Con la stampa belga, il ritorno del venerato Van Aert

17.09.2023
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Il grande ritorno di Wout Van Aert. Al Tour of Britain abbiamo rivisto il miglior Wout: quello che aiuta e gestisce la squadra, che vince e domina per potenza pura. Eppure la sua è stata una stagione strana. E per strana intendiamo costellata più che di alti e bassi, di una latente opacità. E’ mancato l’acuto sostanzialmente.

In questo quadro abbiamo voluto coinvolgere due dei maggiori giornalisti di ciclismo del Belgio, Guy Van Den Langenbergh e Renaat Schotte, per sapere cosa si pensa dell’asso della Jumbo-Visma nella loro Nazione.

Una tappa e la classifica generale del Tour of Britain per Van Aert. In questa stagione ha ottenuto 23 top 5 sin qui
Una tappa e la classifica generale del Tour of Britain per Van Aert. In questa stagione ha ottenuto 23 top 5 sin qui

Wout sempre presente

Partiamo con Van Den Langenbergh di Het Nieuwsblad. E partiamo proprio dall’estate di Van Aert e da quel ritiro al Tour de France. Un ritiro che forse ha colpito più noi che i belgi stessi.

«L’abbandono del Tour – spiega Van Den Langenbergh – è stato un po’ triste, ma anche abbastanza normale direi. La moglie era incinta e loro da tempo volevano il secondo genito. Semmai ha colpito più il fatto che se ne sia andato senza una vittoria. E le occasioni le aveva avute, una su tutte quella di San Sebastian».

Quel giorno la Jumbo-Visma non lavorò benissimo nel finale e nel dopogara c’era una certa tensione. Van Aert tornò in hotel da solo in macchina e non con i compagni sul bus. Forse proprio quel giorno è stato, l’emblema della sua stagione… per ora.

«Non possiamo dire – riprende Van Den Langenbergh – che Wout sia andato piano. E’ sempre stato lì davanti in tutte le gare che ha fatto, dalla primavera all’estate. Gli è mancata la ciliegina sulla torta. Poteva esserci alla Roubaix, ma è stato sfortunato.

«Okay, in Gran Bretagna è andato forte ma non è sufficiente. Da lui ci si aspetta una vittoria di peso, però come ripeto non si può dire che sia andato piano».

«Spesso ha lavorato per la squadra e come sempre è stato determinante. E’ stato così al Tour ma anche alla Gand-Wevelgem per esempio, quando ha lasciato vincere Laporte. Ma in Belgio nessuno lo critica proprio perché comunque è sempre stato presente. E dà sempre tutto».

Van Aert e la sfortunata foratura quando era davanti con Van der Poel all’ultima Roubaix
Van Aert e la sfortunata foratura quando era davanti con Van der Poel all’ultima Roubaix

Il Belgio lo ama

Quest’ultima affermazione si lega benissimo con quanto sostiene il collega Renaat Schotte, di Sporza. 

«Io – spiega Shotte – penso che il pubblico lo ami e anche più di Remco Evenepoel perché Van Aert è il campione del popolo. Lui è sempre disponibile, fuori dalle polemiche, mentre Remco ha una personalità più “battagliera”. Forse anche perché uno è più giovane e l’altro più esperto. E anche se come quest’anno non ha vinto, Wout è sempre molto rispettato. Il grande desiderio del popolo belga è che Van Aert vinca il mondiale, non c’è riuscito, non è facile, ma i tifosi sono sempre per lui».

Anche con Schotte si passa poi ad esaminare l’estate di Van Aert. Il corridore di Herentals è uscito dal Tour e dal mondiale soprattutto col “barometro in ribasso”: stanco, appannato e ancora una volta battuto dallo storico rivale Van der Poel a complicare le cose.

«Dopo il Tour – riprende Shotte – e la nascita del figlio indubbiamente Wout ha pagato qualcosa, non è stato facile per lui. Però poi ha staccato e ha ripreso per bene. E si è visto al Tout of Britain: ha svolto un lavoro favoloso per la squadra, ha vinto una tappa e la generale. Si è rimesso in linea per il suo principale obiettivo di questo finale di stagione che è il campionato europeo».

Dopo il riposo estivo Wout sembra aver ritrovato gli “occhi della tigre” (foto Instagram)
Dopo il riposo estivo Wout sembra aver ritrovato gli “occhi della tigre” (foto Instagram)

Verso il finale

Shotte mette sul piatto l’europeo. Questa gara, che assume sempre maggior importanza, sarà poi seguita dal mondiale gravel. Ecco come i due giornalisti belgi inquadrano i due obiettivi.

«L’europeo non è un mondiale chiaramente – dice Shotte – ma è importante. E’ una corsa giovane (tra i pro’, ndr) e conquistare quella maglia è prestigioso. Se dovesse andare a Van Aert, andrebbe sulle spalle di un corridore molto presente in gruppo, di un corridore in vista e di colpo anche la stessa maglia europea sarebbe più importante che in passato. Sarebbe una maglia che pesa. Tanto per fare un paragone non sarebbe come ai tempi di quando vinceva Sagan (lo sloveno di fatto non la indossò in quanto campione del mondo aveva quella iridata, ndr)».

Anche Van Den Langenbergh sottolinea l’importanza dell’europeo e non solo: «E’ comprensibile che ne voglia fare l’obiettivo principale di questa seconda parte di stagione. Tra l’altro l’europeo si corre in Olanda, Paese della sua squadra di club. Loro ci tengono. Sarà il leader del Belgio insieme a De Lie

«E poi a seguire c’è il mondiale gravel che arriva appunto quando la stagione su strada è ormai finita, quindi non crea alcun problema. A lui questa disciplina piace. Il gravel è una via di mezzo fra la strada e il cross e potrà sfruttare questa sua esperienza del cross appunto. In più anche Cervélo spinge in tal senso per sviluppare e promuovere le sue bici gravel. Di certo andrà per vincere… come sempre».