L’ultima volta che un belga vinse il Tour de l’Avenir fu nel 2008, quando la maglia gialla toccò a Jan Bakelants e Damiano Caruso, azzeccando la cronometro della vita, conquistò all’Italia un uomo in più per i mondiali di Varese. Questa volta è toccato a Cian Uijtdebroeks, corridore della Bora-Hansgrohe, che si è portato a casa il Tour degli under 23 avendone compiuti da poco 19. Per lui si è smosso anche Bernard Hinault.
«Gli ho detto – racconta il grande francese – che in questo modo ha fatto esperienza per il vero Tour de France. Mi ha risposto molto seriamente: “Credo fermamente che un giorno al Tour potrò essere in giallo”. Guardate, da ragazzo avevo anche io questi pensieri. Fa bene, crede e spera di poter partecipare al Tour vero. Preferisco un corridore così piuttosto di uno che si tira indietro. Non è un ragazzo che arriva alla partenza per finire quinto».
«Questo – ha proseguito Hinault – è semplicemente un vincitore. Un corridore super bravo. Guida bene la bici, non è male in volata e va bene in salita. Uijtdebroeks ha ragione a sognare sempre il massimo. Fa parte della nuova generazione di corridori che puntano dritti al loro obiettivo. E ha sempre il sorriso sulle labbra. Irradia gioia di vivere».
Tempo per imparare
In effetti è vero: Cian Uijtdebroeks sorride sempre e questo fa pensare a un approccio con il ciclismo che non sia tremendamente professionale, ma davvero tanto divertente. Quando poi gli è stato fatto notare che nell’albo d’oro a precedere il suo nome ci sono anche quelli di Pogacar e Bernal, lui va dritto e non si scompone.
«Sì, ho sempre sognato – dice – di vestire un giorno di giallo al Tour. Indossare già questa maglia e vincere è un sogno. Vedremo cosa mi riserverà il futuro. Sono incredibilmente felice di aver vinto il Tour de l’Avenir. Partecipare e ottenere un buon risultato era il grande obiettivo di questo primo anno da professionista. Per il prossimo anno è previsto che partecipi a un grande Giro e magari il debutto avverrà alla Vuelta, ma vorrei andarci ben preparato. Non solo soffrire e sperare di arrivare a Madrid. Cominciamo con le corse di una settimana. Passo dopo passo.
«Mi rendo conto che ho ancora molto da imparare, ma sono diventato professionista per questo. Non è necessariamente bello iniziare non potendo farsi vedere davanti, ma rimango convinto che non sia stato male per il futuro».
Lontano dal Belgio
Solo che da ragazzo intelligente quale ha sempre mostra di essere, quando si è reso conto di avere ormai un rendez vous con il professionismo, per stare alla larga da paragoni scomodi, ha preferito andarsene dal Belgio. Per questo ha rifiutato la proposta della QuickStep di Patrick Lefévère e ha scelto il progetto a lungo termine dei tedeschi della Bora-Hansgrohe.
«La prima volta che sono stato paragonato a Remco – dice – pensai che fosse fantastico essere considerato bravo come lui. Poi è diventato stressante, perché è come se mi venisse chiesto di ottenere subito gli stessi risultati. Ora ho imparato come affrontare questo tipo di situazioni.
«Oggi imparo quando sono in gara, ma anche da tutte le cose che si verificano intorno. Voglio solo crescere lentamente. Voglio darmi tempo per avere successo. Il progetto triennale che ho scelto è interessante perché non ho alcun obbligo di risultati. Non è male per gestire qualsiasi tipo di pressione».
Mondiali, no grazie
Anche per questo, Uijtdebroeks ha già deciso da un pezzo che non parteciperà ai mondiali di Wollongong. Un po’ perché poco convinto del percorso, un po’ per lasciare spazio ad Arnaud De Lie.
«Credo che il mondiale di Wollongong – dice – non si adatti molto al mio profilo. Ora farò un periodo di riposo e poi ho organizzato uno stage nelle Ardenne per le gare italiane d’autunno, fino al Giro di Lombardia»
Dopo l’Avenir, Uijtdebroeks, è tornato a Abolens con i suoi genitori, dopo aver dimostrato in Francia che per il Belgio c’è vita dopo Remco Evenepoel.