Per Giacomo Nizzolo questa stagione vuole essere quella della rinascita perché un corridore abituato a vincere i grandi sprint vuole tornare a gettarsi nella mischia con la testa curva sul manubrio e le gambe che spingono rapporti lunghissimi. Da fine gennaio a oggi il velocista della Q36.5 Cycling Team ha messo insieme lo stesso numero di gare della passata stagione. Il 2024 non è stato un anno semplice, tanti problemi e poca continuità hanno allontanato Nizzolo dalla sua forma migliore. Per tornare il cammino è lungo, ma anche a trentasei anni non manca la voglia di rimboccarsi le maniche e alzare la testa verso questa montagna da scalare.


Rispolverare lo sprint
In montagna ci andrà davvero a luglio, a Livigno. Un ritiro con il team nel quale capirà quali saranno i suoi piani nella seconda metà di stagione. Intanto Nizzolo punta ai campionati italiani di Gorizia.
«Prima ancora – racconta mentre è a casa – sarò al Copenhagen Sprint il 22 giugno, poi andrò all’italiano. Il ritiro con la squadra darà qualche certezza sui prossimi impegni, ma non credo di fare la Vuelta. Visto il percorso non penso sia una buona idea, non credo vedremo grandi velocisti in Spagna.
«Dopo la pausa di metà aprile – prosegue – sono rientrato nella mischia al Giro di Ungheria e alla Boucles de la Mayenne. Sono tornato di nuovo nella mischia, manca il guizzo e la velocità di gambe per provare a vincere. Però mi ritengo contento, arrivo bene alle volate e le approccio nel modo corretto. Mi serve lavorare per avere quella brillantezza negli ultimi metri, alla fine è quella che fa la differenza tra la vittoria e un buon piazzamento».


Come si colma questo gap?
Lavorando bene in altura e andando alle gare. Non è semplice perché non esistono più appuntamenti di secondo piano, soprattutto quest’anno. Siamo alla fine del triennio e le squadra cercano punti. In Ungheria, che è una corsa di categoria 2.Pro, c’erano Molano, Bauhaus, Welsford e Groenewegen.
Che effetto ti ha fatto tornare a lottare contro questi velocisti?
Sento di essere tornato in gioco, se dovessi usare una metafora calcistica direi che anche io tocco palla e non rimango a guardare. Manca un 1 per cento. Non è facile trovarlo, ma voglio provarci. E’ un discorso di fibre veloci che vanno richiamate anche in allenamento. All’inizio dell’anno il team e io ci siamo concentrati sul recuperare il fondo in vista delle Classiche.


Gabriele Missaglia, diesse della Q36.5, aveva fatto il tuo nome tra quelli possibili per il Giro, quanto era concreta la possibilità di vederti lì?
In realtà non era in programma. Il mio desiderio era quello di tornare competitivo su qualsiasi palcoscenico. E’ stato giusto portare Moschetti al Giro, da inizio anno ha dimostrato una grande crescita ed era davanti a me nelle gerarchie. Siamo due velocisti in squadra ed è giusto dividerci e avere ognuno il suo spazio.
Riuscite a condividere gli spazi…
Abbiamo due percorsi diversi in termini di carriera. Moschetti è nei suoi anni migliori ed è giusto che voglia ambire a correre certe gare, come il Giro. Io sto cercando di tornare competitivo e non mi interessa la gara, ma voglio andare dove si può fare bene.


Avete anche corso insieme, che idea ti sei fatto di lui?
Ci eravamo sfiorati anche alla Trek nel 2018, lui era uno stagista e non abbiamo mai corso insieme. In questi ultimi due anni alla Q36.5 ci siamo incrociati di più anche alle corse. C’è un bel dialogo, lui è uno che ascolta, ma ha le sue idee. Nell’impostare lo sprint ci muoviamo in maniera diversa, ma sono dettagli. In una delle poche occasioni in cui abbiamo corso insieme lui ha vinto e io sono arrivato terzo, vedere Moschetti vincere ed essere lì con lui è stato bello, se lo merita.
Ora prepari il finale di stagione con quali ambizioni?
Di scalare la classifica e dare un colpo decisivo. L’obiettivo è rimanere competitivo, chiaro che una vittoria mi renderebbe molto felice e potrebbe dare ulteriori conferme e un significato diverso al mio percorso di recupero.