CARCASSONNE (Francia) – «Negli ultimi cinque chilometri era nervoso, cercavo di tranquillizzarlo quando era ormai chiaro che aveva vinto». Simone Pedrazzini è quasi più felice di Tim Wellens quando scende dall’ammiraglia della UAE Emirates. Oggi era il diesse in seconda ed è toccato a lui stare sulla fuga.
Il campione belga ha vinto a Carcassonne con una fuga solitaria di ben 43 chilometri. Ha regalato allo squadrone emiratino la quinta vittoria in questo Tour de France e soprattutto è entrato nel club dei vincitori di tappa in tutti e tre i Grandi Giri. Un club ora forte di 113 corridori. E lo ha fatto in un giorno che, se non è stato da tregenda, poco ci è mancato. La media folle nelle prime due ore, la caduta di Lipowitz e Vingegaard all’inizio. E anche quella di Alaphilippe, che sembrava lì per tirarsi fuori e poi invece è finito terzo. Qui sono sempre emozioni e batticuore.






Pedrazzini gongola
«Questa vittoria, o meglio questa fuga – racconta Pedrazzini mentre si abbraccia con gli altri dello staff – non era prevista. Tutto è nato strada facendo. Avete visto come è andata la tappa? Tanto caos, almeno nelle fasi iniziali. Tra l’altro, davanti la Visma-Lease a Bike aveva piazzato Victor Campenaerts, quindi Tim è andato».
A quel punto, come si dice in gergo, si è fatta la conta. Si è valutata la situazione. Tutto sommato, dietro Pogacar era tranquillo e ben coperto, e allora perché non lasciare spazio a questo corridore che è sempre molto generoso? Tra l’altro, è uno dei più stretti amici proprio di Tadej Pogacar. I due si allenano insieme a Montecarlo. E a volte è lo stesso papà di Wellens a fargli fare dietro motore.
«Quando abbiamo valutato la situazione – riprende Pedrazzini – e visto che tutti stessero bene, ci abbiamo provato. Ma per come è andata, è stato un vero numero di Tim. Quando sono uscito ad arrivare su di lui, gli davo giusto i distacchi e le borracce. Cosa gli dicevano i ragazzi per radio? Purtroppo nulla: erano troppo lontani e non riuscivano a parlargli. Però so che si tenevano informati. E’ stata una grande giornata per noi».


Bravo Tim
Quando Tim Wellens entra in mixed zone è felice, quasi timido. Ha gli occhi di ghiaccio solo nel colore. In realtà è di una dolcezza unica. Parla quasi a bassa voce.
«Penso di essere la persona più felice sulla Terra in questo momento – ha raccontato Wellens – E’ una bellissima vittoria ed è un grande orgoglio per me, per i miei compagni e credo anche per il Belgio, visto con che maglia ho vinto». Tra l’altro, domani – secondo giorno di riposo – è anche la Festa Nazionale Belga».
Pedrazzini ha ragione quando dice che il numero se lo è inventato del tutto Wellens. E’ sembrato, in parte, di rivedere il campionato nazionale belga di qualche settimana fa, che lui ovviamente aveva vinto. Tanti scatti e controscatti, tanto caos e una lettura di corsa ineccepibile.
«L’obiettivo – ha detto Wellens – non era proprio quello di entrare nella fuga, ma una volta che mi ci sono ritrovato, la squadra mi ha dato il permesso di tentare. Ho pensato proprio di attaccare in quel momento. Avevo visto che c’era quel falsopiano dopo la salita e quindi ho provato ad attaccare lì. Era un buon punto per poter provare a fare la differenza. Mi sentivo davvero bene, non stavamo pedalando a tutta. Ad un certo momento, proprio perché stavo bene, ci ho anche provato prima della salita, però non ero convinto, perché in quel momento mancava davvero tanta, tanta strada. Quindi ho atteso il falsopiano.
«Se era più facile scappare in salita? Forse, ma non volevo dimostrare quanto stessi bene. Notavo che Campenaerts stava pedalando sciolto e forse pensava di fare quel che ho fatto io. Ma sono partito prima io… in cima credevo che rientrasse. Poi c’era anche una curva molto stretta verso destra – un vero e proprio tornante che immetteva su una strada più grande, il falsopiano di cui parla Tim – e loro erano a sinistra. Io a destra l’ho preso più forte. Poi però non è stato facile, perché per diversi chilometri ce li ho avuti a 10”. Solo quando ho superato i 20” le cose sono migliorate».
I racconti dei corridori sono eccezionali. Chilometri, Gpm, salite e poi magari a fare la differenza, su una tappa di 170 chilometri, è l’ingresso in una curva.






Amore, amicizia e vittoria
Ancora Wellens: «Ho parlato un po’ con Victor Campenaerts un paio di minuti fa prima di entrare qui in mix zone. Lui mi ha detto che avevo gambe così buone perché sono innamorato! Forse è vero: anche nella vita privata è un buon momento e questo si riflette anche in gara».
«Cosa mi passava per la testa? Pensavo solo a spingere e a non perdere il ritmo. In squadra c’è un bel feeling, so che i ragazzi e Tadej sono stati molto contenti per me. Scambierei subito la mia vittoria di tappa con la maglia gialla di Tadej a Parigi. Oggi si è creata questa opportunità e va bene, ma siamo tutti qui per Pogacar. Ci sono ancora due giorni molto difficili. L’altro giorno Tadej è caduto e questo ha costruito una situazione molto tesa. Nonostante questo abbiamo continuato ad attaccare, ma abbiamo sofferto molto tutti. Anche oggi, non avevamo intenzione di soffrire, ma ci sono cose che non possiamo controllare. Per questo dico che ci aspettano giorni difficili e che dobbiamo sempre essere vigilanti».
Come accennavamo, Tadej e Tim sono parecchio amici. In corsa Pogacar voleva essere aggiornato sull’azione del compagno e all’arrivo ha gioito.
«Sono davvero felice per lui – ha detto lo sloveno – Tim lavora duramente per mantenere questa maglia gialla. Mi ha aiutato negli ultimi anni nelle classiche, si è sacrificato per me, anche durante gli allenamenti. Ora, che vinca il Tour, è fantastico per la squadra. Ha colto l’occasione. Sono più felice per lui che quando vinco una tappa io».