Strade Bianche, ancora Pogacar. Ma stavolta col brivido…

08.03.2025
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SIENA – «Credo che se lo chiedete a qualsiasi corridore – dice Pogacar con un sorriso che sa di esperienza – vi dirà che almeno una volta ha avuto una caduta come la mia. Per me non è stata la prima, forse la terza. Ma a prescindere da questo, sarebbe stato un peccato se avessi buttato via tutto il lavoro della squadra…».

Il campione del mondo ha qualche cerotto. Quelli sui polpacci si vedono, gli altri si intuiscono sotto il giubbino iridato. Con 40,705 chilometri all’ora, è stata la Strade Bianche più veloce di sempre, più di quella del 2023 vinta da Pidcock. Questa era più lunga e il vincitore è anche finito in un prato, rischiando di rompersi l’osso del collo. E’ un giorno che Pogacar ricorderà a lungo: forse non quello della vittoria più bella, ma di certo di quella più sofferta.

Sin dal mattino si scherzava su quale sarebbe stato il punto del suo attacco: se su Monte Sante Marie oppure nel settore precedente di Serravalle. E quando Pidcock ha rotto gli indugi sul primo, Tadej si è affrettato ad andargli dietro. Non è parso sorpreso, forse davvero non aveva in animo di vincere con un’impresa delle sue. Però ha raccolto la sfida e si è allontanato con il britannico che al Q36.5 Pro Cycling Team ha ritrovato la spavalderia dei bei tempi.

Un momento di panico

La caduta ha fatto scorrere un brivido lungo la schiena di tutti. Pogacar deve essersi accorto di essere arrivato lungo in quella curva, ha pinzato l’anteriore e la ruota si è girata, facendolo andare giù a peso morto. Il colpo è arrivato anche al casco, gli occhiali si sono girati e Tadej è scivolato a grande velocità verso la banchina. Ha schivato un segnale stradale e si è fermato nel prato. Per molto meno altri non sono più qui tra noi, per molto meno lui stesso alla Liegi del 2023 si ruppe uno scafoide. Invece si è rialzato, ha fatto un rapidissimo check ed è ripartito.

«Sto bene, grazie – dice con un sorriso – grazie per averlo chiesto. Quando sono caduto nella mia mente c’è stato un momento di panico. Però mi sono rialzato, ho visto che potevo riprendere la bici, ho visto che il mio orologio era a posto e anche il computerino. Ho avuto un sacco di pensieri, ma la prima cosa è stata ripartire. Ho provato a tornare davanti perché per questa gara avevamo lavorato tanto».

Pidcock allunga e Pogacar rilancia: il britannico capisce subito che sarà dura
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Ha chiesto scusa

Pidcock davanti non si è fermato, non ci ha pensato neanche. Ha provato a tenere duro, poi forse aggiornato dall’ammiraglia, ha capito che l’altro stava andando a velocità doppia e che i chilometri fino al traguardo fossero ancora troppi. Perciò, voltandosi e vedendolo arrivare, ha pensato bene di tirare il fiato e recuperare preparandosi per lo scontro finale.

«Quando sono tornato su Pidcock – racconta Pogacar e un po’ ci colpisce – gli ho chiesto scusa. E’ stato un mio stupido errore e poteva finire molto male per tutti davanti, per lui e anche per Swift. Tom mi ha guardato ha detto che stava bene e mi ha chiesto se stessi bene anche io e così abbiamo continuato. So di essere stato fortunato, magari questo d’ora in poi diventerà il mio soprannome: “Lucky guy!”.

«Non so quanto mi abbia aspettato, di certo l’ho visto voltarsi sulla cima della salita quando gli sono arrivato vicino. Forse ha pensato che fosse ancora troppo lunga per andare da solo e avrà pensato che sarebbe stato meglio andare via insieme. Non ne abbiamo parlato, ma so che lui ha rispetto per me e io ne ho per lui. Oggi è stata davvero una classica e anche in questi frangenti così estremi, abbiamo mostrato una grande correttezza».

La pressione di Pidcock

Quella che non gli manca mai è l’ironia. Dopo l’arrivo si è fermato. Ha abbracciato gli uomini della sua squadra con quell’entusiasmo ogni volta così schietto da strapparci il sorriso. Poi ha aspettato Pidcock e alla fine anche Wellens, al culmine di una giornata da incorniciare. Ha risposto alle domande delle televisioni. Si è fatto medicare prima di salire sul podio. Poi si è prestato all’ultimo incontro con i media, prima di tornare al bus e di lì in albergo. Eppure quella caduta resta nelle domande e anche Tadej ci torna sopra.

«Probabilmente aver avuto Pidcock alle spalle – dice – potrebbe avermi spinto a commettere quell’errore. Non è facile andare in discesa sapendo che hai dietro un campione del mondo di mountain bike, campione olimpico di mountain bike e campione del mondo di ciclocross (ride, ndr). Mi ha messo sotto pressione, perché ho dovuto dimostrargli di essere bravo anche io e credo di averlo fatto. Ma non andrò mai con lui in mountain bike. Avevo pensato di attaccare al primo passaggio su Colle Pinzuto, ma la caduta mi ha impedito di farlo.

«Ho sperato che l’inseguimento non mi costasse troppe forze. Fortunatamente non mi sono rotto nulla, alla fine niente di serio. Sapevo che avrei dovuto provare in quel settore, perché le Tolfe sarebbe stato più adatto a Tom, dato che è più corto. Per cui ho fatto uno scatto ed è stato sufficiente».

Due italiani nei primi 20

La sua esultanza in cima allo strappo finale di Santa Caterina è stata quella del goleador. La gente lo ha abbracciato e sospinto, riconoscendo in quelle ferite e quelle lacerazioni un valore aggiunto che finora non aveva mai visto.

Nessuna vittoria è facile, quella che viene avendo in bocca il gusto del proprio sangue vale indubbiamente di più. La terza Strade Bianche di Tadej Pogacar va in archivio con Formolo e Vendrame nei primi venti. La sua prossima tappa sarà la Milano-Sanremo. E chissà che già da stasera nello squadrone non si torni a parlare della Roubaix.