Ucraina Kulyk 2022

Kulyk, Popovych e altre storie di una guerra assurda

11.03.2022
6 min
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Per molti il nome di Alexander Kulyk è solo uno dei tanti, troppi morti della insensata guerra che si sta combattendo in Ucraina. Per chi è un po’ addentro al ciclismo no, non è un nome qualsiasi e la sua scomparsa è l’ultimo capitolo di una storia davvero particolare, che forse aggiunge un tassello alla follia di questo conflitto.

C’è una ragione per cui la sua scomparsa è stata particolarmente sentita: l’Ucraina è un Paese profondamente legato al ciclismo. Innanzitutto per la sua conformazione geografica, completamente pianeggiante. Poi per la conseguente diffusione di bici nel suo territorio, per un utilizzo sociale prima ancora che agonistico. Lo stesso presidente Volodymyr Zelenski è un grande appassionato di ciclismo. Una delle prime interviste che ha rilasciato, quando i media tenevano a raccontare la storia di un attore e produttore televisivo ritrovatosi non senza sorpresa a guidare il Paese, è stata in sella in palestra durante lo spinning.

In Ucraina, dove da qualche anno era stato cancellato il locale Giro in attesa di poterlo rilanciare in una situazione sociale più tranquilla, non mancavano comunque gare regolarmente iscritte nel calendario Uci, soprattutto nella regione di Kiev, alle quali prendevano regolarmente parte corridori russi come delle altre repubbliche ex sovietiche e dei Paesi occidentali.

Kulyk 2022
L’unica foto in Rete di Alexander Kulyk, Cittì ucraino morto a 65 anni
Kulyk 2022
L’unica foto in Rete di Alexander Kulyk, Cittì ucraino morto a 65 anni

Kulyk, ex tecnico sovietico e russo

Kulyk era un personaggio molto conosciuto nel suo Paese, non solo perché padre di Andriy Kulyk, ex campione nazionale. Sin da giovane Alexander aveva preferito la carriera di tecnico, subito coinvolto più dalla possibilità di insegnare che da quella agonistica. Il suo curriculum si è presto impreziosito, ma la cosa che colpisce è che nel corso della sua carriera ha viaggiato in perfetto parallelismo con l’evoluzione storica delle sue terre, entrando nello staff tecnico della nazionale sovietica, quando i corridori in maglia rossa dominavano la scena dilettantistica, poi dopo la caduta del Muro era stato assunto alla guida della selezione russa, prima di tornare nel suo Paese e assumere l’incarico di Direttore Tecnico della nazionale ucraina.

Kulyk si era subito messo a disposizione per la salvaguardia del popolo ucraino tornando a Kiev. Non aveva imbracciato le armi, pensando più all’aiuto alla popolazione. Per questo era all’opera nel soccorso e nell’aiuto dei cittadini che volevano uscire dalla città, quando è caduto sotto il fuoco nemico, a 65 anni.

La nazionale in salvo in Abruzzo

A comunicare la notizia della sua scomparsa, mostrando una particolare commozione, è stato il presidente della federazione ciclistica ucraina, Andriy Grivko, ex pro’ che in questi giorni si è particolarmente adoperato per quelli che considera i suoi ragazzi, quelli della nazionale che hanno trovato rifugio proprio in Italia, accolti ieri dalla Federazione e dalla regione Abruzzo, che li ospiterà per tutto il tempo del conflitto permettendo loro anche di gareggiare nelle gare italiane. Vedendo i loro visi all’arrivo in Italia c’era negli occhi tutto l’orrore che si può notare in ogni profugo di una guerra davvero vicina a noi, alle nostre vite.

Per i corridori russi la situazione è in pieno divenire: l’Uci ha concesso loro di continuare provvisoriamente l’attività in attesa di nuove prese di posizione politiche prima e sportive dopo, ossia indirizzi provenienti direttamente dal Cio che aveva espressamente chiesto a tutte le federazioni internazionali di prendere provvedimenti contro la Russia. Questo significa che Vlasov e connazionali possono continuare a svolgere la loro attività nelle rispettive squadre di appartenenza, ma c’è chi non si fida. Pavel Sivakov, ad esempio, ha preso la nazionalità francese e non ha fatto mancare le sue parole contro la guerra in Ucraina.

Grechyn 2022
Serhiy Grechin, con un passato all’Amore&Vita, alla guida della nazionale ucraina arrivata ieri in Italia (foto FCI)
Grechyn 2022
Serhiy Grechin, con un passato all’Amore&Vita, alla guida della nazionale ucraina arrivata ieri in Italia (foto FCI)

Il destino dei corridori russi

«Volevo diventare francese da tempo e avevo fatto domanda all’Uci – ha spiegato il corridore della Ineos Grenadiers – visto quello che sta succedendo ho chiesto al massimo ente di accelerare le cose». Sivakov si è detto pronto a vestire la maglia della nazionale francese ai Mondiali e, appena avrà il passaporto transalpino, anche alle prossime Olimpiadi di Parigi: «Sono nato in Italia ma sono in Francia da quando avevo un anno, ho studiato qui, parlo il francese, qui mi sono innamorato del ciclismo. Vorrei solo che questa guerra finisse al più presto, non riesco a comprendere come sia potuta accadere».

Una guerra nella quale sono già diversi gli sportivi che hanno dato la loro vita: calciatori, biathleti, pugili. Una guerra che sta riempiendo i media, che sta direttamente o indirettamente influendo sulle nostre vite e che si fa sentire anche nell’attività ciclistica. Basta ascoltare le dichiarazioni di tanti corridori al loro arrivo, come Van Aert in occasione del suo successo all’Omloop Het Nieuwsblad ma anche solo guardandoli si scorge che quella gioia che normalmente avvolge ogni successo è velata.

Popovych 2021
Yaroslav Popovych, diesse della Trek Segafredo ora impegnato negli aiuti umanitari per il suo Paese
Popovych 2021
Yaroslav Popovych, diesse della Trek Segafredo ora impegnato negli aiuti umanitari per il suo Paese

Popovych e quei bambini in viaggio…

Qualcuno ha dovuto mettere da parte il suo impegno e dedicarsi ad altro. Ad esempio Yaroslav Popovych, ex stella del ciclismo ucraino e oggi diesse della Trek Segafredo. Aveva seguito tutta la preparazione stagionale, ma poi ha dovuto lasciare il suo lavoro e mettersi a disposizione del suo popolo. Oggi Popovych lavora nei centri di raccolta di materiale di emergenza che poi porta con un camion sino al confine e del suo racconto emergono i contorni di una vera tragedia.

«Ho sospeso la mia vita lavorativa dopo l’Uae Tour, poi ho dovuto pensare all’Ucraina e alla Trek hanno capito – ha dichiarato alla trasmissione Bike4U – Raccolgo materiale e invito tutti ad aiutarci soprattutto attraverso medicinali, sacchi a pelo, stufette, è ciò che più manca e serve attualmente. Quando arrivo al confine ucraino è un colpo al cuore vedere la mia gente che arriva impaurita e senza nulla, mamme con i loro figli ma anche bambini soli, senza nessuno, destinati ai campi profughi. Le parole non possono descrivere quel dolore…».