Una conferenza stampa a Bogotà alle 9 del mattino. Nairo Quintana annuncia il suo futuro. C’era attesa, si pensava al ritiro data la difficoltà di trovare una squadra. Il colombiano si presenta in camicia bianca, appena sbarbato. E’ nervoso e si vede. Saluta. Fa un breve preambolo, poi legge un testo, che pubblichiamo a seguire.
Enfasi nelle parole, spesso il dito al cielo. E le parole di un atleta che non vuole arrendersi. Nelle domande successive non verrà fuori nulla di più chiaro. Ecco le sue parole.
Buongiorno a tutti.
Amanti del ciclismo, giornalisti che oggi sono con noi e tutte le persone che mi hanno seguito e sostenuto durante la mia carriera.
La vita di un ciclista, indipendentemente dal fatto che sia un leader o un membro gregario, membro di un’importante squadra del WorldTour o di un’umile squadra di professionisti, è sinonimo di lotta. Quelli di noi che sono stati addestrati sotto la disciplina di questo sport a Boyacá, Antioquia, Cundinamarca e molte altre parti del nostro Paese, sono combattenti. E tutti noi, indipendentemente dai nostri successi, abbiamo dedicato gran parte della nostra esistenza alla lotta contro le avversità.
Non sono l’eccezione. Mi considero un combattente, che, soprattutto, riconosce nel ciclismo colombiano uomini e donne che superano ogni tipo di circostanza: povertà, disuguaglianza, discriminazione e ingiustizia.
Dovere verso il pubblico
La mia carriera da dilettante a Boyacá, da professionista nella squadra che mi ha aperto le porte, Colombia es Pasion, e successivamente in Europa nelle squadre Movistar Team e Arkea Samsic è sempre stata pubblica. Sono sempre stato disposto a rispondere a domande e parlare in situazioni che mi sono sembrate sbagliate come persona, atleta e leader di squadra. Nella mia carriera sportiva sono stato sottoposto a molte prove di grande difficoltà fisica e mentale, essendo sempre consapevole dell’obbligo di essere costante nelle mie prestazioni davanti al pubblico che gode delle mie vittorie e soffre con me nelle sfide più difficili.
Il colombiano più titolato
Grazie al supporto dei miei allenatori e compagni di squadra e all’incoraggiamento che mi danno i colombiani, sono riuscito a diventare il ciclista colombiano e latinoamericano con più titoli della storia, come il Giro d’Italia 2014 e la Vuelta a España 2016. Si aggiungono altre 19 vittorie in classifica generale, oltre a molte altre tappe e vittorie. Questo è il risultato di lotta, disciplina e impegno quotidiano, nonché la motivazione di un intero Paese.
Oggi voglio dirvi che sono in buona forma per continuare, che a causa degli eventi degli ultimi mesi, in cui è innegabile il clima in cui mi sono trovato coinvolto e l’inspiegabile muro che si è alzato tra le possibilità di competere e la mia voglia di continuare a farlo, non mi arrendo e continuo ad andare avanti.
Oltre 260 controlli
Sono un ciclista abituato alla pioggia, al freddo, al caldo, alle cadute e ai graffi, ma anche ad alzarsi e continuare a pedalare. La lotta e il sacrificio sono i modi che conosco per svilupparmi nella vita. Continuerò a lottare per competere e continuerò sulla bici fino a quando il mio corpo e la mia mente resisteranno.
Sono un corridore onesto, lo sono sempre stato, nei miei oltre 260 controlli negli ultimi dieci anni di carriera non ho avuto problemi. Da professionista dal 2009 ho rispettato le regole, gareggiato con integrità e rispettato e onorato il fairplay.
Questi momenti di incertezza non sono stati facili, ma me ne faccio carico con il sostegno incondizionato della mia famiglia, supporto permanente in questi tempi difficili, e del mio gruppo di lavoro che non ha mai dubitato della mia onestà e impegno per uno sport pulito e con i più alti standard etici nell’esercizio della mia professione.
In cerca di una squadra
Anche se è vero che non ho ancora una squadra, sono un ciclista che è ancora disponibile a vestire una maglia e dare il massimo su strada. Senza dubbio, il mio palmares mi supporta. Pedalando ho ricordato ai colombiani che è possibile vincere contro i migliori, che si può salire sul gradino più alto del podio. Siete testimoni della crescita delle squadre in cui sono stato, della mia forza e delle mie prestazioni negli ultimi anni, che mi hanno permesso di essere davanti ai migliori e continuare a vincere in diverse gare.
Voglio tornare a gareggiare, mettere su un numero, sentire l’esigenza di rispondere a una squadra, il dolore alle gambe per la fatica, ma anche la soddisfazione della vittoria o di aver dato il massimo fino al traguardo, voglio questo. Ne ho bisogno perché la competizione è in me, ma ho anche bisogno di un ambiente migliore per poter essere calmo e concentrato su di essa.
Grazie ai tifosi
Non posso concludere questo discorso senza ringraziare le aziende, i marchi e gli sponsor che rimangono al mio fianco, fermi perché conoscono le mie prestazioni e quello che è Nairo Quintana come persona e atleta. Anche alle squadre colombiane che mi hanno offerto un posto privilegiato nella loro formazione, però, il mio interesse è continuare ad alzare la bandiera del Paese nelle grandi corse del mondo.
Voglio cogliere l’occasione per ringraziare ancora una volta tutti i miei sostenitori e fan. Il loro affetto è stato fondamentale in questi mesi e l’ho sentito nei loro messaggi su tutti i social, così come chi me lo ha espresso per strada nelle Gran Fondo, tutto questo mi riempie e mi ricarica di tanta energia. E’ bello sapere che le persone mi apprezzano e apprezzano quello che ho fatto.
Sono convinto che dalle nostre montagne arriveranno i migliori talenti del ciclismo mondiale, che leggeranno la mia storia e ne trarranno ispirazione per uscire alla conquista del mondo.
Per ora voglio continuare con una bicicletta scrivendo più capitoli.