Questa cosa che la squadra non lo assiste ormai sembra un ritornello stonato. Anche perché l’unica che al momento sembra superiore alle altre, il Team Ineos, manca in maniera evidente di un solista e il coro da sé può fare poco se non c’è quello che ne finalizza il lavoro. E poi ieri avere accanto una roccia come Majka ha permesso alla maglia gialla di stare coperto fino al momento in cui ha deciso di dare uno scossone alla corsa.
Difesa (non) d’ufficio
Pogacar ai suoi compagni ci tiene e non ne fa mistero. Lo scorso anno passò la tesi per cui avesse vinto da solo, restando nascosto fino al momento in cui affondò Roglic, ma non andò esattamente così. Facendo scorrere di nuovo il film della corsa, semplicemente con una ricerca per nome nel sontuoso archivio di BettiniPhoto, si nota che richiamando i loro nomi assieme, in tutti gli arrivi di salita i due sloveni sono sempre gomito a gomito.
«Voglio dimostrare che non è stata una mossa unica – ha detto lunedì nel giorno di riposo – in ogni corsa da allora, che sia la Liegi o la Tirreno-Adriatico, parto per dimostrare quanto valgo e che quella vittoria non è stata un caso. Se qualcuno mette in dubbio quello che faccio o quello che dico, in qualsiasi ambito, cerco sempre di dimostrargli che ha torto».
Forse per questo non sta lasciando niente a nessuno, anche se forse ieri un regalo a Vingegaard lo avrebbe forse fatto. Quando al mattino va a schierarsi con le altre maglie davanti a tutti, l’unico con cui parla è il giovane danese. Altrimenti Pogacar è un ragazzo riservato e preferisce stare con la squadra.
«So cosa fa per me ogni giorno ciascuno dei ragazzi – dice – e anche l’anno scorso non sono stato isolato come spesso sento dire».
Come da bambino
Una delle domande più esilaranti cui ha risposto ieri dopo l’arrivo è se si stia divertendo. Chi gliel’ha posta non si è reso conto che in effetti nella sua traiettoria, lo sloveno sta seguendo da anni lo stesso copione.
«Corro come un bambino a cui piace correre – ha risposto con quel suo sorriso – sono venuto al Tour per godermelo e mi rendo conto ogni giorno di quello che il mio allenatore e direttore sportivo Andrej Hauptman mi ha sempre detto di fare: divertirmi (la vera differenza fra lui e Roglic, a ben vedere, è che il secondo ha fatto del Tour quasi un’ossessione, ndr). Per me il ciclismo è un gioco. Quando sono in un finale come gli ultimi, se ho le gambe provo ad andare».
Per completare il discorso sulla sua coerenza… stilistica, vale la pena ricordare che anche quando da junior vinse il Lunigiana, la squadra slovena non fosse tra le più forti, ma Tadej seppe farsi valere rimboccandosi le maniche. Arrivò secondo il primo giorno a Bocca di Magra dietro Kazanov. Il secondo giorno a Fosdinovo vinse Pronsky su Battistella, ma Tadej conquistò la testa della classifica. Il terzo giorno, con il primato indosso, vinse la tappa e consacrò la maglia.
Hauptman ricorda
Il suo tecnico di nazionale Andrej Hauptman, oggi anche suo direttore sportivo al Uae Team Emirates, sta lavorando anche in prospettiva Tokyo e intanto ha ricordi e idee chiare, sin da quando lo vide vincere la prima corsa a 13 anni lasciando il gruppo e semplicemente andando al traguardo.
«Tadej è uno con gli attributi – dice – che osa e ci prova sempre. Però, non lo fa in maniera scriteriata e sa quando muoversi perché ha una grande capacità di leggere la corsa. E’ una caratteristica innata, che ha sempre avuto. Del resto da bambino era uno dei più piccoli e per tenere testa agli altri ha dovuto imparare a cavarsela con l’intelligenza. Ha sempre provato colpi da solista e questo gli ha permesso di sviluppare un ottimo senso della gara. Poi, va bene con tutte le condizioni e non patisce particolarmente il freddo».
In realtà le ultime tappe hanno dimostrato che lo sloveno in giallo se la cava meglio con il freddo che con il grande caldo, ma anche in questo caso è tutto relativo. Fatto salvo il Vingegaard del Ventoux, nell’unico giorno in cui Pogacar ha ammesso di aver raggiunto il suo limite, tutti gli altri sono stati peggio di lui. Sia col bello sia col brutto. La classifica ne è il riflesso diretto. I paragoni col passato non aggiungono molto alla sua storia. Vedremo come finirà domani la crono, poi inizieremo a raccontare la seconda vittoria di Pogacar al Tour.