E’ singolare il fatto che una delle più grandi scommesse della prossima stagione ciclistica sia legata a un corridore che compirà a maggio 39 anni. All’Astana Qazakstan Team i lavori per permettere a Mark Cavendish di stabilire l’agognato record di vittorie al Tour (il britannico ha già eguagliato il primato di Merckx) sono già cominciati, anche se il primo ritiro pre-stagionale deve ancora arrivare.
Intorno al corridore dell’Isola di Man si sta costruendo un’intelaiatura di prim’ordine: è arrivato Morkov, il re dei pesce-pilota e chi lo aveva preceduto in questo ruolo negli anni d’oro del britannico, ossia l’australiano Mark Renshaw è tornato al fianco del compagno di mille battaglie, questa volta come consulente per gli sprint.
Renshaw è ancora nella sua terra natia agli antipodi, ma sta già ragionando su quel che si potrà e si dovrà fare per regalare all’amico Mark l’ultima grande gioia: «Io ho smesso di pedalare professionalmente nel 2019. Sono tornato in Australia e ho aperto due negozi di biciclette dove vivo. Nel periodo del Covid l’impegno è stato molto intenso, ma ora c’è un po’ di calma e mi sono potuto rimettere in gioco. Per me è davvero un piacere tornare a lavorare nel ciclismo professionistico, è nel mio sangue».
Tu che lo conosci bene, è ancora il Cavendish in grado di lottare con i più forti sprinter?
Credo di sì. Credo che sia ancora in grado di lottare per la vittoria. Penso anche che quest’anno, al di là dello strapotere di Philipsen, con un po’ più di fortuna e alcune cose messe al punto giusto, una vittoria sarebbe stata possibile. L’anno prossimo sarà pronto, perché quando avremo superato questa offseason, mancheranno solo sei mesi al Tour, ma lui sa come preparare la sua formazione, e penso che la sua esperienza significherà molto.
Secondo te dovrà puntare tutto sul Tour o lo potremo vedere protagonista anche in primavera?
Penso che l’obiettivo della squadra sia partire forte e conquistare vittorie già da inizio stagione. Abbiamo una squadra che ha davvero esperienza, con Morkov e Ballerini insieme a Cav abbiamo un treno di grandi talenti, quindi non vedo alcun motivo per cui non dovremmo essere in grado di vincere le gare prima del Giro di Francia.
Come intendi lavorare con lui nella preparazione e nell’approccio alle volate, cambia qualcosa rispetto al passato?
Ci sono stati alcuni enormi sviluppi nel ciclismo, principalmente riguardo alla tecnologia che possiamo usare per analizzare i finali di gara. Poi ci sono tutti quei fattori fuori dalle corse, dall’allenamento alla nutrizione al recupero. Il mio lavoro sarà dare a Mark come a tutti i corridori la maggior quantità di informazioni possibili, la massima esperienza che posso trasmettere. Alla sua età c’è poco da cambiare, sa bene come si fa, come sfruttare ogni fattore. Io credo che avremo successo. Io potrò fare la mia parte, ma saranno i corridori a correre…
Quest’anno arriva Morkov come ultimo uomo: quali sono le differenze fra te e lui?
Non c’è una grande differenza tra noi quando eravamo entrambi nel fiore degli anni. Morkov è ancora lì, un vero professionista in grado di fare la differenza. Rispetto a quando correvo io, penso che il ciclismo sia cambiato, ci sono sicuramente più squadre di livello superiore e ci sono più velocisti di alto livello. Prima Cav forse aveva due o tre velocisti davvero forti, sempre difficili da battere, ma pochi del suo livello. Ora ce ne sono almeno cinque o sei che possono presentarsi ad una gara ed essere competitivi. Penso che davvero la profondità dei velocisti di vertice sia aumentata negli ultimi anni e questo rende tutto più difficile.
Tornando al passato, quali sono le più grandi soddisfazioni che hai vissuto con Mark, c’è una volata che ti è rimasta impressa?
Guarda, il più iconico è sempre lo sprint finale del Tour, è lì che si stappa lo champagne… E’ sempre la foto che resta nella storia del Tour de France. Ma dico sempre che alcuni dei migliori sprint sono stati in gare meno conosciute. Ad esempio, Giro della Turchia, Giro della California. Lì abbiamo fatto alcuni dei migliori sprint di sempre, la mia potenza era la massima della carriera, ma poiché non sono il Tour de France, non sono stati visti da così tante persone.
E’ difficile lavorare con Mark in corsa, che tipo è?
Non penso che sia difficile lavorare con lui: quando arrivavamo a una gara avevamo obiettivi chiari, avevamo un quadro chiaro di come dovevamo raggiungere l’obiettivo e abbiamo seguito tutti i passi necessari. Avevamo ottimi compagni di squadra su cui potevamo contare e la fiducia all’interno del team ha reso tutto facile. Mark sapeva bene che ero sempre in grado di metterlo nella posizione giusta, di pilotarlo verso il momento giusto nelle condizioni ideali. Non direi che sia stato difficile. Avevamo semplicemente grandi aspettative l’uno verso l’altro e penso che questo sia ciò che ha fatto la differenza più grande.
E come carattere?
Sì, siamo personaggi molto diversi, per alcuni lati opposti. Ma in gara eravamo la stessa cosa, concentrati e anche grintosi quando serviva. Nel finale ci trasformavamo. Al di fuori della gara siamo molto diversi. Io sono molto più calmo e ho un approccio molto più pianificato, lui a volte lascia che le cose lo influenzino in un modo o nell’altro, mentre io stesso cerco di concentrarmi su quel che posso fare.
Vedi nell’ambiente un altro Cavendish che sta crescendo?
Non credo che ci sia alcun velocista che abbia qualche possibilità di imitare Cav. Ewan sembrava aver intrapreso un percorso simile, ma in realtà gli ultimi due anni non sono stati eccezionali. Ma per quanto mi riguarda, non vedo nessun giovane sprinter che possa davvero raggiungere i limiti che Cav aveva quando era giovane. Mark è inimitabile…