Cinque vittorie in dieci giorni di gara dopo Parigi in cui, a detta di tutti, ha trascinato il quartetto al bronzo. Dopo le Olimpiadi, Jonathan Milan è tornato a casa per due settimane cercando di trasformare quel colpo di pedale in un’arma anche su strada. Eppure, quando si è presentato al via del prologo al Giro di Germania, sulla distanza di 2,9 chilometri, deve essergli sembrato di non essere mai sceso di pista. Infatti lo ha vinto e poi ha messo in fila altre quattro vittorie, passando nel frattempo al Renewi Tour. Le prossime tappe di questo suo viaggio saranno Amburgo e poi i campionati europei, di cui parla già da un pezzo con il cittì Bennati.
Ieri Milan si è ritirato nel corso dell’ultima tappa della corsa belga, quella di Geraardsbergen, dopo avar attaccato con il vincitore De Lie. Era palpabile che nelle ultime due volate stesse affiorando la stanchezza e che su quei muri da Fiandre la sua preparazione non fosse adeguata. Come peraltro inizia a dirci proprio lui.
Come stai?
Un po’ stanchino, ma va bene. Sono state due belle settimane, diciamo, intense e piene di risultati per tutta la squadra (al Giro di Germania, sponsorizzato da Lidl, il team ha vinto tre tappe con Milan, due più la classifica con Pedersen, ndr).
La condizione di oggi è quella che è servita per far bene alle Olimpiadi?
Sarebbe bello prevedere tutto e allora sarebbe tutto più facile, forse. Però col senno di poi si può dire che sono uscito da Parigi con una buona condizione. E avendo lavorato comunque a una buona intensità in pista, avendo fatto dei bei lavori di forza, di agilizzazione e partenze da fermi, ne abbiamo usufruito su strada. Dalla fine delle Olimpiadi alla Germania è passata una decina di giorni, quindi ho avuto il tempo di recuperare e di fare un po’ di chilometri. Niente di che, però la condizione è rimasta quella e ne stiamo raccogliendo i frutti.
Come è stato il passaggio tra la pista e il ritorno su strada?
Alla fine in questo mese e mezzo di preparazione all’Olimpiade, quello che ho perso sono state le ore su strada. Per cui ho dovuto recuperare quelle, ma niente di è esagerato. Un massimo di cinque ore per uscita, magari delle triplette, cose del genere, ma niente di particolare.
Come è stato a livello personale dover passare dall’enormità delle Olimpiadi alla routine della strada?
Sinceramente non è stato molto impegnativo, anche a livello di testa. Alla fine si era progettato anche questo, quindi quando ce l’hai già inserito in un piano, è tutto un po’ più facile da seguire. Sai già a cosa andrai incontro, quindi non è stato molto difficile.
Che clima avete trovato nel Deutschland Tour sponsorizzato peraltro dalla stessa Lidl?
C’ero già stato un paio di anni fa e vi dirò, magari è una mia impressione, ma ho visto molta più gente sulle strade. Ovviamente avevamo tanta attenzione, perché è quasi la nostra corsa di casa. Ci tenevamo a far bene dato che il nostro main sponsor era anche organizzatore. Per cui eravamo tutti belli motivati e anche io, a livello personale, al rientro dalle Olimpiadi mi ero prefissato di raggiungere qualche bel risultato. E alla fine abbiamo vissuto un grandissimo Giro di Germania.
Ti aspettavi effettivamente di essere già vincente alla prima corsa?
Non del tutto, a dire la verità. Se parliamo del prologo, dico di sì. Per le tappe invece no. Era chiaro che sarebbe stata una corsa di rodaggio per arrivare al Renewi Tour. Il prologo sembrava disegnato per me. Non erano neanche tre chilometri, erano 2,9. E io venivo da un mese e mezzo in cui facevo sessioni e prove sui 4 chilometri a tempi record: ci stava che andasse bene. Invece poi anche su strada, la squadra fin da subito mi ha dato un grandissimo supporto, come ha sempre fatto. E quel punto sono venute anche le vittorie nelle tappe, a volte anche con l’aiuto di Mads (Pedersen, ndr). Non è stato facile, neppure posso dire che me lo aspettassi, ma è andata bene. E’ stato molto bello e divertente.
Cosa è cambiato nel mondo di Jonathan con questo crescere e il diventare tanto popolare?
Oh Dio (sorride, ndr)! Negli anni sono cambiate un po’ di cose. Come la squadra, come la preparazione, come la mia stessa mentalità. Il fatto di voler sempre migliorare, sia su strada che su pista. Insomma, mettendo tutto insieme, si è fatto un bel salto. Quanto alla popolarità, non è difficile stare dietro alle richieste. Non è faticoso fare le interviste e tutto quello che ci chiedono. E’ una cosa normalissima, anche grazie al lavoro del nostro addetto stampa (Paolo Barbieri, ndr), che è qua vicino a me…
Bennati ha detto che già da un po’ state ragionando sull’europeo…
Sì, esatto. Finito il Renewi Tour, ci sarà Amburgo e poi il piano è di arrivare bene all’europeo, che in teoria è adatto alle mie caratteristiche. Però qua in Belgio non si sa mai… A metà settembre il meteo può fare la sua parte, per cui è una corsa cui puntiamo, ma con un punto di domanda. Andremo su preparati a tutto con voglia di fare bene e divertirsi e poi vedremo cosa uscirà. Avrò accanto Simone Consonni, quindi mi sentirò ben protetto. Vedremo cosa saremo in grado di tirar fuori.