«Sto cercando d’imparare, la prossima volta mi piacerebbe fare l’intervista in italiano…». La chiacchierata con Erik Fetter inizia da qui, mentre sta vivendo finalmente un po’ di riposo nella sua Budapest, città che ricorre spesso nei suoi discorsi a conferma della nostalgia di casa. Fetter è uno dei tanti giovani talenti dell’Eolo Kometa, messosi in evidenza soprattutto nella seconda parte della stagione con una vittoria di tappa al Tour du Limousin ma soprattutto sfiorando il podio fra gli Under 23 agli Europei di Trento.
Con lui, ma anche con Attila Valter, avversario su strada ma buon amico fuori dalle competizioni, l’Ungheria sta scoprendo il ciclismo (senza dimenticare Kata Blanka Vas fra le donne, uno dei migliori prospetti multidisciplinari al mondo). Nel Paese magiaro le due ruote non avevano mai vissuto molta popolarità, il miglior corridore era stato Laszlo Bodrogi sul finire del secolo, un buon pro’ ma nulla più. Ora invece le prospettive sono ben diverse, con giovani che reclamano il loro spazio in un ciclismo molto più globalizzato.
E’ quasi un caso che Erik Fetter sia ora protagonista sulle strade internazionali, alle sue radici non era proprio il ciclismo la prima scelta: «Mio padre Gyorgy è stato un nazionale di atletica, correva i 100 e 200 metri e ha partecipato anche alle Olimpiadi di Seoul 1988. Lo sport ha sempre fatto parte della mia famiglia. La prima bici l’ho avuta a 6 anni, è passata davvero un’eternità… Seguivo mio fratello che si allenava in bici e pian piano mi è venuta la passione, prima per la Mtb e poi su strada».
Erik Fetter a 7 anni: già vittorioso e protagonista in Tv… La prima passione per Erik: gli esercizi di equilibrio in Mtb In Mtb: per lui un 9° posto nel Team Relay ai mondiali 2017
Com’è la situazione del ciclismo nel tuo Paese, è più seguito?
Se devo fare il paragone con soli 5 anni fa è tutta un’altra storia. Prima era una disciplina di nicchia, ora invece è molto più seguito e penso che lo sarà sempre di più. Il prossimo anno il Giro d’Italia partirà da Budapest, so già che sarà una grande festa, molto seguita sulle strade e in televisione, già se ne parla molto e ci si sta lavorando. Io credo che sarà un momento di svolta.
Perché?
Credo che darà una grande spinta, sia a noi atleti ma soprattutto alla città che si potrà mostrare al mondo in tutta la sua bellezza. Io sono convinto che in pochi anni il ciclismo potrà diventare una delle discipline guida del nostro Paese, ma chiaramente molto dipende da quanto potremo fare noi pro’, ossia io e Attila che siamo i più giovani e in rampa di lancio.
Tu quest’anno, tra le varie gare alle quali hai partecipato eri anche al al Giro di Ungheria, avere una vetrina in casa che effetto ti ha fatto?
Bellissimo, ho potuto toccare con mano la maggiore attenzione che il ciclismo riscuote dalle mie parti. Nella penultima tappa ho anche sfiorato la Top 10 e nell’ultima, disputata tutta a Budapest, c’era tantissima gente ai bordi delle strade. E’ una manifestazione in grande crescita (vinta dal britannico Howson con il nostro Tiberi terzo, ndr).
Come ti sei ritrovato a correre in Italia?
Lo scorso anno avevo firmato il contratto con la Kometa in Spagna, dopo un anno nella Pannon, formazione Continental del mio Paese. Poi la squadra si è spostata in Italia e sono un po’ cambiate le mie prospettive. A conti fatti è stata una fortuna, mi trovo benissimo in Italia e non solo per il cibo… Abito a Jesolo, sono sul mare ma con le Alpi a pochissima distanza, poi adoro Livigno, per me è il posto più bello al mondo.
Sei soddisfatto della tua stagione?
Abbastanza, anche se gli inizi non erano stati semplici, per l’ambientamento ma anche per trovare la mia dimensione, infatti sono andato meglio nella seconda parte dell’anno. Comunque con 41 giornate di corsa e 2 vittorie non posso lamentarmi. Devo dire grazie ai tecnici del team, che hanno avuto pazienza e mi hanno sempre incitato e fatto i complimenti, ma voglio e posso dare molto di più.
Ti sei fatto un’idea di che cosa puoi fare in questo ambiente?
Ancora no, penso che la prossima stagione sarà decisiva in tal senso. Finora sono stato un corridore che si adattava in qualsiasi situazione, nelle classiche di un giorno come nelle corse a tappe, in salita come in pianura. Voglio capire se posso fare non solo bene, ma meglio in qualcosa e per questo il 2022 sarà molto importante.
C’è qualche gara in particolare che sogni di conquistare?
Intanto vorrei prendere parte al Tour de France, per me è il sogno di ogni ciclista. Poi vorrei tanto vincere una medaglia alle Olimpiadi o ai Mondiali, credo che darebbe un senso compiuto alla mia attività. Mio padre a Seoul sfiorò l’ingresso in semifinale: so che posso renderlo ancora più orgoglioso di me. Spero tanto di essere l’anno prossimo alla partenza del Giro a Budapest, vederlo all’arrivo e magari regalargli una gioia…