Dalla Cina all’Australia, parlando del Fiandre con Bettiol

09.01.2025
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Bettiol che pilota un piccolo aereo, scambiandosi battute con Paolo Bettini. Bettiol che suda a Lugano per arrivare pronto al debutto in Australia. I social raccontano una parte, il resto lo facciamo con lui. Alberto sta cercando di assorbire il fuso orario di Adelaide. In South Australia sono avanti di 10 ore e mezza rispetto all’Italia e soprattutto sono nel pieno di un’estate meno torrida del solito, ma con temperature intorno ai 30 gradi. Ci sentiamo nel pomeriggio, dopo un allenamento di 150 chilometri e la necessità di tirare avanti almeno fino alle dieci per addormentarsi a un orario normale. Quando si comincia dal Tour Down Under è sempre così. Poi ci si abitua e ritrovarsi nuovamente nel freddo italiano ha l’effetto opposto.

«Sono qui con la mia compagna – racconta il toscano – in un hotel vicino al mare, in zona aeroporto. Fa un bel caldo, meglio di Lugano dove l’inverno quest’anno è bello rigido. I ragazzi arrivano il 13, quindi ho ancora altri 5-6 giorni prima di raggiungerli. Sono abituato, è la quinta volta che corro qui. Comunque s’è già detto, sono stato comprato per fare i benedetti punti World Tour, quindi veniamo giù con Higuita per la classifica generale e io per le tappe. Cerchiamo di fare il possibile fin da subito».

Alberto Bettiol, classe 1993, è professionista dal 2014 ed è l’attuale campione italiano (foto Sprint Cycling)
Alberto Bettiol, classe 1993, è professionista dal 2014 ed è l’attuale campione italiano (foto Sprint Cycling)
Il fatto di essere stato comprato fa molto calciatore, come del resto il sistema di promozione e retrocessione…

E anche con la compravendita ad agosto. Prima di decidere, ho parlato tanto con Vinokurov. E’ venuto a trovarmi alle Olimpiadi, perché lui era lì con la nazionale kazaka. Abbiamo parlato tanto, ho parlato tanto con Giuseppe (Martinelli, ndr). E alla fine il progetto mi ha convinto. Si parlava al futuro di quest’anno, poi i tempi sono stati molto accelerati. Sapevo che la squadra doveva cambiare se voleva avere una chance di rimanere nel WorldTour.

Quindi non ti ha stupito toppo veder arrivare così tanti corridori?

Sapevo che il budget sarebbe aumentato notevolmente, quindi avrebbero avuto la possibilità di comprarne tanti. Anche nello staff ci sono stati degli ingressi, come Dowsett e tutto un gruppo di performance. Non è più la classica squadra kazaka, in cui si parla tanto italiano, ma sta diventando sempre di più internazionale. I proprietari cinesi sono molto disponibili, Vinokourov sa fare le squadre e avendo queste risorse ha deciso di investire tanto.

Che tipo di contatti ci sono stati finora con i cinesi?

A dicembre hanno voluto me e altri quattro compagni per andare a fare la presentazione ufficiale. Siamo andati nella loro fabbrica a Shenzen, una città con 17 milioni di abitanti, poi nel salone dei congressi del Municipio. C’era il sindaco, che è una donna (You Xiangrong, ndr). C’erano anche un membro del governo cinese, il presidente della XDS e suo figlio che è l’amministratore delegato con cui si interfaccia Vinokurov. Questo ragazzo è venuto a dicembre per tre giorni con la sua compagna e altre due persone dell’azienda per vedere come lavorassimo. Da quello che mi hanno detto, l’anno scorso era stato a vedere il Giro d’Italia e il Tour de France e si è innamorato di questo mondo. Ovviamente, facendo bici da 30 anni e non avendo problemi di denari, hanno deciso di cogliere l’opportunità di inserirsi nel WorldTour.

La necessità dei punti influenzerà il tuo calendario?

No, si deve alzare la media della squadra, ma io continuerò a fare quello che ho sempre fatto, possibilmente al meglio. Per venire a capo della situazione, dobbiamo impostare quest’anno e i prossimi adattandoci al ciclismo moderno, in cui si lotta fino alla fine e non si molla mai. In cui si vanno a cercare i piazzamenti e anche il quarantesimo posto in un Grande Giro, si cercano le gare semi sconosciute, senza pubblico, però se vinci ti danno 125 punti WorldTour. Più che fare le fughe e correre spensierati, purtroppo o per fortuna (dipende dai punti di vista) bisogna fare così, perché il ciclismo di oggi funziona in questo modo.

Un modo di interpretarlo cui è facile abituarsi per chi corre per vincere?

A me non cambierà tanto, però altri corridori sono stati chiamati a cambiare le proprie ambizioni. Conviene essere più continui anche se non si vince mai, piuttosto che buttare via cinque o sei gare e vincerne una sola, che poi ti dà pochi punti. Io inizio qua in Australia, poi dovrei fare Laigueglia, la Tirreno, le classiche e spero il Giro d’Italia. Ad agosto e settembre invece, bisognerà martellare sui punti WorldTour.

Il Fiandre 2024 è stato una beffa per Bettiol, ripreso nel finale e poi 9° all’arrivo
Il Fiandre 2024 è stato una beffa per Bettiol, ripreso nel finale e poi 9° all’arrivo
In questo ciclismo moderno comandano i punti e pochi corridori fortissimi. Per Bettiol che è diventato grande vincendo il Fiandre come sarà confrontarsi con quei giganti?

Il Fiandre più che un obiettivo è un’occasione, perché è una gara che mi viene bene. E’ una gara in cui ci sono tanti punti WorldTour ed è una gara che, alle spalle di Pogacar e Van der Poel, si apre a tanti scenari. Io devo essere lì, dietro a loro due. Per far bene, per orgoglio mio e per la squadra. Soprattutto perché l’anno prossimo con questa bella maglia tricolore, mi piacerebbe fare bene al Fiandre. Però, proprio per la gente che c’è in giro, definirlo un obiettivo mi sembra un po’ surreale.

Invece la Roubaix? Sembravi esserne innamorato…

Non è che la Roubaix mi abbia fatto impazzire. Forse l’anno scorso ero un po’ scarico di energie, un po’ deluso dopo il Fiandre in cui mi ripresero proprio alla fine. Forse fu questo, ma è una gara completamente diversa da tutte le altre. Non c’entra niente con il Fiandre e le altre classiche. E’ più una cronometro individuale. Si fanno delle medie pazzesche con queste ruotone e non è che mi faccia impazzire. E’ chiaro che ha il suo fascino e per questo dissi che una volta avrei voluto provarla e l’ho fatto. Però non è che non ci dorma la notte.

L’arrivo in Astana significa anche cambio di preparatore?

Mi segue Maurizio Mazzoleni, ma non abbiamo cambiato nulla. Hanno speso parecchio per prendermi, non avrebbe avuto senso rivoluzionare tutto. Non sono un giovane al primo anno.

Invece con la nuova bici ti sei trovato subito bene? Guardando la foto ricorda molto la Cannondale con cui correvi lo scorso anno…

Ricorda la SystemSix. Mi è piaciuta subito, perché scorre veramente bene e quando si va davvero forte, la senti che tiene la velocità. Quando fai una volata, non ti sembra di dover abbattere un muro, ma scorre bene. Si sente che è rigida quando togli le mani dal manubrio ed è difficile andare dritti. Vuol dire che è molto rigida ed è un bene. In più il peso è contenuto ed è nella media degli altri, quindi siamo molto contenti. Abbiamo anche il modello da salita, ma penso che io userò soprattutto questa aero.

Ti senti già pronto per fare risultato?

Più o meno mi sembra di essere pronto, anche se è sempre difficile fare previsioni per la prima gara. Ormai non ci si va più per rifinire le condizioni, bisogna essere pronti. E se non si è pronti, ci si fa del male e basta.

In viaggio con Scandolara nel ricordo di Melissa Hoskins

04.01.2024
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«Quando l’ho saputo – dice Valentina Scandolara – ho inviato un messaggio ad Annette Edmonson e a Carlee Taylor. Ho chiesto loro: “Ditemi che non è vero!”. Invece mi hanno mandato un video, ma la mia prima reazione è stata comunque di non crederci. Non c’è niente da dire, la morte di una persona così giovane è una cosa che non ci si aspetta mai. E tutto il resto ancora meno, ma non sta a noi parlarne».

Il ritiro in Australia

La veronese si sta allenando per la ripresa della stagione su pista, la strada appartiene al suo passato. Nel 2014 e 2015, quando approdò in Australia alla Orica-AIS, trovò ad accoglierla anche Melissa Hoskins. Il suo nome è balzato drammaticamente alle cronache alla fine dell’anno: la sua morte a 32 anni è una notizia che non va giù. Forse per questo abbiamo chiesto a Valentina Scandolara di ricordarla per noi. Perché non l’abbiamo mai conosciuta e non ci sembrava giusto lasciarla andare così. Per lei non è facile parlarne e per questo la ringraziamo sin d’ora.

«Uno dei ricordi che mi fa più ridere – dice – è di quando l’ho incontrata al primo ritiro della squadra a Melbourne. Arrivai la sera tardi e la notte non dormii per il jet lag. Al mattino le trovai tutte a colazione e non capivo cosa dicessero. Un po’ perché ero intontita, un po’ perché la pronuncia australiana è molto dura. Melissa assieme a Carlee Taylor cercò invece di farmi sentire più a mio agio. E poi era una burlona. In quel ritiro ad esempio si mise a farmi vedere un video con i 42 modi per morire in Australia. C’erano gli squali, i ragni, gli scorpioni… Mi raccontava storie assurde, esagerate, tutte quelle che si raccontano agli stranieri che vanno in Australia. 

Nel 2015 Melissa Hoskins conquista il mondiale del quartetto a Parigi (foto Instagram)
Nel 2015 Melissa Hoskins conquista il mondiale del quartetto a Parigi (foto Instagram)

«Una sera – prosegue e ride – per farmi sentire a casa, andò con Annette a prendermi una pizza. Io ero super felice. Aprii questa scatola e vidi che me l’avevano presa all’ananas. E gli dissi: “Ragazze no, bisogna fare una lezione di cucina italiana!”. Ma loro sapevano benissimo che avrei reagito così, perché chiaramente avevano il ritiro in Italia…».

Foto e ricordi

Parlare costa, è trascorso troppo poco tempo e il rischio di passare per qualcuno che vuole metterci sopra il nome l’ha tenuta a freno dal pubblicare ricordi sui social.

«Ci ho pensato – ammette – perché all’inizio ero indecisa se postare e dire qualcosa. Col tempo i contatti si allentano, ci si sente solo per gli auguri e non ero certa di essere la persona più adatta per dire qualcosa. Però dopo un po’ hanno iniziato a mandarmi le foto che avevano di noi e mi sono ritornati in mente tanti ricordi a cui magari non pensavo più. In questi giorni ho pensato bene a cosa ricordo di lei ed è vero, come si dice, che i migliori partono sempre troppo presto».

Hoskins, Cure, Edmondson, Ankudinoff: il quartetto australiano iridato a Parigi 2015 (foto Instagram)
Hoskins, Cure, Edmondson, Ankudinoff: il quartetto australiano iridato a Parigi 2015 (foto Instagram)

Il Tour Down Under

Forse il ricordo più bello, lo si capisce dalla voce che trema, è quello legato alla vittoria del Tour Down Under nel 2015. Fu il successo di un’italiana di 25 anni, davanti a un’australiana già molto nota in patria per le sue vittorie su pista.

«Quella corsa – conferma Scandolara – fa capire veramente chi fosse Melissa. L’anno prima a Ponferrada eravamo arrivate seconde al mondiale della cronosquadre e lei al Down Under arrivava in preparazione ai mondiali su pista, il suo obiettivo a fine febbraio. Si correva ad Adelaide, la sua città adottiva, dato che si era stabilità lì per la pista. In quel periodo volava, io andavo forte, ma la corsa non era un mio obiettivo. Invece vinsi la prima tappa e lei fece seconda. Chiaramente i giochi erano ancora apertissimi, invece Melissa si mise a disposizione per tutta la settimana, perché io potessi tenere la maglia. La foto che dopo la sua morte ha pubblicato anche la GreenEdge (immagine di apertura di Nikki Pearson, ndr) è l’abbraccio fra noi due dopo l’ultima tappa che vinse lei. Ero felicissima. Infatti nella foto dell’arrivo alle sue spalle, esulto anche io. Melissa aveva un talento straordinario, era fortissima e super competitiva. Però quando si metteva a disposizione, rinunciava a tutte le sue possibilità di vittoria. Era una persona veramente rara e la ricordo con tantissimo affetto. E’ stata una tragedia incredibile».

Argento a Ponferrada

Nei mondiali 2015 su pista, che si svolsero nel velodromo parigino che ospiterà le prossime Olimpiadi, Melissa Hoskins conquistò la maglia iridata nel quartetto facendo anche il record del mondo. Il ricordo dell’argento nella cronosquadre di Ponferrada (vittoria alla Specialized Lululemon), che ha fatto capolino nelle parole di Scandolara, merita a sua volta un racconto. 

«Melissa e Annette Edmondson – ricorda – erano in prestito nella squadra della strada, perché la loro attività era prevalentemente su pista. Nel 2014 condividemmo tanti momenti, ritiri e corse, ma l’obiettivo finale della squadra era il campionato del mondo della cronosquadre. Io fisicamente non sono mai stata un corridore da crono, però Melissa mi incoraggiò per tutto l’anno. All’inizio non avevo nessuna prospettiva di far parte della squadra, invece in ogni ritiro lei, Annette ed Emma Johansson, che erano le più esperte, mi sostenevano con i loro consigli. E alla fine, miglioramento su miglioramento, entrai di diritto in squadra e fui addirittura una delle quattro che sarebbero passate per prime al traguardo e su cui sarebbe stato fermato il tempo».

Ritiro e famiglia

Le loro strade si separarono alla fine del 2015. Scandolara passò alla Cylance Pro Cycling, mentre Melissa lasciò la strada per concentrarsi sulla pista e di lì a poco lasciò la carriera per dedicarsi a quella di suo marito.

«Dopo allora – ricorda Scandolara – capitò di vedersi qualche volta in Australia, magari al Tour Down Under. Lei si stabilì fra Girona e Andorra e andava spesso vedere le gare maschili. Quando si è ritirata, mi è dispiaciuto molto, perché aveva ancora tantissimo da fare. Era giovanissima, aveva appena 25 anni. Però so che voleva una famiglia e supportare la carriera di suo marito. E così adesso di lei mi restano questi ricordi e una bandierina dell’Australia, di quelle di scarsissima qualità che ci diedero sul podio dei mondiali. Pensate che in questo momento sto vestendo una felpa dell’Orica. Mi ricordo anche del soprannome che mi diedero, forse perché Valentina Scandolara era troppo difficile da pronunciare senza storpiarlo. Mi chiamavano Brumby, come il cavallo selvaggio australiano…».

Melissa Hoskins ha partecipato alle Olimpiadi di Londra 2012 (4° posto), poi a Rio 2016 (5°), prima di ritirarsi
Melissa Hoskins ha partecipato alle Olimpiadi di Londra 2012 (4° posto), poi a Rio 2016 (5°), prima di ritirarsi

La morte e i giornali

Adesso Valentina sorride e prima di salutare ha un sassetto da togliere dalla scarpa, qualcosa che abbiamo pensato anche noi nei giorni immediatamente successivi alla tragedia di Adelaide.

«Mi è dispiaciuto – dice – vedere anche delle testate prettamente sportive che hanno dedicato i loro articoli a Rohan Dennis, il campione di ciclismo, accusato di aver ucciso la moglie. A Melissa invece hanno dedicato tre parole. Ebbene anche Melissa Hoskins era una campionessa di ciclismo ed è stata protagonista di questa brutta storia. E in ogni caso, anche se non fosse stata Melissa con i suoi risultati sportivi, penso che le parole vadano pesate bene. Capisco che il marito sia più conosciuto, ma sarebbe servito più rispetto anche per Melissa. L’ho detto a chi mi ha cercato per parlarne: se volete scrivere qualcosa, tenete conto anche di questo aspetto. Sarebbe assurdo fare il contrario».