La terza Liegi di Tadej. Si chiude così la campagna del Nord

27.04.2025
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LIEGI (Belgio) – Da dove iniziare? Un bel punto di domanda per questa Liegi, la terza dominata da Tadej Pogacar. Il campionissimo della UAE Team Emirates ha messo tutti in riga sulla Redoute come da programma. Se ne è andato che mancavano 35 chilometri all’arrivo.

Se non fosse per la buona tenuta degli italiani, la Liegi-Bastogne-Liegi 2025 sarebbe condensata in poche frasi. Ma come avevamo anticipato ieri, c’è un’Italia che non molla: secondo Giulio Ciccone, quarto Simone Velasco e sesto Andrea Bagioli.

(Quasi) tutto facile

E’ vero, tutto sembrava semplice. Ma «in realtà poi facile non lo è – come ci spiegava Andrej Hauptman, direttore sportivo della UAE – anche all’Amstel Gold Race sembrava tutto facile, ma abbiamo visto come è andata. Le cose nel ciclismo cambiano velocemente. Quel giorno abbiamo trovato Remco in giornata di grazia e tanto vento contrario che si è alzato più forte del previsto. Oggi per fortuna non è andata così».

Intanto nel clan della UAE, come nelle altre squadre, c’è il fuggi-fuggi generale. La Liegi chiude la campagna del Nord e anche per gli staff è tempo di tornare a casa. I meccanici lavorano, i massaggiatori aprono i frigo con le borracce e si lanciano all’assalto dei tifosi. Si caricano i mezzi. Chi scappa in aeroporto…

Ancora Hauptman: «Avete avuto la sensazione che sulla Redoute avesse controllato prima di aprire tutto il gas? Sì, è vero. Voleva vedere chi c’era con lui e a quel punto avrebbe deciso cosa fare: se tirare dritto oppure aspettare qualcuno. In fondo alla discesa ha deciso di andare. Comunque, come ripeto, fare tanti chilometri da solo non è mai facile. Io voglio fare i complimenti alla squadra perché i ragazzi sono stati eccezionali. Tutti hanno svolto alla perfezione il proprio lavoro. Ai 150 chilometri dovevano entrare in azione e hanno controllato ogni metro del percorso».

Come detto da Hauptman, in fondo alla discesa della Redoute, Tadej decide di andare. Prende il suo vantaggio, si mette nella sua velocità di crociera – che ovviamente è ben diversa da quella degli altri – porta il margine a un minuto, un minuto e 15. Dopodiché si stabilizza e trova persino il tempo di parlare via radio. «Cosa mi chiedeva alla radio? Mi diceva che i ragazzi dietro dovevano stare tranquilli e pensare alla volata», conclude Hauptman.

E Remco?

Quello che è mancato in questa giornata è stato l’attesissimo duello con Remco Evenepoel. Ancora una volta il testa a testa col coltello tra i denti è venuto meno. Remco è naufragato sulla Redoute. Ha provato a tenere duro, era rientrato sul gruppo giusto ai piedi della Roche-aux-Faucons, ma poi nulla ha potuto, se non chinare la testa e onorare la sua Doyenne fino in fondo. E dire che sullo Stockeu pedalava a bocca chiusa…

La sensazione, non solo nostra, è che il doppio campione olimpico stia vivendo una fase di “rebound”, di rimbalzo, dopo il ritorno dal suo incidente. Ci sono due considerazioni da fare.

La prima è fisica: ci sta che appena si rientra si stia bene, “leggeri” e pimpanti, specie se si ha uno dei super motori di questo ciclismo. Ma poi la resistenza, il recupero e il ritmo gara protratto su quattro gare in dieci giorni si fanno sentire.

La seconda motivazione, forse più incisiva della prima, è mentale. Remco lo abbiamo osservato in questi giorni e di certo era meno spensierato di Pogacar. Senza Van Aert, è il faro del Belgio. Il doppio titolo olimpico lo ha lanciato in un’altra dimensione, con pressioni di cui un po’, forse, risente. Alla Freccia del Brabante nessuno gli chiedeva nulla: era solo il rientro dopo cinque mesi. Ma dopo quella prestazione, il suo approccio alle gare è immediatamente cambiato. In ogni caso è tornato. Ora potrà iniziare davvero a lavorare per il Tour. Iniziare: si badi bene a questo termine.

Liegi, ma anche Roubaix

Finalmente Pogacar arriva in conferenza stampa. E’ sereno, come se nulla fosse successo. Ripete tante volte: «Sono felice». E come non esserlo?

«Sono felice per la squadra – racconta Tadej – per questa vittoria, sapete quanto ami la Liegi, per come è andata la corsa. Io non potevo immaginare una primavera migliore».

E poi interviene sulla gara: «Ho visto spesso la Soudal-Quick Step di Remco davanti, poi all’inizio della Redoute non li ho visti più. Ho immaginato fosse successo qualcosa (forse è per questo che si voltava così spesso, ndr). Non immaginavo non avesse le gambe. Dopo un po’ sono partito, ma volevo vedere se qualcuno potesse seguirmi. Poi lo sapete, quando ho le gambe e c’è la possibilità, io voglio sempre vincere».

Il resto è storia. Quel che colpisce invece è la sua risposta quando un giornalista gli chiede quale sia il ricordo più bello di questa sua campagna di classiche.

«Chiaramente le vittorie sono sempre bellissime, ma se chiudo gli occhi, il ricordo di questa mia primavera di classiche è la Parigi-Roubaix. Non credevo fossi capace di fare certe cose in quella corsa. E’ stato qualcosa di speciale». Mauro Gianetti non ne sarà felicissimo!

Intanto però nel bus della UAE Team Emirates si fa festa. Quel bus che, non appena Pogacar ha tagliato il traguardo, ha iniziato a suonare il clacson, facendo un rimbombo incredibile in tutto il vialone d’arrivo. E’ il genio di Federico Borselli, l’autista che tra l’altro aveva posteggiato il bestione subito dopo la linea d’arrivo, staccato da tutti gli altri. Lui già sapeva tutto!