La Parigi-Nizza di Vergallito: «Una vera faticaccia…»

13.03.2024
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Per Luca Vergallito la prima stagione nel WorldTour diventa più impegnativa ogni giorno che passa. Prima la trasferta australiana, poi le altre corse a tappe fino alla Parigi-Nizza, dove con il suo 36° posto è stato il terzo degli italiani in classifica dopo Cattaneo e Battistella. Per il milanese l’impatto con la corsa francese è stato duro, perché non parliamo di una gara a tappe come le altre, è l’ideale spartitraffico fra le tante del calendario e i tre grandi Giri.

Tornato a casa e in attesa di rimettersi in viaggio tra qualche settimana (lo attende il Giro dei Paesi Baschi a inizio aprile per poi dirigersi verso le Classiche delle Ardenne), Vergallito traccia il bilancio non focalizzandosi sull’ultima gara.

«Ho iniziato subito con l’Australia cominciando ad assaggiare il massimo circuito – spiega il milanese – poi le prime gare a tappe europee, ma non sono la stessa cosa. Lì, anche agli antipodi, trovi sì le squadre del WorldTour ma anche quelle Professional e Continental. Alla Parigi-Nizza cambia tutto: ci sono i massimi team, solo qualche altra squadra a invito, si vede che il livello è più alto».

Vergallito alla Parigi-Nizza. Un 29° posto come miglior risultato e tanta esperienza in più
Vergallito alla Parigi-Nizza. Un 29° posto come miglior risultato e tanta esperienza in più
Da che cosa te ne sei accorto?

La startlist diceva sin dal via che tutti i team portavano i grossi calibri e in gara lo percepisci, lo vivi. C’è molto più nervosismo in gruppo, il ritmo è più alto, tutti cercano di mettersi in luce. Poi c’è un fattore che emerge: la lunghezza, sono ben 8 tappe, rispetto alle altre corse di più giorni è un’altra cosa. Finita la gara la senti nelle gambe che non è come tutte le altre.

Tu come l’hai vissuta?

E’ stata abbastanza tranquilla perché la squadra non mi ha messo pressione, né me la sono messa io. Sapevo che era un impegno diverso dal solito, una corsa più lunga e con una concorrenza della massima qualità. E’ chiaro che dentro senti sempre la voglia di arrivare davanti, fare risultato, ma non ci arrivi dall’oggi al domani.

La corsa francese è stata stressante soprattutto per la sua lunghezza e la condotta del gruppo
La corsa francese è stata stressante soprattutto per la sua lunghezza e la condotta del gruppo
Quali erano i tuoi compiti?

Inizialmente tutta la squadra era votata al supporto di Kaden Groves per le volate, poi nella terza frazione, una cronosquadre, sapevamo di essere svantaggiati rispetto agli altri team, non siamo specializzati e potevamo solamente difenderci. La quarta tappa era forse la più dura: io ero nel primo gruppo, ma quando è caduto Gaudu ho perso l’aggancio con i primi e non sono più riuscito a recuperare. Poi sono andato avanti pressoché allo stesso livello. Non ho ottenuto risultati eccezionali, ma sono soddisfatto perché credo di aver imparato più in questa settimana che in tutte le altre gare dell’anno.

Che c’è che cambia in una corsa del massimo livello?

La tensione che si respira. L’aspetto tattico della corsa diventa essenziale, il posizionamento in gara per ogni singolo chilometro. Non puoi davvero sbagliare nulla. Il fatto di avere vissuto tutto ciò, di avere visto piccoli miglioramenti proprio nella condotta di gara lo reputo come una vittoria personale.

Evenepoel e Roglic, i due big al via della corsa francese. Eppure Jorgenson è riuscito a batterli
Evenepoel e Roglic, i due big al via della corsa francese. Eppure Jorgenson è riuscito a batterli
Questo è il tuo primo anno nella squadra maggiore. Anche alla Parigi-Nizza hai affrontato grossi calibri, anche corridori come Evenepoel e Roglic, due di quelli considerati fra i “magnifici 5” che stanno cambiando il ciclismo contemporaneo. Che cosa significa correrci contro?

In questo senso la Parigi-Nizza mi ha detto molto. Si capisce che hanno qualcosa in più sia dal punto di vista fisico che tattico. Vedi corridori del genere e vedi gli altri: il 95 per cento di loro cerca di stare al passo mettendoci tutto quel che ha, ma poi quelli fanno la differenza. Non vedi in loro alti e bassi, segni di chiaro cedimento. A prescindere dalla condizione, fanno risultato. Però ho anche capito che con il sacrificio, crescendo piano piano ci si può arrivare a competere: la vittoria di Jorgenson in questo senso è un messaggio di speranza per me perché anche chi non è baciato dal talento puro può farcela.

Ora ti attendono Paesi Baschi, le Classiche e il Romandia. L’impressione è che la squadra creda fortemente in te al punto di aver portato il tuo calendario quasi all’estremo…

E’ vero e so che in corse simili, fare risultato è molto difficile. Ma è solo così che si cresce, dando il massimo e analizzando i propri errori, per questo dico che l’esito della Parigi-Nizza è stato un’ispirazione. L’Alpecin Deceuninck non è una squadra di scalatori, quindi ho spazi nelle corse più difficili, spero piano piano di poterli sfruttare.

Per il lombardo una prima parte di stagione impegnativa. Il livello di gare rispetto al 2023 è salito molto
Per il lombardo una prima parte di stagione impegnativa. Il livello di gare rispetto al 2023 è salito molto
Tutti sanno che tu vieni dall’esperienza della Zwift Academy, dove poche settimane fa Mattia Gaffuri ha sfiorato l’ottenimento del contratto. Tu che ci sei passato che cosa ti senti di consigliargli?

Se vuole diventare professionista deve insistere, tenere i rapporti con l’ambiente e sperare nel colpo di fortuna. La logica vorrebbe che chi da una selezione di decine di migliaia in tutto il mondo è emerso fino alla finale, all’ideale podio, dovrebbe avere una chance in questo mondo, ma è difficile che gli altri team vengano a cercarti. La ragione è semplice: il mondo dei professionisti è ristretto, c’è un ricambio continuo, guardate quanti corridori in carovana lo scorso anno sono rimasti senza contratto… Anche se ha talento – e lui ne ha da vendere – questo non basta. Io lo so bene: con Chiara Doni sapevo che aveva perso la finale di pochissimo: ho contattato mari e monti, alla fine è saltato fuori solo un breve stage a fine stagione. Chissà, potrebbe capitare anche a lui, mai rassegnarsi.