Moscon alla Soudal-Quick Step, il disegno di Lefevere

10.11.2023
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Qualcuno ieri, leggendo sulla nostra pagina Facebook la notizia del passaggio di Moscon alla Soudal-Quick Step, ha commentato in modo sbrigativo, ma efficace. «Se ci andava ad inizio carriera – ha scritto – avrebbe vinto almeno 2 Fiandre e 3 Roubaix. Speriamo che sia ancora in tempo per dimostrare quello che vale».

Fuori contesto

Cosa ci faceva Moscon al Team Sky, diventato poi Ineos? In che modo un trentino che ama trattori e mele può trovarsi a suo agio nel salotto di cristalli del team britannico? Eppure non si può dire che Gianni non ci abbia provato, anche se un po’ la sua indole e un po’ quel diverso sentire lo hanno condotto lungo percorsi scivolosi. Se non sei a tuo agio, parli a sproposito. E se non sei lucido, capita che ci scappi il gesto da evitare. E a quel punto il gruppo non ti regala più niente e ti attacca la lettera scarlatta. Moscon il razzista. Moscon il violento. E presto di Moscon il campione non parlava più nessuno. Gli anni all’Astana sono stati utili per capire di dover ripartire, ma lì si sono messi il Covid e poi una clavicola rotta a rendere tutto in salita. E alla fine, per fortuna, di Gianni si è accorto Patrick Lefevere

Moscon decisivo per Bernal al Giro del 2021 sugli sterrati: farà lo stesso al Tour per Evenepoel?
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«Ha solo 29 anni – ha detto il manager belga a Het Nieuwsblad – non può ancora essere finito. Non appena si è saputo che avevamo ancora un posto libero per il prossimo anno, i procuratori mi hanno bombardato di corridori che non avevano ancora una squadra. Il manager di Moscon si chiama Giovanni Lombardi e ce lo aveva già consigliato più volte. Ma ora voleva solo venire da noi, avrebbe preferito smettere piuttosto che correre altrove».

Un guerriero

Moscon è un guerriero, che ama il fango e il corpo a corpo. Vederlo spento oppure infilato in modo del tutto anonimo nel treno di Cavendish trasmetteva solo un’infinita tristezza. Ora però, in un Wolfpack forse in crisi ma pur sempre capace di lasciare il segno, il trentino potrà ricollegarsi con le sue origini.

«Conosciamo i suoi punti di forza e di debolezza – spiega Lefevere – è abbastanza versatile. Gianni può andare forte nelle classiche, ma può anche tirare a lungo nei grandi Giri in salita. Viene dalle montagne, può fare facilmente il ritmo in testa al gruppo. Forse lo chiamano “il trattore” anche per questo».

Nel 2021, Moscon stava per vincere la Roubaix, ma un guasto e ruote non a posto glielo impedirono
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Fattore Cavendish

Eppure in qualche modo Cavendish torna nella vita del trentino, che nel corso della sua carriera ha sempre brillato se chi lo guidava era capace di parlargli al cuore. L’ultimo forse è stato Davide Cassani.

«Molte persone dimenticano che ha quasi vinto la Parigi-Roubaix nel 2021 – ricorda Lefevere, riaprendo una pagina mai chiarita del tutto – ma ha avuto un guasto meccanico nel momento peggiore. E la pressione degli pneumatici della bicicletta che gli hanno dato non era corretta. Questo gli è costato la vittoria. Lui può tornare forte, chiamatelo scenario Cavendish. Oppure scenario Moscon o anche Lefevere… Chiamatelo come vi pare, io vedo un buon corridore che cercheremo di riportare al suo miglior livello. Speriamo di potergli dare una svolta».

Moscon non è l’atleta rassegnato che sul Bondone ha scortato Cavendish al Giro 2023
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Vero carattere

Lefevere è uomo di mondo e ha sempre tirato fuori le cose migliori da corridori di carattere. Non è un caso che negli ultimi tempi abbia sempre punzecchiato Alaphilippe con toni a tratti feroci, per provocarne la reazione. E Moscon di carattere ne ha, anche se gli ultimi tempi lo hanno mostrato troppo educato, quasi spento…

«Chiaramente – ha ammesso Lefevere – certe cose non gli è permesso farle, ma è sicuramente un personaggio e a volte preferisco uno così a una pecora che bela sempre di sì. La sua reputazione gli è sfavorevole, per cui qualsiasi cosa faccia, finisce sotto la lente di ingrandimento. Ma se non sbaglio (ride, ndr) è dal 2020 che non gli viene contestato più nulla».

Moscon lo conosciamo da quando era under 23. Siamo stati nella sua casa. Lo abbiamo seguito alle corse, nei momenti belli e in quelli brutti. Gianni non è la persona spenta e remissiva dell’ultima stagione né il barbaro che tanti hanno cercato di descrivere. Nel novero dei talenti azzurri in cerca d’autore e di una collocazione, lui è ancora una grande incompiuta. Siamo d’accordo con Davide Dante, l’autore di quel commento. Se fosse andato alla Quick Step da neoprofessionista, la sua forse sarebbe stata una strada ben diversa.