Prima che il Tour esplodesse di gioia per il record di Mark Cavendish, in Francia a tenere banco gli argomenti era due: l’impresa di Pogacar e la “querelle del Galibier”, che ha visto protagonisti Joao Almeida e Juan Ayuso.
Ai 2.642 metri del celebre valico, cuore della quarta tappa, sembra che il talento spagnolo abbia fatto un po’ melina, diciamo così. Non ha rispettato del tutto le consegne che erano state date. Tadej Pogacar ha detto che non ha attaccato prima per colpa del vento, invece sembra che questo suo tardivo attacco sia figlio anche di un gestione imprevista del finale della UAE Emirates.
Il fatto
Ma andiamo con ordine. La UAE Emirates affronta il Lautaret e il Galibier davvero forte. Ogni volta che passa un altro uomo in testa il ritmo aumenta e il gruppo si sgretola. Quando svoltano per gli 8,3 chilometri finali del Galibier, i più duri, nell’ordine entrano in scena: Sivakov, Adam Yates, quindi Almeida e Ayuso. Questi ultimi due, visto il vento devono alternarsi fino ai -3 chilometri (o poco meno) dalla vetta. Peccato che a tirare sia solo Joao Almeida, mentre Ayuso è addirittura a ruota del capitano Pogacar.
Da qui il gesto plateale di Almeida che invita Ayuso a venire in testa. Morale: il ritmo cala, prova né è il fatto che Roglic, il quale si stava staccando, si salva. Non solo, ma Pogacar che si aspettava una determinata tattica ritarda l’affondo, scatta a un chilometro dal Galibier e alla fine in cima guadagna “solo” 10 secondi. Lui stesso ha detto che avrebbe voluto attaccare prima, attribuendo però la colpa al vento.
Il parere di Martinelli
Cosa sarebbe potuto succedere se lo sloveno fosse scattato prima? Avrebbe guadagnato di più? Vingegaard sarebbe andato di più in acido lattico senza quel “rallentamento”? E come si amministrano certe situazioni in squadra?
E’ noto che Ayuso non sia un carattere facile. E’ campione nel Dna e il ruolo di gregario forse non riesce neanche a concepirlo del tutto. E per questo il suo atteggiamento magari non è neanche del tutto voluto .
Di tutto ciò abbiamo parlato con Giuseppe Martinelli, uno dei direttori sportivi più esperti. Se non il più esperto in assoluto.
Giuseppe, cosa ne pensi della situazione di martedì?
Quando hai una squadra forte come adesso la UAE Emirates, una situazione simile può succedere. Erano a tutta e ad Almeida è scappato quel gesto di scatto. Può capitare. E poi non dimentichiamo che neanche lui è un gregario vero e proprio. E’ un ottimo corridore che sta facendo il gregario. Pertanto ci sta che voltandosi e vedendo il “ragazzino” tranquillo a ruota si sia arrabbiato. Non è bello, ma può succedere.
Però quando poi è passato Ayuso, il ritmo è un po’ calato. Almeno così è parso…
Quello sì. Si è visto che tirava con mezza gamba e non con due. Ma io voglio spezzare non dico una lancia a suo favore, ma almeno dargli un’attenuante. Juan Ayuso è un talento vero e anche per lui non è facile mettersi a disposizione. Lo hanno portato al Tour per imparare… ma imparare bene. Secondo me dalla prossima giornata in salita lo vedremo al suo posto. Tra l’altro, ma sono solo voci sia chiaro, si sente dire che vorrebbe cambiare squadra. I credo che se c’è qualcosa, il modo di mettere a posto tutto lo trova o lo ha già trovato, colui che porta la maglia gialla.
Dici che Pogacar gli ha detto qualcosa dopo la tappa del Galibier?
Per me sì. Gli fa capire che tutti devono lavorare allo stesso modo. Che sono una squadra. Le sue parole contano tantissimo. Però ripeto, queste sono cose che succedono. Magari hanno già rimesso le cose in ordine. Quando si fanno le strategie, poi magari le cose possono variare. Io per esempio ho notato che Adam Yates prima di passare a tirare ha parlato due volte alla radio. Per me ha detto ai compagni: «Fatemi tirare adesso, perché non sono super». Quindi qualcosa nelle tattiche varia sempre. Così si è invertito con Almeida che è entrato in azione dopo. Solo che poi quando il portoghese si è voltato e ha visto che l’altro non c’era, si è risentito.
Magari Ayuso non ne aveva…
Però è arrivato con i primi. Se hai fatto davvero il tuo lavoro non ci arrivi così avanti. Neanche il miglior Kwiatkowski, neanche Van Aert dopo aver fatto quello che dovevano fare restavano con i migliori. E non credo che lui sia ancora più forte di questi nomi giganteschi.
Come abbiamo detto, sembra, il condizionale è d’obbligo, che Pogacar dovesse partire ai 3 chilometri dalla vetta, dove c’è un tratto molto duro…
E ci sta. Io conosco molto bene quella salita e in effetti c’è un tratto di 500 metri molto duro. Non so… forse col senno del poi gli è andata meglio così.
Cioè, cosa vuoi dire?
Se Pogacar fosse partito prima lo avrebbe fatto con meno violenza forse e magari Vingegaard gli si sarebbe messo a ruota e non lo avrebbe staccato più. Invece ha capito che gli deve dare una botta secca e non farlo attaccare alla sua ruota. In quelle due tappe, tra Galibier e San Luca, lo ha capito e ci ha provato. Anche perché così lo manda fuorigiri, gli fa fare fatica… Perché attenzione: Vingegaard ha un recupero impressionante e se va in crescendo nella terza settimana magari diventa il più forte. Così invece lo ha un po’ rimesso al suo posto.
Chiaro…
Non so che numeri abbia fatto Tadej, sicuramente saranno stati incredibili, ma quella del Galibier è un’impresa pazzesca. Io forte così Pogacar non l’ho mai visto. E secondo me anche a crono i distacchi dell’anno scorso tra i due non saranno così ampi. Anzi, per me Pogacar può anche vincerla la crono. Magari lo farà Remco, altro fenomeno, ma saranno tutti vicini.
Ultima domanda, “Martino”: se tu fossi il direttore sportivo della UAE cosa avresti detto ai tuoi ragazzi?
Li avrei riuniti al tavolo e avrei detto ad Ayuso: «Ragazzo, fai quello che ti abbiamo detto di fare. Hai un compito. Se tutti hanno un chilometro da fare, quel chilometro tocca anche a te».