CALPE (Spagna) – Quando nel corso della scorribanda spagnola siamo entrati nell’hotel in cui alloggia anche la Groupama-FDJ in coabitazione con il Movistar Team e la Total Energies, l’incontro con Lorenzo Germani era in cima alla lista degli appuntamenti. Il ciociaro è l’ultimo italiano rimasto nella squadra di Madiot ed è uno di quelli da cui ci si aspetta un segnale.
Con 22 anni a marzo, Germani si accinge a vivere il secondo anno nel WorldTour e nello scriverne ci rendiamo conto di essere vittime della nevrosi per cui si vorrebbe tutto e subito. Probabilmente accade perché i suoi amici della continental, da Martinez a Gregoire, sono passati ugualmente lo scorso anno e si sono già fatti vedere in modo importante. La realtà è che la squadra francese è nel pieno di una metamrofosi. Pinot ha smesso e Demare è passato alla Arkea-Samsic e così in pochi mesi il gruppo ha cambiato faccia.
Il discorso di Madiot
Germani lo troviamo in un divano nella hall da cui si vede la spiaggia di Calpe in pieno sole. Il ritiro è agli sgoccioli, la testa è già alle Feste e poi all’inizio della stagione. La squadra ha da poco fatto le foto ufficiali con le nuove bici Wilier Triestina, che però non si possono ancora mostrare. Germani dice che sono molto veloci, sia quella da strada sia quella da crono. Per il montaggio hanno mantenuto Shimano, come prima con le Lapierre. Il ritiro di Pinot ha lasciato un bel vuoto di carisma, come si riparte?
«Marc Madiot – attacca Germani – ci ha fatto uno dei suoi discorsi di inizio, prendendo l’ultima frase detta da Pinot alla squadra prima di andarsene: “Prendetevi cura della squadra”. Quindi ha detto che per tutti noi, che nel 2023 eravamo la nouvelle vague, il 2024 sarà un nuovo inizio. C’è stato un bel cambiamento anche all’interno dello staff, alcuni sono andati in pensione e sono arrivati dei nuovi. Marc resta comunque molto ambizioso, sono arrivate nuove figure nel campo della performance perché possiamo avere sempre qualcosa di più. Quindi ha concluso che non dobbiamo sentirci spaesati perché certi personaggi se ne sono andati. Mancheranno, ma abbiamo l’organizzazione per non farli rimpiangere».
E sarà davvero così?
Di sicuro sarà difficile non sentirne la mancanza. Penso sul piano dei punti, visto che Thibaut e Demare ne facevano tantissimi. Quest’anno toccherà a noi, a Gregoire e Martinez, che hanno la mia età. Insomma, il tempo dell’apprendistato sta per terminare e bisogna cominciare a portare dei frutti. Ora la squadra è nelle mani di Kung, Gaudu, Madouas e di certo Gregoire e Lenny Martinez, che ha fatto una stagione incredibile. Poi immagino una seconda linea con Rudy Molard e Geniets e Pacher.
E Germani?
Germani farà un calendario molto più WorldTour di quello che ha già fatto e che è stato ugualmente importante. La squadra ha fiducia in me, vedono che lavoro bene e faccio quel che devo. Prima del 10 gennaio non possiamo dare i dettagli, ma farò un calendario molto italiano, quindi è abbastanza prevedibile che sarò a Laigueglia, poi Strade Bianche, Tirreno, Sanremo e Giro d’Italia. In avvio si sta ragionando sul Provence e Drome Ardeche.
A che punto sei della tua crescita?
Dopo la Vuelta, mi sento più forte fisicamente e con più esperienza. Per conferma, aspetto di vedere le prime gare e come reagisce il fisico. La preparazione è cambiata perché non farò l’Australia. Quindi dato che inizio a metà febbraio, ho affrontato una ripresa più light. Per il resto sarà tutto uguale, a partire da quando si inizieranno a fare l’intensità e i vari lavori. Posso dire che ho chiesto di lavorare di più. Va bene crescere per gradi e il fatto che siamo giovani, però voglio anche spingere il limite un po’ più avanti. Perciò ho chiesto di aumentare l’intensità, le ripetizioni e le ore.
Vedere Martinez e Gregoire già a un livello così alto è un pungolo?
Dal momento che la squadra va bene, lo stimolo a lavorare meglio viene da sé. Il fatto di essere cresciuti ciclisticamente insieme, mi spinge a cercare di restare con loro, diciamo così.
Sembri sempre molto posato ed educato, anche se chi ti conosce meglio dice che in corsa sei una iena. Chi ha ragione?
Sono calmo, ma in realtà non sono calmo (sorride, ndr). Sapeste tutto quello che mi gira per la testa… A volte non parlo e mi tengo tutto dentro, ma in corsa è diverso. Metto i paraocchi come i cavalli da corsa, guardo solo la linea che c’è davanti e faccio il massimo. I timori reverenziali li ho avuto in parte il primo anno, poi ho concluso che sono un corridore come gli altri. Ho un contratto come pure Van der Poel. Lui prende milioni e io prendo migliaia, ma questo è un altro discorso. I timori reverenziali non te li puoi permettere, perché alla fine siamo tutti sulla stessa strada e su una bicicletta. Non è scritto da nessuna parte che uno ha dei privilegi, in corsa siamo tutti corridori.
Quindi riparti più cattivo?
Già prima della Vuelta avevamo parlato del non avere paura e di non porci limiti. Così ho fatto e la Vuelta è andata bene. Soprattutto noi giovani abbiamo corso con lo stesso piglio che avevamo messo in luce nella continental. Senza paura. Forse è vero che un grande Giro ti cambia il motore, perché sento di avere più forza e più resistenza. Magari a livello di picco non sarò cresciuto in egual misura, ma mi sento più solido.
Quando hai chiesto di lavorare di più, la squadra come l’ha presa?
Ne ho parlato con l’allenatore. Lui sa che non sono mai rientrato a casa da un allenamento davvero morto, quindi è stato d’accordo purché si aumenti nel modo giusto. Il desiderio sarebbe quello di ricominciare ad alzare le braccia al cielo, ma visto il calendario che faccio, sarà difficile. Io voglio continuare a progredire e crescere, poi per vincere c’è tempo. Però a fine 2024 mi scade il contratto, per cui non mi dispiacerebbe dare un segnale.
In nazionale eri sempre assieme a Milesi e Garofoli. Uno ha vinto il mondiale crono, l’altro ha avuto sfortuna, ma ha detto che accetterebbe la convocazione per mondiale U23 e per Tour de l’Avenir. Tu cosa ne pensi?
Assolutamente no. Dal momento in cui ho fatto la Vuelta, ho deciso che non avrei accettato più la chiamata di Amadori, per rispetto dei veri under 23. Se mi avessero chiesto di scegliere tra Vuelta e Avenir, ovvio che avrei scelto la Vuelta. In generale penso che bisognerebbe fare quello che ci fa crescere, non quello che ci fa vincere soltanto perché siamo andati correre con ragazzi di livello inferiore.
Pensi che vinceresti facilmente il mondiale U23?
Non ho detto questo, solo che non mi apporterebbe nulla a livello di crescita. E’ vero che non preparo una corsa per vincerla da due anni, ma credo che i veri U23 abbiano diritto a giocarsi la sola loro corsa che ha la televisione per tutto il giorno. Quelle che faccio io hanno sempre la diretta. Io almeno la penso così. Però (ghigna, ndr) ero certo che Gianmarco avrebbe risposto così.