La prima stagione di Matteo Sobrero con la Red Bull-Bora Hansgrohe ha due volti: uno felice e l’altro un po’ meno. Quando è stato chiamato per dare supporto ai capitani, il piemontese ha risposto presente, mentre nelle occasioni in cui ha avuto spazio per sé qualcosa non è andato.
«Ero a conoscenza del ruolo nel team – spiega Sobrero, che in questi giorni ha riagganciato le tacchette ai pedali in vista della prossima stagione – che mi era stato assegnato fin dal primo ritiro, ovvero a dicembre dello scorso anno. Nei Grandi Giri avrei dovuto dare una mano ai capitani, mentre in altre gare avrei avuto lo spazio per provare a dire la mia e fare la corsa».
Le fatiche gialle
Alla fine Sobrero ha corso il suo primo Tour de France, quello che gli era stato promesso lo scorso anno e che poi era sfumato senza troppe spiegazioni. Alla Grande Boucle ci è andato, consapevole del lavoro che avrebbe dovuto svolgere per il capitano unico: Primoz Roglic.
«Sento di essere arrivato a fine anno scarico e tirato – racconta – con la squadra abbiamo parlato proprio di questo. Ci sono stati dei piccoli errori o comunque delle situazioni che non è meglio non rifare. Con l’arrivo di Red Bull il team ha investito tanto sul Tour, forse fin troppo. Non ero mai stato abituato a certi carichi di lavoro. Siamo partiti il 10 maggio, senza mai praticamente tornare a casa fino all’ultima tappa. Ho anche saltato il campionato italiano».
Come si è svolta la vostra rincorsa al Tour?
Siamo partiti per andare a fare qualche ricognizione di tappa. Poi da lì ci siamo spostati ad Andorra per il ritiro in altura, abbiamo corso il Delfinato e infine siamo tornati in ritiro a Tigne. Una volta finita la preparazione c’è stata la presentazione ufficiale di Red Bull in Austria e pochi giorni dopo la partenza da Firenze. Sono sforzi che fai e che non ti pesano, soprattutto con l’adrenalina del momento.
Poi li senti?
Una volta che ti fermi, ti salgono addosso la stanchezza e la fatica. Tutti i miei compagni che hanno finito il Tour hanno detto di aver risentito del lungo periodo di stress. Ed è una cosa che personalmente mi sono portato fino all’ultima gara della stagione, nonostante abbia staccato tra la fine del Tour e le altre gare. Si tratta di trovare il giusto ritmo e di abituarsi a certi carichi di lavoro e di stress. Tutte le squadre fanno un programma simile prima del Tour.
Si deve cercare il giusto equilibrio…
In un ciclismo che chiede di essere sempre al 100 per cento, essere al 95 vuol dire rincorrere. Io ho pagato più mentalmente che fisicamente. Non avevo mai preparato un Grande Giro in questo modo, l’anno prossimo sarebbe diverso. Sarei pronto. Però d’altra parte tornare a casa qualche giorno sarebbe stato utile per riposare e ripartire al massimo. Mi sono reso conto che sono arrivato alla partenza di Firenze già stanco.
Parliamo dei tuoi obiettivi, eri partito bene con AlUla e Sanremo.
Avevo trovato una buona condizione e sentivo di stare abbastanza bene. Poi mi sono ammalato in vista delle Ardenne e nel finale di stagione, come detto, non ero al 100 per cento. Se guardo alla mia stagione personalmente non posso essere soddisfatto, mentre se penso al mio lavoro per il team posso esserlo.
Devi trovare il modo di incastrare tutto?
Sì, così da essere soddisfatto di entrambi gli aspetti. Anche perché la squadra mi concede le occasioni. Nel caso gli spazi per il 2025 dovessero essere gli stessi, sarà importante trovare qualche accorgimento per arrivare pronto ai miei obiettivi. Questi possono essere la Sanremo, le Ardenne o le gare di fine stagione. Vero che non abbiamo ancora un calendario, quindi parlare di impegni è difficile, ma vorrei trovare un equilibrio migliore.
Ora che li hai messi tutti in cascina quale pensi sia il migliore per conciliare i tuoi obiettivi e quelli di squadra?
Sono consapevole che sarò di supporto per i capitani. Mi piacerebbe tornare al Giro perché è una corsa meno stressante e frenetica. Dal punto di vista di ciò che lo circonda il Tour de France è mentalmente impegnativo, spendi il doppio. Ci sono tanti tifosi, media, pressione, ecc…
La differenza la farà tanto quale Grande Giro correrà Roglic, quest’anno lo hai affiancato parecchio.
Mi sono trovato molto bene con lui fin da subito, abbiamo un ottimo rapporto. E’ un leader diverso da quelli che ho avuto in precedenza, ha proprio il carisma del campione. Per il momento non sono ancora totalmente legato a lui, potrei correre in supporto di altri capitani. Vedremo cosa verrà fuori dal ritiro di dicembre, manca poco. Si parte il 10.