzioni degne di un top level. Entrambi hanno qualità costruttiva che supera gli standard delle rispettive categorie. Abus AirBreaker e StormChaser sono anche i caschi utilizzati dai pro’.

Valverde indossa il modello AirBreaker
Valverde indossa il modello AirBreaker

Con Movistar e Alpecin

Il modello AirBreaker è adoperato da entrambi i team, mentre lo StormChaser lo abbiamo visto indossato dai ragazzi del sodalizio Alpecin-Fenix in più di un’occasione. A questi si aggiunge anche il più aerodinamico Abus GameChanger. Il nostro confronto si focalizza sui due modelli citati in precedenza, che rappresentano un riferimento anche per il consumatore finale. AirBreaker e StormChaser sono diversi tra loro, per tecnica, design e anche posizionamento nel mercato, fattore rappresentato da un costo diverso. Il primo ha un prezzo di listino di 249 euro, il secondo di 149.

Lo StormChaser, spesso utilizzato dai corridori del Team Alpecin-Fenix
Lo StormChaser, spesso utilizzato dai corridori del Team Alpecin-Fenix

AirBreaker, come è fatto?

E’ prima di tutto un casco leggero, che fa collimare una ventilazione ottimale e un’efficacia aerodinamica di altissimo livello. Il disegno arrotondato, combinato con la coda tronca, prende il nome di Multi Position Design e permette di sfruttare un’esposizione ridotta nei confronti dello spazio, frontalmente, lateralmente e con la testa curvata verso il basso. Questo spiega anche la struttura a nido d’ape della parte superiore/posteriore della calotta. L’AirBreaker ha una struttura In-Mold con dei canali interni che distribuiscono l’aria in entrata e agevolano quella calda verso il posteriore. Rappresentano una rastrematura del mold. La calotta EPS è un blocco unico che ricopre anche il perimetro del casco.

Abus AirBreaker a sinistra, più tondeggiante nelle forme
Abus AirBreaker a sinistra, più tondeggiante nelle forme

Uno scheletro all’interno

La struttura ha un rinforzo interno, una sorta di scheletro (ActiCage Lite) che aumenta la resistenza agli impatti e stabilizza il composto In-Mold. Questa gabbia non è integrata nel modello StormChaser. Il sistema di chiusura si sviluppa grazie alla gabbia posteriore regolabile in altezza e da un rotore micrometrico che agisce sui filler laterali.

Inoltre ci sono le fibbie, piatte, morbide a anti-sfarfallamento. Questo non è un dettaglio secondario che genera anche un maggiore comfort quando ci sono temperature da canicola. Le imbottiture interne hanno gli spessori differenziati e sono più scaricate nella parte superiore dove l’accumulo di sudore e calore sono maggiori.

StormChaser, come è fatto?

In un certo senso è il casco che non ti aspetti. Il suo comfort, il fitting e la cura dei dettagli, la qualità del prodotto in genere, vanno ben oltre la media della categoria e riprende alcune soluzioni di pregio adottate per l’AirBreaker. Rispetto al precedente è leggermente più spigoloso nelle forme, con delle linee più marcate. Mantiene comunque una sorta di fil rouge aerodinamico che lo accosta al fratello maggiore.

Non presenta la struttura micro-forata sulla calotta, ma ha 7 asole di entrata dell’aria, allungate a ben disposte e 16 totali in uscita, tra laterali e posteriori. Inoltre le asole frontali agevolano l’asciugatura delle imbottiture, proprio grazie alla loro disposizione. I canali laterali danno modo di inserire le aste degli occhiali. Nonostante una calzata tonda e profonda, il casco non scende eccessivamente sopra le orecchie e non copre l’orizzonte; anche la sicurezza ne guadagna. Il sistema di ritenzione è il medesimo e trovare le fibbie piatte in un casco di questo segmento non è cosa scontata.

StormChaser a destra, AirBreaker a sinistra (foto Sara Carena)
StormChaser a destra, AirBreaker a sinistra (foto Sara Carena)

Le nostre considerazioni

Le performances elevate da parte di un casco come AirBreaker è un qualcosa che ci si aspetta, perché è un top di gamma ed è un casco che si presenta con una elevata tecnicità. E poi è davvero confortevole. Colpisce in modo positivo Abus StormChaser, superiore alla media sotto ogni punto di vista. Per finiture, perché il sistema di chiusura è comune ai top di gamma Abus. La calotta EPS copre il mold anche nella zona del perimetro. La longevità del casco si dilata. Per la qualità della calzata, che nella zona interna non presenta protuberanze e zone di pressione, oltre a collimare con la chiusura perimetrale che non da mai la sensazione di schiacciare sulla testa. E poi c’è quel design moderno, più schiacciato verso l’anteriore, rialzato sopra e con la coda tronca, sempre bello da vedere indossato.

Le fibbie antisfarfallamento

Quante volte ci siamo infastiditi per le fibbie che stringono troppo, o troppo poco. Sono dure e non troviamo la giusta regolazione, oppure troppo morbide e si allentano continuamente, oppure continuano a sbacchettare contro il viso. Oppure hai dei divisori in plastica grandi e fastidiosi. Abus AirBraker, StormChaser e anche GameChanger hanno le fibbie piatte e morbide. Non ci sono inserti in plastica nel mezzo, solo il terminale per la chiusura. Lo sfarfallio è pari a zero, comunque minimo e impercettibile quando si pedala anche ad alta velocità. Inoltre il materiale non accumula sudore e umidità.

AirBreaker, una volta indossato è compatto e comodo, con un fit profondo (@chiara_redaschi)
AirBreaker, una volta indossato è compatto e comodo, con un fit profondo (@chiara_redaschi)

In conclusione

Il rapporto tra la qualità ed il prezzo dei due caschi Abus è ottimale. AirBreaker è un casco race top di gamma e per questo motivo deve trovare la corretta interpretazione ed approccio. Potremmo dire che rispetto a molti pari categoria è più leggero, perché 210 grammi nella taglia M sono pochi e nulla è lasciato al caso. StormChaser è un gran bel prodotto, che grazie al suo design aggressivo va ad accontentare una schiera più ampia di potenziali utenti che vogliono spendere qualcosa in meno ed avere un casco qualitativamente eccellente. Inoltre il valore alla bilancia, a parità di taglia è praticamente il medesimo, pochissimi i grammi di differenza.

Abus

Mips, cos’è e cosa significa per un ciclista

03.03.2022
5 min
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Molti appassionati ciclisti identificano un casco di qualità proprio grazie a Mips. Succede una cosa simile anche nella categoria delle calzature, dove l’utente finale identifica il valore di una scarpa, grazie alla presenza dei rotori Boa. Ma rimaniamo focalizzati su Mips e cerchiamo di comprendere cosa si nasconde alle spalle di questo acronimo (multidirectional impact protection system).

Hans Von Holst, fondatore di Mips (foto jonas@jonaskullman)
Hans Von Holst, fondatore di Mips (foto jonas@jonaskullman)

Un’azienda svedese

Mips è un’azienda svedese leader nel settore della protezione e sicurezza, un brand che collabora attivamente con l’università di Stoccolma per la ricerca di nuove e innovative soluzioni in termini di safety program (non solo nello sport, non solo nel ciclismo ma anche in tutte quelle attività legate al mondo del lavoro, militare etc.). Proprio grazie alla collaborazione con il polo universitario, Mips è impegnata attivamente nello studio delle conseguenze che possono avere gli impatti sul cervello dell’uomo, dei danni celebrali e del valore che ha un sistema di protezione.

La gabbia gialla, simbolo del marchio svedese
La gabbia gialla, simbolo del marchio svedese

La gabbia gialla di Mips

Le aziende hanno investito ingenti risorse nella ricerca e sviluppo, sono nate leggi e normative che regolano la costruzione dei caschi e l’impiego dei materiali. Sono nati dei marchi che hanno come obiettivo aziendale la costruzione di sistemi di sicurezza da applicare al casco e che offrono un valido aiuto allo sviluppo del prodotto finito.

E’ il caso di Mips: un protocollo che ha stravolto i concetti di sicurezza, protezione ed effetti negativi che possono avere sul cervello. Non solo il risultato di un colpo negativo, ma anche la natura e le dinamiche, il tutto rivolto a contrastare, in un certo senso anticipare e assecondare, migliorare lo strumento di protezione.

Oggi identifichiamo Mips come la “gabbia gialla” ancorata all’interno del casco, o comunque in quel simbolo giallo che è al lato del casco. E’ una sorta di sistema di sicurezza attivo applicato al sistema di sicurezza passivo per eccellenza dedicato al ciclista: il casco. Ma le evoluzioni sono costanti e anche il pacchetto Mips non è esente da questo percorso.

Thibaut Pinot, con indosso il casco Giro Spherical Mips, una delle ultime evoluzioni in termini di sviluppo
Thibaut Pinot, con indosso il casco Giro Spherical Mips, una delle ultime evoluzioni in termini di sviluppo

Mips, come funziona

Oggi Mips, nelle configurazioni più moderne, ha diverse forme e design. Quello che noi vediamo in un casco da bici, quel bollino giallo applicato ai lati identifica il protocollo BPS (brain protection system), che aumenta l’efficacia protettiva e offre una migliore prevenzione contro gli eventuali traumi da movimento rotatorio. Quindi, parliamo anche di traumi che possono interessare la zona cervicale, non solo la testa.

In caso di urto le forze negative si dividono in radiali e tangenziali, impatto diretto piuttosto che angolare. Quelle radiali dimostrano la capacità del casco di proteggere il cranio. Un test specifico per le forze tangenziali dimostra la capacità di prevenire potenziali lesioni cerebrali. Nel secondo caso entra in gioco il movimento rotazionale per cui è stato concepito Mips, un vero e proprio piano di scorrimento di 10/15 millimetri progettato per ruotare all’interno del casco. L’obiettivo è quello di ridurre gli effetti dell’azione rotatoria e aumentare il potere di scivolamento, che si traduce anche in una sorta di “spalmatura” delle forze negative. Queste ultime non si concentrano in un solo punto, ma si allargano.

A prescindere dall’angolazione della caduta, il sistema Mips aumenta il potere di scivolamento e distribuzione delle pressioni dell’impatto
Il sistema Mips aumenta il potere di scivolamento e distribuzione delle pressioni dell’impatto

Le varie forme di Mips

Non esistono degli standard di sicurezza in questa categoria, ma ci sono diversi studi che mettono in luce gli effetti negativi che gli impatti possono avere su cervello e colonna vertebrale. Molti di questi prendono vita proprio dagli oltre 22000 test che Mips ha condotto nel suo laboratorio.

Ecco perché il concetto Mips assume diverse forme, che sono il risultato del suo percorso evolutivo, ma anche della collaborazione con le aziende che producono caschi. C’è la gabbia gialla ancorata nel mold e ci sono i pads che hanno una struttura che agevola il movimento. Oppure ci sono i caschi, come ad esempio il Giro che adotta una sorta di doppia struttura, come dire: un casco nel casco.

Il casco, strano non usarlo

Il casco è diventato uno strumento d’immagine, che completa la dotazione del ciclista: i caschi moderni hanno delle belle forme, hanno un peso leggero e in molti casi, una volta indossati, diventano quasi impercettibili. Ovviamente proteggono. I caschi si sono evoluti, abbinando le forme all’efficienza e arricchiscono la fotografia dell’atleta.

mips