Il volo del campione. Pogacar domina il Galibier

02.07.2024
6 min
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VALLOIRE (Francia) – Il Col du Galibier si conferma terra per artisti. Come Pantani 26 anni fa, anche Tadej Pogacar ha dipinto un capolavoro che resterà indelebile nella storia del ciclismo. Ha dipinto le curve in discesa e aggredito in tornanti in salita. Ha demolito l’avversario. Il risultato è un quadro. Tappa, maglia e l’orgoglio di essere riuscito finalmente a vincere una battaglia dopo tante sconfitte.

L’avversario chiaramente è Jonas Vingegaard. Ma come detto questa era “solo” una battaglia. La guerra è lontana dal finire. Una guerra bella… questa. Sportiva sia chiaro. Gli occhi di Pogacar visti oggi in mix zone facevano paura. Felicità certo, ma anche una consapevolezza sconcertante.

Pogacar taglia il traguardo. Stoppa il computerino. Ha fatto 19,3 km di fuga solitaria
Pogacar taglia il traguardo. Stoppa il computerino. Ha fatto 19,3 km di fuga solitaria

Quadro Galibier

L’opera d’arte della UAE Emirates, prende corpo sul Lautaret, lungo colle che porta poi al Galibier. Il vento contrario complica i piani ai ragazzi di Matxin. Tra pendenze dolci e appunto vento contro, a ruota non si stava bene, ma benissimo. Però è un ritmo che fa male. Che logora. E’ un ritmo che se non sei al top ti fa consumare tanto.

Dopo la svolta per il mitico Colle, ecco l’affondo tambureggiante della UAE. Prima Pavel Sivakov, poi Adam Yates. Poi ancora il balletto Joao Almeida e Juan Ayuso. Il gruppo si sgretola. Restano i giganti.

A 1.200 metri ecco lo scatto. Pogacar a destra, Vingegaard a sinistra. Sembra di rivedere il San Luca. Solo che si apre una breccia. Un metro, due. Un tornante e il rilancio violento dello sloveno. Dopo due anni di cazzotti incassati stavolta è lui a portare a segno il colpo.

Il resto è una planata che lascia tutti col fiato sospeso. Un arrivo quasi rabbioso con pedalate piene fino ad un metro dopo il traguardo.

Galibier. Lo sloveno è partito da pochi istanti. Vingegaard si appena staccato. Qui il buco è ancora di pochissimi metri
Galibier. Lo sloveno è partito da pochi istanti. Vingegaard si appena staccato. Qui il buco è ancora di pochissimi metri

Tappa e maglia

Il re del Giro d’Italia taglia il traguardo. E’ stanco e si vede. Ma lucidissimo. La cassa toracica si gonfia e si sgonfia in modo impressionante. Lui spegne il computerino. Qualche istante e ha già recuperato. 

«Il mio piano – ha detto Pogacar – è stato un po’ rovinato dal forte vento. Se non ci fosse stato avremmo potuto fare ancora di più, ma sono orgoglioso dell’azione e della squadra. E per me conta molto aver vinto da squadra.

«Dobbiamo continuare così. Dobbiamo avere in corsa la stessa atmosfera che abbiamo a cena, nel bus, alla mattina. E dobbiamo mantenere questo spirito di combattimento fino alla fine. La strada è ancora molto lunga».

Pogacar famelico

Sarà che lo abbiamo seguito giorno dopo giorno al Giro d’Italia, ma Pogacar sembra davvero un altro. In Italia dominava senza problemi. Qui si sapeva che gli avversari sarebbero stati diversi. Ma in tanti anni non lo avevamo mai visto così feroce.

«Sapevo – riprende il campione sloveno – che con il vento contro restare davanti da solo sarebbe stato difficile. Avrei voluto attaccare prima, così ho aspettato gli ultimi chilometri, i più difficili. Avevo davvero buone gambe e per questo ho dato tutto per creare un po’ di spazio prima della cima».

E poi, insaziabile ha aggiunto: «Non è stato il mio finale migliore, perché faceva anche freddo e alcune curve erano bagnate, ma quei 35”-37” mi rendono orgoglioso».

In effetti qualche curva Tadej non l’ha tirata benissimo, ma è normale quando si è al limite. Tra l’altro la scelta di attaccare in discesa è figlia anche di un momentaneo punto debole di Vingegaard quando la strada scende. Non dimentichiamoci che Jonas viene da una caduta in discesa e ci sta che anche psicologicamente avesse un filo di “incertezza”. 

Insomma in questa guerra a livelli siderali ogni minima crepa diventa un appiglio per aprire una breccia.

Almeida e Ayuso si sono alternati nel tratto finale del Galibier a causa del forte vento
Almeida e Ayuso si sono alternati nel tratto finale del Galibier a causa del forte vento

Applausi UAE

Per questo, in quei pochi metri che si sono aperti tra Pogacar e Vingegaard sul Galibier c’è di mezzo un mondo. Forse l’intero Tour de France. Tutto è in divenire ma per ora uno è davanti e l’altro insegue.

«Io – riprende Pogacar – credo che Jonas stia molto bene, ma in tre settimane qualcosa può cambiare. Vedremo come andranno le cose nelle prossime tappe e anche nella crono».

Ma c’è un altro aspetto che va preso in grande considerazione: oggi Vingegaard è rimasto solo. Se gli altri anni i Visma-Lease a Bike dominavano, oggi nei primi otto c’era solo il danese. E questo forse è l’aspetto che più ha reso felice Pogacar. «La squadra conterà di sicuro da qui in poi. E noi oggi abbiamo dimostrato di avere uno dei team più forti».

Ancora Ayuso e Almeida: i due si sono parlati dopo il traguardo
Ancora Ayuso e Almeida: i due si sono parlati dopo il traguardo

Ayuso e Almeida

Una bella atmosfera ha detto Tadej. E in effetti oggi la UAE Emirates ha lavorato alla grandissima. Ha mostrato compattezza, nonostante un piccolo episodio riguardante Ayuso proprio nel finale del Galibier.

Un momento su cui anche Pogacar è intervenuto. «Magari è sembrato un gesto plateale, ma quando sei a 200 battiti è difficile parlarsi. Joao non era arrabbiato».

«Tutto è andato come volevamo – ha detto un freschissimo Almeida dopo il traguardo – siamo stati perfetti. La mia gamba è buona e di sicuro da qui alla fine sarà ancora meglio. Siamo felici, ma sappiamo che c’è ancora molto da fare».

Come dicevamo solo un piccolo “caso”, quando Ayuso era in quinta ruota, quindi dietro a Pogacar, e Almeida era in testa. Il portoghese gli aveva fatto quel gesto invitandolo a venire avanti. «Quel gesto con Ayuso? Non mi ricordo bene ora», glissa Joao.

In pratica, secondo Matxin, visto il vento forte che c’era e il ritmo alto che dovevano imprimere, anziché dare una lunga trenata ciascuno, i due dovevano alternarsi. Ma Ayuso era rimasto un po’ troppo nascosto. Tanto è vero che poi quando è passato il ritmo è un po’ calato. Il dubbio dunque è che Ayuso abbia fatto il furbo. L’ambizione personale dello spagnolo è nota… Ma ci sta anche che i ritmi siderali lo abbiano reso un filo meno lucido.

All’arrivo comunque i due si sono abbracciati. Almeida gli ha sussurrato qualche breve parola all’orecchio e poi si sono scambiati il cinque. Ma per il resto davvero tattica ineccepibile. E grandi sorrisi. D’altra parte come potrebbe essere diversamente di fronte ad una simile opera d’arte?