Rui Oliveira sempre più stradista (e apripista)

12.10.2023
5 min
Salva

Certe volte si pensa che il corridore che arriva ultimo non sia forte. In realtà – ed oggi più che mai – le cose non stanno così. Specializzazione in ruolo, dosaggio delle energie (ricordate cosa ci avevano detto Cimolai e Dainese?), qualche acciacco… fanno sì che in coda alle classifiche sia facile trovare dei pesci grossi. E di pregio. E’ stato il caso di Rui Oliveira alla Vuelta.

Rui è un corridore da scoprire in un certo senso. I suoi progetti sono in evoluzione. Pistard con una vena sempre più stradistica. Apripista, ma non solo… Per conoscerlo meglio partiamo dall’ultima Vuelta.

Uomo squadra

Il portoghese del UAE Team Emirates ha chiuso la corsa spagnola in “maglia nera” a 4 ore 32’55” da Sepp Kuss. Eppure il bilancio della sua prova non è stato affatto negativo. Spesso è stato nel vivo della corsa e in un caso è stato persino decisivo. Ci riferiamo al giorno in cui il suo compagno Sebastian Molano ha vinto la tappa.

«L’ultimo posto – ha detto Oliveira – non ha alcuna importanza. Ciò che conta è fare il miglior lavoro possibile per la squadra ed essere sempre presenti quando si è chiamati in causa. E sotto questo aspetto io ci sono sempre stato. Ovviamente non sono abituato ad essere l’ultimo!».

E il portoghese c’è stato a tal punto da terminare la Vuelta con un braccio fratturato. Caduto nell’ultima settimana, nella tappa dell’Angliru, Rui sentiva dolore, ma è comunque riuscito ad arrivare a Madrid. E’ stata la nazionale portoghese a scoprire della sua frattura. Doveva infatti essere una pedina importante per gli europei in Olanda, ma chiaramente una volta rilevata la frattura tutto è saltato.

«Mancavano un paio di tappe dure e a quel punto nonostante il dolore al braccio bisognava arrivare a Madrid. Bisognava tenere davanti i nostri leader», aveva detto Rui ai media locali.

I fratelli Oliveira impegnati agli ultimi mondiali su pista nell’americana. Entrambi hanno un contratto con la UAE fino al 2027
I fratelli Oliveira impegnati agli ultimi mondiali su pista nell’americana. Entrambi hanno un contratto con la UAE fino al 2027

Dalla pista…

Un grinta affatto scontata e costruita anche in pista, dove le “botte” non mancano. Rui, insieme al fratello Ivo, di un anno più grande, è uno dei maggiori esponenti del parquet portoghese. I due corrono insieme nell’americana. E lui ama molto anche l’eliminazione, dove è stato tanto – per citare solo l’ultimo risultato – argento agli europei di Grenchen.

Americana ed eliminazione sono le specialità di contatto per eccellenza della pista. Ma queste oltre a fornire grinta forniscono altre due doti fondamentali per un velocista: il colpo di pedale e il senso della posizione. Elementi tecnici che se sei un leadout, come si dice ora, cioè un apripista sono fondamentali.

Quel giorno a Zaragoza, nella vittoria di Molano, c’era tanto di tutto ciò.

«È stata una tappa in cui tutto è andato alla perfezione – ci ha raccontato Oliveira – già gli altri giorni avevo sentito di avere buone gambe, quindi è stata una questione di fiducia. Siamo riusciti a sorprendere gli altri al momento giusto». Quel giorno Rui si è schiacciato sulla bici e ha portato fuori Molano ad una velocità altissima e con la strada libera soprattutto. A quel punto il colombiano doveva “solo” continuare a spingere.

Rui viaggia dunque spedito su questo ruolo di apripista. Per il prossimo anno la UAE Emirates perde Ackermann e Molano avrà più chance come velocista. Va da sé che Rui avrà più spazio al suo fianco. Bisognerà vedere però se e quali grandi Giri potrà fare, ma è chiaro che questa coppia potrà lavorare parecchio insieme.

Rui Oliveira (classe 1997) in coda al gruppo con il braccio sinistro fasciato, durante le ultime tappe della Vuelta
Rui Oliveira (classe 1997) in coda al gruppo con il braccio sinistro fasciato, durante le ultime tappe della Vuelta

Alla strada

Tuttavia il suo impiego potrebbe non essere circoscritto al ruolo dell’ultimo uomo. Lo stesso Oliveira, quando gli abbiamo chiesto del suo futuro in pista, ci ha risposto senza troppi giri di parole che punta sulla strada. E ha aggiunto anche: «Le gare che mi si addicono di più sono le classiche. Mi piacciono molto quelle con il pavé. Ma adoro anche fare le gare di tre settimane». Potrebbe dunque rivestire un ruolo di appoggio (e non solo) in certe gare d’inizio stagione.

Corridori così versatili e grintosi sono una risorsa per un team. Insomma, non capita sempre di vedere un atleta che va avanti nonostante un braccio rotto.

E già adesso il ruolo di Rui è andato oltre quello del solo apripista. Nelle tappe più impegnative è stato chiamato a lavorare nelle prime fasi anche per  gli uomini di classifica. Se poi uno di questi è Joao Almeida, connazionale e compagno anche già dai tempi della Hagens Berman Axeon, tutto assume un altro sapore.

«Con Joao – ha detto Rui – siamo spesso in stanza insieme. Siamo compagni di squadra ma soprattutto amici, abbiamo molte cose in comune. Lui è un bravo ragazzo e un ciclista che lavora duro. Per me è un piacere lavorare anche per lui». Questo “anche” finale la dice lunga…