Da Mallorca la voce di Ferrigato sui giovani spremuti

29.04.2022
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Andrea Ferrigato ha fatto il professionista dal 1991 al 2005, ha vinto 17 corse (fra cui una tappa al Giro e la Leeds International Classic) ed è anche arrivato secondo nell’edizione 1996 della Coppa del mondo. Oggi fa la guida cicloturistica e proprio per questo acchiapparlo durante la stagione è spesso complicato. Respirando ancora l’aria del ciclismo tramite gli amici che ha nel gruppo, gli viene facile ragionare e fare confronti piuttosto pertinenti. “Ferri” è uno di quelli che parla poco e può così permettersi il lusso di non dire mai cose banali. Così lunedì scorso, commentando su Facebook l’editoriale che parlava della penuria di corridori italiani ai piani alti delle corse, ha scritto una frase su cui abbiamo rimuginato a lungo.

«Iniziamo con il misuratore di watt tra gli allievi – ha scritto – e poi non abbiamo giovani forti, forse perché con l’eccessivo allenamento non vediamo più i talenti ma i super allenati che poi chiaramente spariscono. Ma forse… Forse è così».

Per gli ultimi due anni di carriera, iniziata all’Ariostea, Ferrigato ha corso con l’Acqua & Sapone
Per gli ultimi due anni di carriera, iniziata all’Ariostea, Ferrigato ha corso con l’Acqua & Sapone

Gran fondo a Mallorca

In questi giorni Andrea si trova alle Baleari per la 312 Mallorca, gran fondo che vedrà al via 8.000 cicloturisti e fra loro qualche faccia nota come Alberto Contador, Oscar Freire, Ivan Basso e Jan Ullrich. E dopo aver scherzato sul fatto che non vuole più saperne di fare delle gare a tutta, avendo già corso abbastanza, il discorso torna al punto di partenza.

«Sono qui con Enrico Pengo – dice Ferrigato, riferendosi allo storico meccanico della Lampre e poi del Team Bahrain – e parlavamo di Ulissi. E’ chiaro che è diventato un ottimo corridore, ma la proporzione fra quello che è stato da junior, con due mondiali vinti, e la sua carriera attuale non si è mantenuta. Ne parlavo anche con Angelo Furlan (ex professionista e oggi allenatore, ndr) e si ragionava sul fatto che attorno ai 23 anni si ha il secondo sviluppo. Ma se esageri da giovane, tolti dal mazzo i fenomeni, magari quello sviluppo non ce l’hai e smetti di progredire».

Mondiali U23 del 2009 a Mendrisio: in testa agli azzurri Ulissi e Caruso
Mondiali U23 del 2009 a Mendrisio: in testa agli azzurri Ulissi e Caruso
Il discorso sta in piedi…

Ricordate quel video in cui Tosatto a Livigno chiede a un ragazzino quanti anni abbia, mentre quello fa le ripetute? Appena gli risponde che è un allievo, Matteo gli urla di tornare a casa. Che non si fanno le ripetute in altura da allievo. E poi quando cresci, cosa fai? Devi andare a 4.000 metri? Se si fanno lavori specifici da troppo piccoli, perdi la possibilità di svilupparti ancora a vent’anni

Se si allena un ragazzino al pari di un professionista, lo si porta a livelli altissimi, ma si riduce il suo margine per gli anni successivi?

I procuratori prospettano carriere fino ai 28 anni, ma così perdiamo quelli che magari si sviluppano dopo. Tosatto ha dovuto fare il Carabiniere perché non aveva i punti, oggi avrebbe smesso. Vanno avanti quelli che vengono allenati meglio, a discapito di chi ha i numeri e magari ha bisogno di più tempo per venire fuori o non vuole bruciare le tappe. Si sono infilati in un circolo vizioso e sono costretti ad adeguarsi. Uno junior che fa 6 ore a febbraio è troppo e io so di gente che lo fa. Ma probabilmente il loro allenatore è stato professionista e non capisce di dover calibrare bene gli allenamenti.

Vogliono tutto e subito?

In questo momento, al mondo ci sono cinque ragazzi giovani e fortissimi. Ma non si può pensare di volergli somigliare. I fenomeni sono delle eccezioni, come Saronni che vinse il Giro a 21 anni. Oppure Gimondi e Merckx. Sono pochi e se ne racconta ancora. Poi ci sono tutti gli altri. Invece ho la sensazione che si stia perdendo la voglia o la capacità di far crescere il corridore rispettando i suoi tempi. Anche Tosatto per me è stato un fenomeno, con i 28 grandi Giri portati a termine, sempre pronto a tirare per un compagno.

Tosatto ha portato a termine 28 grandi Giri, ma è passato pro’ a 23 anni dopo aver fatto il carabiniere
Tosatto ha portato a termine 28 grandi Giri, ma è passato pro’ a 23 anni dopo aver fatto il carabiniere
E tu?

Io non sono stato un fenomeno, ma di certo ero molto pronto. Sono passato e ho subito vinto, poi hanno capito che avevo dei mezzi e mi hanno messo in attesa. Ho avuto tanta fortuna e il tempo per adattarmi. Se mi avessero buttato dentro come oggi, non avrei avuto le forze per quella velocità.

Il tempo è un lusso…

Oggi non c’è tempo e neppure la voglia. E non bastano più due anni. Ricordo quanto soffrivo sulle salite al 3 per cento. Ho cominciato a stargli dietro a 25 anni. Avere il tempo per crescere è stato una fortuna, perché io prima non avevo la potenza necessaria. Usavo il cardiofrequenzimetro, un po’ si doveva interpretare. Oggi invece si usano i watt e non si sbaglia. E i corridori più giovani spariscono. Sempre parlando con Pengo, abbiamo visto che ai mondiali di Salisburgo eravamo in 8 veneti. Dalle parti di casa, una volta c’era un campione ogni 15 chilometri, adesso non più e patiamo la sensazione di non avere più nessuno. Nel mondiale in cui Moscon fu squalificato (Bergen 2017, ndr), mettemmo tre juniores nei primi dieci. Dopo sei anni, possibile che nessuno di loro sia ancora venuto fuori?

Perché secondo te?

Forse perché non fanno quel secondo step di sviluppo. In questo modo il grande campione emerge, mentre il corridore medio sparisce. Non è giusto. Ma se quando sono così giovani, li alleni coi watt, ci sta che dopo 4 anni a quel modo, siano stanchi. Io andavo a caso e non sapevo niente. Usavo il cardio ed era già spaziale, ma forse così facendo mi sono risparmiato.

E poi quando  correvi tu, l’Italia aveva qualche squadra di più…

C’è stato un periodo che ne avevamo 12, in modo che se in una non ti trovavi, ne provavi un’altra. Ora mancano. Forse fra tutte le voci dette finora, avere una squadra italiana in cui crescere e in cui mettersi alla prova nel WorldTour sarebbe il modo giusto per riprendere in mano i fili dello spettacolo.

Lingotto, 11,15 del mattino. Partito il Giro-E

08.05.2021
4 min
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Max Lelli racconta di come abbiano riaperto da poco l’agriturismo e speriamo che si possa ripartire. Moreno Moser che dà le istruzioni ai suoi compagni, spiegando loro di stare molto attenti alle rotaie del tram. Andrea Ferrigato che indossa la maglia di Trenitalia e sottolinea l’abbinamento fra i treni veloci e la bici che non inquina. Roberto Ferrari in maglia Valsir alla guida della sua squadra, sempre con lo sguardo killer del velocista. E poi Patrick Martini, che dal palco annuncia che sarà una «figata, per il messaggio che si vuole portare e per i posti che si attraverseranno». E’ il Giro-E ragazzi, terza edizione al via.

Poi… tre due, uno e il Giro-E 2021 prende il largo dalla periferia di Torino, davanti alla sede di Eataly, e affronta un percorso più lungo dei pochi chilometri della crono, spingendosi verso Superga e i colli intorno alla città, per poi entrare nel percorso della sfida che nel pomeriggio vedrà il debutto dei professionisti.

Un altro ciclismo

Nove team e sei maglie. Sponsor importanti. Il Covid e il boom del mercato della bicicletta hanno portato a un’impennata bestiale nella vendita di bici elettriche e il fatto di avere degli ex corridori alla guida del gruppo fa capire il messaggio.

«Quando correvo – dice Moreno Moser – avevo la pretesa di bici leggerissime, super scattanti, rigide da morire. Poi ho smesso e ho scoperto che esiste anche un altro ciclismo…».

In queste parole c’è tutto il riassunto della terza “sfida” targata RCS Sport, già organizzatore del Giro d’Italia. La carovana E percorrerà l’Italia da Torino a Milano, in 21 tappe, per raccontare la bellezza della Penisola in un percorso di 1.540 chilometri lungo i quali seminare con risate e incontri il verbo della bicicletta. Sia pure elettrica.

Max Lelli e Giovanni Bruno Responsabile eventi speciali di Sky Sport
Max Lelli e Giovanni Bruno Responsabile eventi speciali di Sky Sport

Sfida goliardica

La sfida è goliardica, al punto che i capitani spiegano chiaramente ai loro gregari che nel finale soltanto loro faranno la corsa vera, per un fatto di idoneità sportiva e per non stravolgere lo spirito della manifestazione. Il Giro-E non è una gara, ma una e-bike experience. Anche se i partecipanti per un giorno vivranno in tutto e per tutto come i professionisti.

Andrea Ferrigato, al debutto nella nuova esperienza: capitano del team Trenitalia
Andrea Ferrigato, al debutto nella nuova esperienza: capitano del team Trenitalia

Tamponi per tutti

I partecipanti si sono ritrovati di buon mattino per i tamponi rapidi. Poi si sono radunati per squadre. Hanno ricevuto il materiale per correre. Si sono cambiati e hanno fatto il briefing con i loro capitani. Sono andati alla presentazione dei team, sfilando sul palco prima della firma di partenza. Sono andati a sedersi nel villaggio hospitality a loro riservato per prendere il caffè. Poi, quando la bandierina si è abbassata, si sono lanciati… comodamente lungo le strade della prima tappa. A chi ha scelto Torino è andata anche bene. Ma il dislivello del Giro-E sarà di 25.500 metri e fra le tappe spiccano la numero 14, Maniago-Monte Zoncolan con 2.700 metri di dislivello e la 16ª Canazei-Cortina D’Ampezzo che ne ha 2.200 e scala il Giau e il Pordoi, Cima Coppi del Giro 2021. 

E loro chi sono? Gabriele Balducci qui con Shimano e Moreno Moser
E loro chi sono? Gabriele Balducci qui con Shimano e Moreno Moser

«Eppure – diceva Moser avviandosi alla partenza – le tappe più dure per i nostri partecipanti saranno quelle di pianura. In salita si tratta di gestire l’autonomia del motore, ma in pianura a 25 all’ora la trazione si stacca e quando ci sarà da andare a 40 all’ora, per persone magari non troppo allenate e non abituate a stare in gruppo, la cosa si fa dura. Il gioco per oggi sarà rispettare la media che ci hanno indicato, 35 all’ora. Si corre di squadra. Buon Giro-E a tutti».